Il coraggio di una donna...
Scritto da Laura Cappelli   
Nascere in una capanna a Kambove, nella sperduta provincia congolese del Katanga, e diventare il primo ministro di colore in uno degli stati più importanti dell’Europa, sembra più a un’avventura di fantascienza che a una storia realmente accaduta. Spesso, però, come ben si sa, la realtà supera l’immaginazione , ed ecco che Cécile Kyenge, donna minuta ma dai nervi di acciaio, arriva in Italia, non ancora ventenne, con i suoi pochi averi tutti racchiusi in una classica valigia di cartone, e nel giro di pochi anni riesce a raggiungere una posizione al vertice della politica partenopea così prestigiosa che la quasi totalità delle donne italiane non oserebbe neppure sognarsi, dopo intere generazioni tutte trascorse unicamente su suolo natio.

Nominata Ministro all’Integrazione dal recente governo Letta, la signora Kyenge si è ritrovata ben presto catapultata dallo sconosciuto paesello di Kambove nell’occhio del ciclone di Roma, vorticosa capitale della sua nuova patria.

Ma andiamo per ordine. Cecile Kyenge nasce 48 anni fa in Congo da un padre poligamo e molto prolifico che genera 39 figli, oggi sparsi quasi in tutto il mondo. La giovane Cécile ha un sogno nel cassetto: costruirsi una vita migliore in Europa e diventare medico. In qualche modo riesce a strappare la promessa di una borsa di studio ad un vescovo locale. In realtà, appena arrivata in Italia si rende conto che la borsa di studio non esiste, il sussidio neppure, e per campare e studiare deve invece mettersi subito a lavorare “illegalmente”  come badante.

Lei però tiene duro e anche se deve faticare parecchio, alla fine la favola della piccola cenerentola nera diventa realtà: si laurea in medicina, si specializza in oculistica, sposa un  calabrese con cui ha due figli, ottiene la cittadinanza italiana, lavora come medico a Modena e comincia ad attivarsi a livello sociale e comunitario nell’ambito dell’immigrazione, entra in politica e si ritrova addirittura al governo. Una storia che ha del formidabile, una dimostrazione concreta che la capacità e la determinazione, unite a un pizzico di fortuna, possono aprire qualsiasi porta.

La favola della signora Kyenge non c’ha messo molto a incrinarsi una seconda volta dal suo trionfale arrivo sul suolo italiano: quando l’ex cenerentola nera ha messo piede a palazzo, ha scoperto che a farle gli onori di casa non c’erano solo principi e principesse. Clamorosamente, il vicepresidente del Senato italiano, Roberto Calderoli, non ha trovato modo migliore per dar voce al suo dissenso che paragonare il ministro Kyenge a un “orangutan” cioè a una scimmiona, per via del colore della sua pelle e probabilmente anche per via delle sue idee. La Kyenge infatti, da quando è entrata al governo si sta battendo per riuscire a far ottenere la cittadinanza italiana a tutti i bambini stranieri che nasceranno in Italia, come succede negli Stati Uniti.

Purtroppo, gli insulti si sono addirittura trasformati in minacce. La leghista di Padova, Dolores Velandro, ha rincarato la dose degli insulti appena usciti dalla bocca del Calderoli, chiedendo su facebook se non ci fosse qualcuno disposto a stuprare anche il Ministro  Kyenge tra il gruppetto di giovani neri che avevano appena stuprato una donna italiana. “Uno scherzo”, si è subito scusata la Velandro, immediatamente espulsa dal partito, dovendo essere sembrato il suo “scherzo” troppo di cattivo gusto persino per i militanti della Lega. Dopo uno shock politico durato 24 ore, il silenzio è stato interrotto da un esterrefatto Letta che chiedeva alla Kyenge di continuare il suo lavoro, definendo simili episodi “una pagina vergognosa per il nostro paese e per la sua immagine negativa propagandata dalla stampa di tutto il mondo”.

Nel frattempo, la Lega non ha perso tempo e, sfruttando la tensione del momento, ha convocato una manifestazione nazionale contro l’immigrazione clandestina che si svolgerà a Torino il 12 ottobre, dicendo che non smetterà  di contrastare l’applicazione della ius soli, ovvero quella legge che concede la nazionalità per 
diritto di nascita. Contemporaneamente, la Lega ha deciso di fare anche un gesto di riconciliazione verso la Kyenge: il leghista Flavio Tosi si è ufficialmente scusato con il Ministro, “il rispetto come persona e come donna è dovuto anche se non si condividono le idee” ha detto davanti al fotografo che ha immortalato un raro sorriso del ministro dell’Integrazione accanto a un delegato verde.

L’armistizio non è durato che lo spazio di pochi giorni. Gli attacchi della Lega non sembrano affatto intenzionati a smettere. Sempre via facebook, il vicesegretario della Lega, Matteo Salvini, si è lamentato questa volta che il dicastero della Kyenge sia uno di quegli enti “inutili, costosi e ipocriti”. La Lega si è detta pronta a trovare quei 500.000 cittadini disposti a firmare un referendum per eliminare il ministero dell’Integrazione. Ancora una volta, la cenerentola nera diventata ministro ha risposto con la sua solita, ironica freddezza: “La Lega farebbe meglio a dare tutti quei soldi al mio ministero piuttosto che spenderli per farci inutili referendum. Noi li useremmo per farci cose più utili, come aiutare le centinaia di profughi in fuga sbarcati proprio negli ultimi giorni sulle coste italiane”.