L’Hospedaria de Imigrantes di Brás

di Eleonora Silanus

Si dice che i posti abbiano un’anima, che si portino dietro tutti gli anni di storia che da lì sono passati.

Entrando nel complesso del Memorial do Imigrante, situato nel quartiere Brás, è impossibile non essere investiti dall’anima dell’intera città di San Paolo, la cui storia si basa sulle migrazioni dei popoli che, venuti da lontano, hanno deciso di stabilirsi in una nazione allora nuova e sconosciuta.

A partire dal 1887 l’Hospedaria de Imigrantes di Brás ha costituito la porta di ingresso alla città per tutti gli europei, giapponesi, brasiliani nordestini che, dopo viaggi estenuanti, arrivavano in cerca di fortuna. L’Hospedaria costituiva il luogo di prima accoglienza e il collegamento tra forza lavoro e proprietari terrieri.

 

Tutto iniziò nel 1850: con l’abolizione della schiavitù in Brasile si pose il problema della manodopera per il lavoro nelle piantagioni di caffè. Questa prima ondata migratoria era costituita da europei, in special modo da Italiani provenienti dal Nord-Italia. Una seconda ondata iniziò dopo i due conflitti mondiali: dai porti europei scappavano dalla guerra e dalla povertà per andare a cercare quell’America di cui tutti parlavano. Il cammino degli emigranti cominciava da lontano, dalla casa che si lasciavano alle spalle per raggiungere i porti, dai familiari che salutavano nella speranza di rivederli presto. Il viaggio vero e proprio durava circa 40 giorni. Le navi approdavano a Rio da Janeiro e Santos, in un Brasile in piena trasformazione ed espansione. Un treno collegava il porto di Santos a San Paolo e gli emigranti ai fazenderos, i proprietari terrieri che aspettavano la nuova manodopera abbondante e volenterosa. 

Per l’Hospedaria di Brás, la più conosciuta e la terza in ordine di costruzione, fu scelto il quartiere che fosse il più distante possibile dalle zone ricche della città: dopotutto chi arrivava si portava dietro la miseria e spesso la disperazione di una guerra che non doveva avvicinarsi alla società benestante brasiliana. Inaugurata in fretta e ancora incompleta (non possedeva letti, mura all’interno e bagni in numero sufficiente), per i primi anni gli ospiti si trovarono costretti a dormire sui pavimenti dei dormitori. All’arrivo gli emigranti trovavano docce, cibo e medici. I vestiti venivano disinfettati e le persone erano sottoposte a visite mediche dettagliate. L’ispezione medica iniziava già nei porti di partenza: non vi era maggiore preoccupazione dell’autorità se non quella della salute. La permanenza nell’Hospedaria durava fino ad un massimo di 8 giorni, e in questo periodo di tempo venivano stipulati i contratti con i fazenderos per il lavoro nelle piantagioni. 

Questa attività di accoglienza degli immigrati è durata circa 90 anni. Dopo un periodo di disuso, l’Hospedaria ha cambiato veste: oggi l’enorme complesso ospita il Museu da Imigração e l’Arsenal da Esperança

Entrando nel Museo si rimane piacevolmente sorpresi. All’ingresso si viene accolti da una grande barca, piena di mattoni. Il messaggio è chiaro: negli anni sono arrivate molte navi, piene di persone, quelle stesse persone che nel tempo hanno costruito una città che non dimentica le sue fondamenta. Durante il percorso si incontrano libri di bordo, storie, fotografie, ma non solo. La ricostruzione dei dormitori e del refettorio con il sottofondo delle voci e del rumore delle forchette impressionano. La curiosità spinge ad aprire i cassetti dei mobili, che sono pieni di Italia. Lettere di invito, comunicazioni di Comuni, quasi tutto è in italiano e ricorda una storia che difficilmente noi stessi riconosciamo. Sui muri dei lunghi corridoi sono scritti dei nomi, gli stessi nomi presenti nei registri del museo, quei nomi che appartengono ai volti passati di qui. Anche in questo caso non so se siano gli occhi italiani che sanno dove guardare, ma sembra che i Petroncelli siano molti di più rispetto agli Arantes. 

L’Arsenal da Esperança si trova a fianco del Museo. Fondato a San Paolo nel 1996 per iniziativa di Ernesto Olivero e Dom Luciano Pedro Mendes de Almeida, è definito “una casa che accoglie” e lo fa, fisicamente e spiritualmente. Il SERMIG-Fraternità della speranza, comunità che per volontà di Ernesto Olivero e di sua moglie Maria a Torino ha trasformato un arsenale di guerra in una “casa aperta al mondo” (l’Arsenale della Pace), qui in Brasile si chiama Fraternidade da Esperança e abita l’Arsenal offrendo il proprio lavoro ai 1200 uomini ospitati ogni giorno. 

In funzione da 18 anni, l’Arsenal da Esperança è un punto di riferimento per chi, brasiliano o straniero, si trova in “situação de rua”, senza casa, assistenza sanitaria, lavoro e educazione. Insomma senza quei diritti sociali che costituiscono la base di una vita dignitosa. Gli ospiti trovano nell’Arsenal un luogo dove dormire, lavarsi, ricevere assistenza sociale e sanitaria, e soprattutto frequentare corsi professionali, per riuscire un giorno a non avere più bisogno di questo tipo di assistenza. L’organizzazione e la volontà della Fraternidade ha conquistato i brasiliani, che lavorano come volontari, divulgano e partecipano alle tante attività che animano questo luogo. 

Varcata la soglia dell’Arsenal si viene inondati dal profumo di pane dei laboratori di panetteria e dai volti sorridenti che, abituati ad accogliere, ti fanno sentire a casa. La “brava gente” ha iniziato ad abitare queste mura circa un secolo fa, ed ora il Bene è il padrone di casa. 

Uscendo si vedono le file di persone sedute per terra che aspettano di entrare per passare la notte. È facile domandarsi quale sia la real-
tà: le cose che sembrano non cambiare mai o la volontà di cambiare quelle stesse cose? La risposta me l’ha data Simone Bernardi, partito da Cumiana, in provincia di Torino, che da 9 anni vive l’Arsenal: “noi non ci nutriamo dei problemi, ma della passione per risolverli”. 

Si impara molto all’antica Hospedaria: respirando il passato si conosce un po’ meglio un Paese che è innegabilmente problematico, ma che, nel bel mezzo delle proprie contraddizioni, decide di celebrare la diversità invece di denigrarla.