Gandhi, l’uomo della nonviolenza

di Angela Vaccina

Un piccolo uomo vestito di bianco termina la sua preghiera, si odono degli spari. È il 30 gennaio 1948. L’uomo cada a terra in un ultimo sussurro “o Dio”. Così conclude la sua vita Mohandas Karamchand Gandhi, detto Mahatma, la “Grande Anima”.

Una vita avventurosa che inizia il 2 ottobre 1869 a Portbandar in India. Dopo aver studiato nelle università di Ahmedabad e Londra ed essersi laureato in giurisprudenza, esercita brevemente l’avvocatura a Bombay. Nel 1893 si reca in Sudafrica con l’incarico di consulente legale per una ditta indiana e vi rimane per 21 anni. Qui si scontra con una dura realtà: il suo popolo è vittima di intolleranza e discriminazione razziale da parte delle autorità britanniche. Questa situazione lo porterà a un’evoluzione interiore profonda, a mettere in gioco il proprio ruolo nella società.

Inizia così la sua parte attiva nella lotta contro i soprusi, scrive numerose lettere di protesta alla stampa, indice a Pretoria una riunione dove partecipano tutti i connazionali del Sudafrica pronunciando il suo primo discorso pubblico e redige una petizione di protesta. Alla fine del suo contratto, Gandhi vorrebbe tornare in India, dove l’aspettano moglie e figli, una giovane donna sposata all’età di 13 anni con un matrimonio combinato, con la quale avrà quattro figli maschi. In seguito Gandhi si batterà per l’abolizione di questa usanza crudele, i “matrimoni infantili”. Durante la festa di addio indetta in suo onore, viene però a sapere che l’assemblea del Natal sta preparando una legge per abolire il diritto di voto degli indiani e per tassarli pesantemente a fine contratto, nel caso non ritornino in patria.Questi provvedimenti sono dettati dalla paura per la crescente ricchezza economica della comunità indiana. Gli ospiti di Gandhi gli chiedono di restare per essere aiutati, visto che non dispongono delle competenze per opporsi a questo progetto di legge. Gandhi organizza allora la circolazione di diverse petizioni indirizzate al governo del Natal e a quello britannico, contro questa legge. Nel 1893 Gandhi fonda il Natal Indian Congress di cui diviene il segretario. Questa organizzazione trasformerà la comunità indiana in una forza politica omogenea. Nel 1901 ritorna in India dove partecipa per la prima volta al Congresso Indiano, da cui ottiene una risoluzione a favore degli indiani del Sudafrica. Nello stesso anno ritorna in Sudafrica, dopo aver girato l’India in treno su carrozze di terza classe, vestito come un semplice pellegrino. Nel 1903 fonda il giornale “Indian Opinion” che lo convince ad operare profondi cambiamenti. Acquista un terreno agricolo a Phoenix, dove risiederà con la sua famiglia e i collaboratori del giornale: tutti parteciperanno ai lavori agricoli, il salario verrà retribuito in modo equo indipendentemente dalla nazionalità e dal colore della pelle. La fattoria di Phoenix è il primo modello di ashram in cui si pratica, in un regime di vita monastico, la povertà volontaria, il lavoro manuale e la preghiera. 

Nel 1906 Gandhi fa voto di castità per affrancarsi dai piaceri della carne, elevare lo spirito e liberare energie per le attività umanitarie. Digiuna e smette di consumare latte. In questo periodo lancia il suo metodo di lotta basato sulla resistenza nonviolenta, ribellioni pacifiche e marce. Tante le battaglie e gli arresti subiti dal Mahatma. Nel 1919 ha luogo la prima grande campagna di disobbedienza civile, che prevede il boicottaggio delle merci inglesi e il non-pagamento delle imposte. Nel 1921 rivendica il diritto dell’India all’indipendenza. Nel 1930 lancia la marcia del sale, cioè una campagna di disobbedienza civile contro la tassa sul sale. La campagna di allarga con il boicottaggio dei tessuti provenienti dall’estero. Gli inglesi arrestano Gandhi, sua moglie e altre 50000 persone; la Grande Anima risponde a tutto ciò con lunghi scioperi della fame. All’inizio della Seconda Guerra Mondiale Gandhi decide di non sostenere l’Inghilterra se quest’ultima non garantisce all’India l’indipendenza. 

Il governo britannico reagisce con l’arresto di altri 60000 oppositori e dello stesso Mahatma, che viene rilasciato dopo due anni. Il 15 agosto 1947 l’India conquista l’indipendenza, ma Gandhi  vive questo momento con dolore, pregando e digiunando essendo contrario alla divisione del territorio tra India e Pakistan, Stato che viene creato sancendo la separazione tra indù e musulmani e che porterà ad una violenta guerra civile che conterà, alla fine del 1947, quasi un milione di morti e sei milioni di profughi. L’atteggiamento moderato di Gandhi sul problema della divisione del Paese suscita l’odio di un fanatico indù che pone fine alla sua vita. 

Le sue idee rimagono nel tempo e si espandono nel nostro pianeta. Tre sono i punti fondamentali: 1. Autodeterminazione dei popoli: Gandhi riteneva fondamentale il fatto che gli indiani potessero decidere come governare il loro paese, perché la miseria nella quale si trovavano dipendeva dallo sfruttamento delle risorse da parte dei colonizzatori britannici; 2. Nonviolenza: rifiuta la violenza come strategia di lotta in quanto la violenza suscita altra violenza. Di fronte ai violenti e agli oppressori, però, non è passivo, anzi. Egli propone una strategia che consiste nella resistenza passiva, il non reagire alle provocazioni dei violenti, e la disobbedienza civile, il rifiuto di sottoporsi a leggi ingiuste; 3. Tolleranza religiosa: realizzare la fratellanza tra tutti gli uomini, indù, musulmani, cristiani, ebrei. Il rispetto di tutte le etnie e di tutte le religioni presenti in India, la convivenza pacifica e l’unione politica. 

Purtroppo gli eventi non andarono come sperava Gandhi e la storia attuale continua ad essere piena di violenza, con nazioni distrutte dalla guerra. Il principio della nonviolenza richiede la completa astensione da qualsiasi forma di sfruttamento, di corsa alle armi per conquistare territori, di cupidigia. Gandhi diceva: “Sono un incorreggibile ottimista. Il mio ottimismo si fonda sulla mia convinzione che ogni individuo ha infinite possibilità di sviluppare la nonviolenza. Più l’individuo la sviluppa, più essa si diffonderà come un contagio che a poco a poco contaminerà tutto il mondo. La nonviolenza è il primo articolo della mia fede e l’ultimo del mio credo. La mia vita è il mio messaggio.”