Istruzione? il diritto che non c'è
Diritti violati
Scritto da Roberto Toso   

Sono qui, sono Malala, oggi mi trovo in un letto d’ospedale, perché mi hanno sparato due colpi di pistola alla testa. Andavo a scuola come tutte le ragazze del mondo dovrebbero poter fare. I due colpi di pistola li ho ricevuti per aver iniziato nel 2009, quando avevo solo 11 anni, a denunciare l’impossibilità, nella regione dello Swat, da parte delle bambine di andare a scuola senza nascondersi per paura di essere aggredite dai talebani. Ho sempre lottato per l’ottenimento della libertà di studiare, mantenendo segreta la mia identità per poterlo fare senza rischiare la vita.

La chiusura mentale di alcuni fondamentalisti condiziona non solo la mia vita, ma anche quella di alcuni uomini che commettono violenze convinti di essere guidati dalla fede religiosa. Ho dovuto rivelare la mia identità quando nel novembre del 2011 ho ricevuto dal primo ministro Yousuf Raza Gilani il premio per la “Pace nazionale” della gioventù del Pakistan. Sono certa che mi riprenderò e potrò tornare a lottare per la ricerca della libertà da un pregiudizio verso le donne che dove vivo non possono neanche studiare. 

Brevemente questa è la storia di Malala della quale potete avere maggiori dettagli attraverso questi siti: www.bbc.co.uk/nes/ e www.dailytimes.com.pk/.

 

Ho preso lo spunto da questo episodio di una ragazza coraggiosa in un mondo molto ostile verso le donne e verso i cambiamenti, per riflettere sul coraggio che noi dobbiamo avere per superare le violenze di un sistema con il quale dobbiamo confrontarci e molto spesso lottare per ottenere la libertà di esercitare un diritto. Parlerò sempre del diritto allo studio che anche qui, in Italia, viene eroso ogni giorno. Al contrario del mondo di Malala il nostro mondo lotta contro la riduzione dei soldi che ci permettono di usufruire di un diritto. Riceviamo come giustificazione la crisi, l’inganno di una crisi dalla quale possiamo uscire solo se riduciamo la spesa pubblica. Quindi dobbiamo affrontare, o meglio gli studenti devono affrontare, in questo momento le risoluzioni politiche di un governo tecnico, voluto dai partiti per mantenere intatto un sistema di privilegi legato alle banche.

Accusano gli studenti di violenza, attraverso un sistema di informazione completamente a senso unico, che mostra immagini di difesa di un diritto e della propria incolumità personale, come  se fossero immagini di violenza verso uno stato rappresentato nelle piazze dalla polizia che insegue gli studenti per spaccare loro la testa con il manganello. Uno studente spaventato non reagirà e la prossima volta forse accetterà di vedersi ridurre il diritto allo studio e manderà giù il boccone amaro senza discutere. In fondo se nessuno protesta o chi protesta sono pochi individui isolati è più facile farli passare per anarchici pronti a dire no a qualunque cosa anche la più “evoluta” per il bene comune. Per fortuna gli studenti che difendono il diritto allo studio diventano, subendo le violenze della polizia, sempre più saggi e riescono ad escogitare mezzi per difendere il su citato diritto che non possono essere neanche lontanamente confusi con azioni violente anche se i mezzi di informazione ci provano sempre, anche nei programmi di approfondimento.

Vi ricordate la levate di scudi di polistirolo colorati sui quali erano riportati slogan contro il governo Monti e i tagli all’Istruzione? Qualche giorno dopo sulla sette un giornalista scrittore accusava gli studenti di essersi presentati davanti alla polizia che li aveva aggrediti con una carica di alleggerimento e distrutto lo scudo strumento del loro dissenso. Uno degli studenti in studio con una grande forza e una buona dose di calma ha fatto notare chiedendo che venisse mandato il filmato che illustrava da cosa si erano sentiti minacciati i poliziotti. Sono soddisfatto che nella nostra società crescano persone in grado di mettere al bando le azioni violente di questo sistema corrotto senza usare la violenza.