Metropolis: un secolo dopo il futuro?
Libri
Scritto da Piervittorio Formichetti   
Può capitare che qualcuno conosca un film per averlo visto al cinema e poi in televisione senza però essersi mai interessato all’opera letteraria da cui è stato tratto (un caso classico: L’Esorcista di William Friedkin). Nel caso di Metropolis di Fritz Lang, celebre regista espressionista tedesco (autore per esempio de M il mostro di Düsseldorf ) è però comprensibile, dato che si tratta di un classico del cinema muto del 1926 ed è tratto dal breve romanzo scritto dalla moglie del regista, Thea von Harbou, nel 1912.
 

Ora che siamo nel 2012 si potrebbe ricordare il centenario del romanzo anche perché la sua trama è indubbiamente apocalittica e può rientrare quindi nel folto insieme di suggestioni e riflessioni sulla fine del mondo che sarebbe stata prevista dal popolo Maya, come tutti ormai sappiamo, per questo stesso anno (!) e di cui sono state dette, scritte e divulgate le più diverse interpretazioni e versioni.

 

L’amore per Maria (quella vera) renderà Freder ancora più determinato nella sua volontà di giustizia per gli oppressi, anche se ciò lo rende un ribelle agli occhi del ricchissimo e potentissimo padre; la falsa Maria, invece, incita i lavoratori-schiavi alla rivolta violenta e alla distruzione delle macchine, di cui loro stessi sono divenuti strumenti, ed essi, esasperati dall’ingiustizia, si illuderanno di riscattarsi per mezzo della violenza. Così Thea von Harbou critica anche l’utopia della lotta di classe armata (pochissimi anni dopo infatti scoppieranno le rivoluzioni marxiste in Messico e in Russia, e nella stessa Germania nascerà il movimento degli Spartachisti), e il messaggio sociale si intreccia all’atmosfera apocalittica.

Il prezzo del rinnovamento sarà infatti la totale distruzione della Città, con un ritorno di Medioevo (indubbiamente la più apocalittica delle epoche passate) nello scenario dello scontro finale (ricordiamo l’Armagheddon) tra la processione guidata da Desertus e dai suoi flagellanti, e quella guidata dalla Maria-robot, che però sarà eliminata dalla folla cosciente che le vittime della catastrofe si devono alle sue istigazioni alla violenza e alla vendetta. Ha rischiato di essere linciato dalla folla anche lo stesso Freder, in quanto figlio privilegiato del signore di Metropolis; ma è proprio suo padre, che, alla fine, sconvolto dalla paura di perdere il figlio, non sarà più il cinico uomo di potere, più insensibile di tutte le macchine di cui era padrone, e si accorgerà di essere ormai pronto a ricreare, con suo figlio e Maria, la sua Città non più sulla base del profitto dovuto alla schiavitù dei lavoratori-sudditi, ma sui sentimenti e sulla giustizia che rendono tali gli esseri umani, rivelandosi (e Apocalisse significa appunto rivelazione) ai lettori come il redentore degli oppressi che Maria, senza conoscerlo, aveva loro annunciato; e il romanzo si chiude, come l’Apocalisse (ma i rimandi al libro biblico potrebbero continuare!) con la prospettiva della Nuova Città “in cui non ci sarà più alcun lamento”.

A questa però si è giunti attraverso la catastrofe, dovuta alla reazione contro una società che sottomette alla tecnologia e al profitto che può derivarne i rapporti tra le persone e quindi la giustizia sociale. E il fatto che un racconto così suggestivo e significativo sia stato scritto un secolo fa da una donna è molto attuale nella nostra epoca, in cui alcune ragazze sembrano accettare di vivere come le mute e stereotipate “intrattenitrici” del club dei figli ricchi di Metropolis (il caso “Rubygate” insegna); così come è molto attuale il fatto che, senza le “famose” radici cristiane della cultura europea, molto difficilmente un romanzo come Metropolis sarebbe stato concepito e scritto.

 

[Thea von Harbou, Metropolis, Roma, Newton & Compton, 1996, 127 pp.] 

*Ho scritto questa recensione proprio poco prima di scoprire e leggere l’importante e simile articolo, sullo stesso film, firmato da Manrico Luzzani per la rivista milanese “Antarès – prospettive antimoderne” n. 02/2012 (www.antaresrivista.it) (P. F.).