Femminicidio Stampa
Articoli - Diritti violati
Ogni giorno il telegiornale racconta di episodi di femminicidio. Ultimamente un vero bollettino di guerra. Ma che cos’è il femminicidio e perché questi risvolti drammatici sono diventati parte del vivere quotidiano?

Il termine femminicidio non esalta la donna,

ma la riduce ad uno stato primordiale, la femmina e il maschio. Gli esseri umani appartengono alla categoria dei mammiferi, con pulsioni e comportamenti dettati da questa appartenenza. Gli animali agiscono per istinto, mentre l’uomo ragiona e decide, segue leggi sociali e morali. L’appartenenza ad un gruppo, ad una religione, ad uno Stato, determina comportamenti, idee e modi di vivere. Le leggi non hanno mai aiutato le donne, mettendo in risalto la supremazia dell’uomo, per costituzione fisica e ruolo. Fin dall’antichità, l’uomo è padrone della vita della donna, fino alla morte. La presa di coscienza e la ribellione delle donne, la conquista di diritti, spiazza il mondo maschile. Compagne agguerrite nel mondo del lavoro e tra le mura domestiche, le donne chiedono di più: l’aiuto maschile in casa, nell’educazione dei figli, e un appagamento sessuale a volte negato. Lo scompiglio nei ruoli prefissati porta all’indebolimento e alla crisi del “maschio”. L’avvento del divorzio fu un ulteriore colpo, nella società e soprattutto nella famiglia: la libertà di poter decidere di lasciare un vincolo familiare e di costruirne un altro. Diventa normalità, e non più scandalo, rifarsi un’altra vita.  A volte queste decisioni sono mal tollerate da uomini abituati ad imporre le loro idee. A volte donne succubi trovano il coraggio di ribellarsi, spesso dopo una vita fatta di angherie fisiche e psicologiche. Un’onta personale e familiare, da cancellare, per riportare all’origine il nucleo. Da qui agguati, minacce, danneggiamenti. “Se non torni con me avrai quello che ti meriti”. Si passa all’azione, colpendo lei e anche il nuovo compagno, o si agisce per vie trasversali: ti lascio vivere, ma elimino quello che più ami al mondo, i “nostri figli”. Non è vero amore, “non posso vivere senza di te”: ma sentirsi messi da parte, dover lasciare ad un altro ciò che ci apparteneva. Ricominciare daccapo la propria vita, spesso con difficoltà economiche, licenziati o in cassa integrazione e per questo dipendenti dalla propria compagna. Senza dimenticare gli episodi che nascono al di fuori della famiglia, ex fidanzati, corteggiatori respinti o ex amanti. La gelosia annebbia la vista e quel nodo in gola sfocia in gesti eclatanti. Tutto questo lascia dietro di sé una scia, bambini rimasti soli, famiglie distrutte.Nei giorni scorsi il termine femminicidio è tornato alla ribalta, ma questa volta per parlare delle nuove leggi approvate. Finalmente un inasprimento delle pene, dalle prime avvisaglie di stalking, senza poter usufruire di arresti a domicilio.Ma parliamo di queste nuove leggi. Il susseguirsi di eventi di gravissima efferatezza a danno di donne e il conseguente allarme sociale che ne è derivato, rendono necessari interventi urgenti volti a inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di tali fatti introducendo, in determinati casi, misure di prevenzione finalizzate alla tutela delle donne e di ogni vittima di violenza domestica. Sull’onda di notizie che denunciavano criminalità familiari, il governo si è dedicato all’inasprimento delle pene per alcune ipotesi di violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia e di atti persecutori (comunemente definito “stalking”). Per i maltrattamenti in famiglia è stata introdotta un’aggravante: prima la reclusione era aumentata se il fatto era commesso a danno di minori di 14 anni, ora è ampliata anche con la consumazione del reato in presenza di minori di 18 anni. Per la violenza sessuale è stato introdotto un aumento di pena, a carico di chi la effettua, se viene commessa a danno del coniuge, anche se separato o divorziato, o di persona “legata da relazione affettiva anche senza convivenza”. Quest’ultima locuzione genera problemi interpretativi, il giudice dovrà definire il termine “relazione affettiva”. Il reato di stalking conosceva già simile aggravante, il decreto lo estende ora al coniuge, prima non contemplato. Ciò pone un problema: il fatto persecutorio è maggiormente comprensibile e perciò indice di minore gravità, se perpetrato da un soggetto che vanta un legame sentimentale, lo è meno se commesso da un estraneo o conoscente, perché smaschera un atteggiamento perverso e maniaco della psiche? La querela per questo reato è trasformata in irrevocabile, ossia la vittima non è più libera di rimetterla e far terminare il processo. L’unica norma analoga esiste per la violenza sessuale, ad evitare che la persona offesa possa, per denaro o minacce, abbandonare le accuse. Vi sono anche in questa legge delle incongruenze. Per esempio l’arresto immediato per maltrattamenti e stalking: “un unico atto violento nei confronti di un familiare può costituire un reato di percosse e lesioni, soltanto una ripetuta serie di questi genera il reato di “maltrattamento”; analogamente avviene per lo stalking. È difficile immaginare la presenza costante delle forze dell’ordine per appurare i fatti continuati. Alla persona vittima di maltrattamenti e stalking sono assicurate garanzie processuali, come l’informazione sul procedimento in atto, il diritto alla testimonianza protetta (che si svolge in una stanza appartata, condotta da uno psicologo, il giudice e le parti possono interloquire nascosti dietro uno specchio), privilegio dei minori. Privilegi non garantiti ad altri reati, come omicidio, stragi e reati di mafia. Il governo ingigantisce i poteri della Polizia Giudiziaria: di fronte alla sola segnalazione (e non querela) di un episodio di lesioni familiari, può ammonire l’accusato e persino sospendere temporaneamente, tramite il Prefetto, la patente di guida.Un’altra norma prevede il denunciante anonimo: “questi può accusare chiunque di reato di maltrattamenti in famiglia”, garanzia di difesa per individui deboli e sottomessi, ma anche facile strumento di calunnia e di vendette (es. dissapori di condominio). Questi reati prevedono il gratuito patrocinio, indipendentemente dal reddito percepito; il decreto legge inoltre riconosce il permesso di soggiorno alle vittime di reati di violenza sessuale, lesioni, stalking e maltrattamenti in famiglia.Non dobbiamo dimenticare che lo stalking può avvenire attraverso i mezzi informatici, il “cyberbullismo”: il governo ha ritenuto di inasprire il trattamento punitivo per tutelare i soggetti deboli quali anziani e minori, in particolare questi ultimi devono usufruire di strumenti informatici e telematici in condizioni di sicurezza e senza pregiudizio della loro integrità psicofisica.Punire la violenza e proteggere le vittime ma, soprattutto, “prevenirla”, è una grande utopia educativa. Questo non è un compito dello Stato, ma della famiglia, con l’aiuto della scuola e altri supporti pedagogigi, che con i mass media, propagatori spesso di violenza, diventano gli artefici della formazione dell’individuo. Le leggi, le punizioni sono un deterrente alla violenza sociale, ma la strada verso il cambiamento è lunga. Un vecchio detto precisava “né con me, né senza di me...”.