Il risveglio del dinosauro
Ritorno alle origini
Scritto da Fabrizio Arvat   

Di fronte alle devastazioni compiute dallo tsunami in Giappone, agli spettatori spaesati ed atterriti dallo spettacolo è parso di trovarsi di fronte a un déjà vu, a uno scenario visto più volte, sembrava che di lì fosse passato Godzilla. Già ma chi è costui?

La storia cinematografi ca di Godzilla è piuttosto articolata, si tratta della versione nipponica di un fi lm americano del 1953 dal titolo “Th e Beast from 20,000 Fathoms”, noto in italia come: “Il risveglio del dinosauro” a sua volta ispirato da un racconto di Roy Bradbury. Il fi lm riprende il tema del mostro titanico stile “King Kong” (1933) e lo rilegge riaggiornandolo secondo le inquietudini atomiche del dopoguerra. Tema cardine è l’esplosione nucleare nell’artide che risveglia in antartide un dinosauro ibernato, scatenando la sua devastante furia non chè diff ondendo una pestilenza su una ignara New York, già allora obbiettivo terroristico ideale.
Lo straordinario “King Kong” vero capostipite del genere aveva riproposto in chiave sensibilmente tragica la favola de “la Bella e la Bestia” introducendo un’interessante variazione in cui la bestia non ridiventa alla fi ne un principe, ma muore per permettere alla protagonista di trovare la sua dimensione amorosa e sessuale con il suo spasimante umano in un contesto decisamente puritano. L’opera si ispirava all’arcinoto capolavoro di Sigmund Freud “Il disagio della civiltà”, nel senso che Kong allegorizzava il lato libidio e selvaggio dell’uomo contemporaneo, che doveva morire, per garantire quella sicurezza che solo la civiltà permetteva. Kong cadeva dall’Empire State Building, di fatto un fallo titanico di ferro e cemento, perché pur incarnando il divino, esso doveva sacrifi carsi alla Bellezza della volontà di potenza umana. La natura seppur riottosa era destinata a sottomettersi alla ragione perché, molto cristianamente, essa esisteva solo per l’uomo e questi ne poteva disporre a piacimento. Insomma, quello che pare sia stato il fi lm preferito da Adolf Hitler era un polpettone psicoanalitico che, pur riconoscendo il disagio del sacrifi cio delle pulsioni, le riconduceva secondo il sentire dell’epoca entro i cardini di un ottimistico progresso.
Dopo le due guerre mondiali e il tragico inzio dell’era atomica, però, la civiltà scientifi ca aveva cominciato a inquietare un’umanità sempre meno sicura di se stessa e dei suoi mezzi. Così l’idea del mostro aveva perso la sua fi gura umanoide, tutto sommato ipertrofi ca ma tranquillizzante, per riprendere quella più antica del Drago, e dopo diverse incarnazioni cinematografi che era sbarcata in Giappone dove nel 1954 Ishiro Honda dava vita al più famoso dei Kaiju (mostri misteriosi) che nella filmografi a nipponica rappresenteranno una vera e propria ossessione. Gojira, il suo nome originale, è la fusione del termine inglese gorilla e quello nipponico di Kujira ovvero balena. In eff etti il mostro era stato concepito come una creatura marina simile ad una piovra gigante, ma poi forse per motivi commerciali, era ritornato ad essere un dinosauro bipede, goff o ed ispido, che esperimenti nucleari americani su un atollo avevano mutato da “tranquillo” sopravvissuto all’estinzione ad una sorta di centrale nucleare biologica in grado di sputare raggi d’energia radiante.
La creatura, emersa dal mare, pur assediando e devastando Tokyo, si rivelava una vittima non dissimile dai quella dei poveri abitanti che sterminava e diventava così simbolo di uno spiccato antiamericanismo e dei bagliori indimenticabili di Hiroshima e Nagasaki. Godzilla (come sarà conosciuto in occidente) veniva alla fi ne sconfi tto attraverso la scienza che in fondo lo aveva creato, ma il messaggio era chiaro: il mostro poteva sempre di nuovo incombere se l’umanità non avesse saggiamente deciso la rinuncia al potere dell’atomo. Come noto l’umanità non rinunciò e così Godzilla tornò in azione per una serie interminabile di seguiti, che però in parallelo alla storia giapponese del secondo novecento ne mutarano radicalmente le valenze.
