Una rivoluzione per la libertà
Diritti violati
Scritto da Roberto Toso   

Lottare per i propri diritti prevede azioni che gli esseri umani compiono tutti giorni attraverso delle scelte; scelte che portano con sé la responsabilità non solo della propria persona, nel momento in cui si agisce, ma anche degli altri nel presente e nel futuro. In molti luoghi nel mondo compiere scelte per conquistare i diritti parte dalla lotta per un diritto fondamentale: la libertà. Come molti di voi sanno questa libertà, in Egitto, deve ancora arrivare e per ottenerla molte persone stanno dando la vita. Hanno avuto, gli egiziani, la possibilità di votare, di avere una costituzione, ma non hanno ancora avuto la libertà di manifestare il proprio dissenso senza essere uccisi.

 

Quando si conquista un diritto questo migliorerà la qualità della nostra vita solo se troverà applicazione nella vita reale e non verrà messo in discussione se non per essere migliorato. Questo in Egitto non sta avvenendo e il 25 gennaio 2013  gli egiziani sono tornati nelle piazze del paese  a manifestare per chiedere giustizia sociale. La risposta a queste richieste è stata molto cruenta da parte della polizia ed è costata ai manifestanti 6 morti e 252 feriti. Vi basti pensare che per approvare la nuova costituzione del novembre del 2011 è stato fatto un referendum al quale ha potuto partecipare solo un terzo dei 52 milioni di cittadini egiziani che avevano il diritto di esprimere il proprio pensiero. Eppure nonostante questo la Carta costituzionale è entrata in vigore. La scarsa affluenza al referendum è avvenuta perché solo le forze islamiche, come i Fratelli Musulmani, hanno potuto partecipare alla stesura della nuova carta lasciando fuori i partiti ed i loro esponenti laici, liberali e cristiani. Dopo 60 anni di dominio della casta militare le cose non hanno preso la via della libertà per tutti, ma solo per una parte di persone sostenute dal nuovo presidente Mohammed Morsi, che ha pensato bene, con un decreto del 22 novembre, di attribuirsi poteri assoluti, contrapponendosi così all’Ordine Giudiziario e obbligando un’assemblea costituente, composta da soli islamici, a concludere i lavori sulla bozza della nuova Carta, in una sola notte. A quanto pare, sostiene l’opposizione, in questa nuova Carta non vengono tutelati adeguatamente i diritti delle donne e delle minoranze religiose.

Certo è che il popolo che ancora oggi manifesta in piazza si sarebbe aspettato che dalla rivoluzione sorgesse un sostegno alle libertà individuali, ai diritti umani e alla democrazia. Intanto il tempo passa e la corruzione che doveva aver trovato la fine con la dittatura di Mubarak si è invece trasferita anche nel nuovo governo del presidente Morsi. Sotto accusa è il figlio Omar che, laureatosi un anno fa in economia, ha ottenuto un posto di tutto rispetto, a tempo indeterminato, in una società pubblica, scavalcando centinaia di candidature. Il posto da manager è stato subito suo presso la holding governativa Haan che gestisce l’aeroporto del Cario.

Questi e altri comportamenti simili sono quelli che avevano spinto gli egiziani a fare la rivoluzione per destituire Mubarak ed ora si ritrovano di fronte agli stessi metodi. Le proteste non sono mancate anche via web attraverso i tweet ed i giornali in una paese dove la disoccupazione è al 13%. Sperando di far calmare le acque in fretta e senza conseguenze per il padre, Omar Morsi ha rinunciato al posto presso la Holding governativa, che secondo alcuni giornali gli fruttava 3000 euro mensili, benefit e viaggi all’estero compresi al posto dei 97 euro dichiarati dallo stesso. Anche le favole contengono un fondo di verità; peccato che quanto accaduto non sia una favola e violi il principio di uguaglianza della nuova costituzione il quale considera illegale aiutare i propri parenti quando si è in posizioni di potere; questo è quello che sostiene uno dei leader giovanili di piazza Tahrir Bishoy Assad. Per tutta risposta il presidente Morsi ha sostenuto che lui stesso ha fatto pressioni perché il figlio fosse licenziato.

Se tutto fosse stato alla luce del sole e la buona fede poteva essere dimostrata la rinuncia al posto non sarebbe stata necessaria. Un paese che vuole iniziare da capo ha bisogno di cambiare i vecchi sistemi che hanno portato alla caduta della casta militare ed è giusto tenere sotto la lente di ingrandimento le “nuove” forze sociali in gioco perché solo così, nel corso degli anni, si potrà ottenere l’uguaglianza tra la persone e la violenza e la discriminazione non saranno valori nascosti nell’animo umano pronti a riemergere.