Lo sconfi tto Giappone, non aveva rinunciato ai suoi sogni gloriosi di potenza industriale e così, mancando di risorse energetiche in loco, cominciò ad accarezzare l’idea di convertirsi al nucleare civile che allora si presentava come l’uovo di Colombo. Così Godzilla, nei fi lm successivi si adeguò ideologicamente, prendendo residenza stabile e pacifi ca nel Sol Levante, diventando amico dei bambini e facendo dell’arcipelago il suo territorio, intraprendendo una lotta senza quartiere contro gli “Altri” ovvero i mostri che minacciosi vessavano i poveri giapponesi. Si esplica così quel complesso di persecuzione che trasuda dalla cultura giapponese, fi glia in parte della posizione geopolitica caldissima e dell’ infausta zona sismica su cui l’arcipelago poggia, ma anche di un’esigenza ossessiva di centralismo, tant’è che, per motivi a tutt’oggi surreali, Tokio ha rubato per anni la scena a New York come target ideale da parte di ogni genere di Creatura, terrorista, alieno ed impero intergalattico. Probabilmente se Bin Laden non fosse “cresciuto” con il secondo “King Kong” (1974) dove il gorillone cade dalle torri gemelle e con “Godzilla” in versione americana del 1998 che come un talpa si nasconde sotto New York, nel settembre del 2001 non avrebbe disdegnato affatto Tokio.
Ma per tornare seri, il mutato atteggiamento per il nucleare, segna l’esigenza di una nuova propaganda e l’industria culturale decisamente fantasiosa che fa dell’ibridazione la sua forza, si mette al lavoro per partorire tutta una serie di cloni di Godzilla, di cui forse Gamera (un’amabile tartarugona volante) è il più famoso, ma di cui sono eredi tutti i cartoni animati con protagonisti i “Mecha” ovvero i robot giganti di cui Goldrake fu il primo ad approdare in Italia ed innescare una vera e propria mania. I Mecha non solo segnavano simbolicamente il completo addomesticamento del mostro radiottivo, ma la sua trasformazione cibernetica, specchio dello straordinario sviluppo tecnologico nipponico che portarono, già negli anni ’90, il cosiddetto esercito di “autodifesa” Giapponese a essere considerato talmente avanzato da poter spazzar via la controparte cinese; se poi aggiungiamo che di recente, con l’avvio del programma nucleare nordcoreano e il crescente spettro della proliferazione nucleare globale, il Giappone è sempre più solleticato dal produrre testate nucleari in proprio, lo scenario è completo.
Fukushima, che di fatto è il più grande disastro nucleare civile che abbia colpito il globo, potrebbe far cambiare rotta, ma dalle reticenze del governo giapponese, dai tentativi roccamboleschi di minimizzare da parte di una comunità scientifi ca sempre più collusa con i grandi capitali, è probabile che i sicurissimi Godzilla di terza generazione plus si riprodurrano per mezzo pianeta.
La morale è in fondo semplice: abbiamo creduto che i mostri si potessero chiudere in una gabbia, addestrare ai nostri comandi, servirci come cani fedeli e poi di colpo scopriamo che non è così, che un mostro è sempre un mostro, ha una sua natura oscura e imprevedibile, o per dirla meglio è Natura. Ma se il mondo continua la sua allegra corsa all’atomo sia in ambito civile sia militare, l’Italia ha saggiamente scelto di rinunciarvi ribabendo ciò che era stato già deciso dopo Chernobyl: noi Godzilla non lo vogliamo. Scelta ben ponderata, ma nasconde un sospetto: in fondo non abbiamo bisogno di dinosauri per distruggere la nostra nazione, noi facciamo tutto da soli, qui di mostri è già pieno, qui il più delle volte i mostri siamo noi.