Gli operatori sociali non dormienti
Iniziative & Eventi
Scritto da Daniela Brina   

Piazza Palazzo di Città, 26 marzo 2012. Alcune centinaia di persone stanno facendo un sit-in di protesta davanti al Municipio di Torino. Sono operatori sociali, utenti dei loro servizi, genitori degli utenti, amici e persone sensibili al tema. Si avvicendano al microfono, raccontando la loro esperienza e chiedono al sindaco Fassino e ai consiglieri di ascoltarli e di scendere a parlare con loro.

Questo a cui assisto e partecipo non è il primo incontro/protesta degli operatori sociali; hanno iniziato a mobilitarsi a metà ottobre organizzando un primo incontro a cui erano presenti circa 60 persone, e poi hanno continuato tutte le settimane durante l’inverno. Si definiscono “operatori sociali non dormienti”. A questo tipo di protesta hanno unito altre iniziative: interventi a convegni sul tema, volantinaggi, feste. E stanno nascendo altri gruppi in altre città.
Ma perché tutto questo? Lo chiediamo a Rocco Brancucci, uno degli animatori di queste iniziative fin dall’inizio.
Rocco ci spiega che gli operatori dei servizi sociali gestiti prevalentemente da cooperative non prendono lo stipendio da mesi. Il comune non paga le fatture e mette le cooperative nella condizione di chiedere finanziamenti alle banche per poter sostenere le spese della gestione, oppure di non pagare gli stipendi, mettendo in difficoltà estrema soprattutto le piccole realtà. In ogni caso ad un certo punto le banche non erogano più i finanziamenti.
I servizi sono stati tagliati pesantemente: alcuni sono proprio scomparsi, altri hanno subito forti riduzioni quando già prima dei tagli erano carenti o appena sufficienti. Ciò fa sì che dei diritti costituzionalmente previsti non vengano più garantiti.
Ma cosa fanno i lavoratori dei servizi sociali? Chi non ha mai avuto bisogno del loro intervento, o non li conosce per motivi professionali o personali, probabilmente non sono consapevoli del lavoro indispensabile e preziosissimo che compiono nella società. Sono assistenti sociali, educatori, oss (operatori socio-sanitari) che lavorano nei servizi educativi, riabilitativi e di sostegno rivolti a persone in difficoltà (anziani, disabili, persone con disagi psichici, persone con problemi di tossicodipendenze, adulti in difficoltà). Si occupano delle persone in stato di necessità, cercando di migliorarne le condizioni di vita sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico; lavorano con tutti coloro che la società tende a escludere, preferendo non vederli e non sapere della loro esistenza. Molti di questi operatori, pur di garantire il loro servizio, si sono autoorganizzati con iniziative, ad esempio aperitivi sociali, per raccogliere quelle risorse indispensabili che spesso non sono più garantite.
La Costituzione Italiana, nell’art. 120, recita che “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni [...] quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”. Ma quali sono questi livelli essenziali? Possibile che si riducano sempre più a fronte di una realtà sociale via via più frammentata, con difficoltà di relazione e problematiche economiche che si aggravano ogni giorno? Non è forse la povertà uno dei maggiori motivi di esclusione sociale?
Gli operatori denunciano la riduzione e in alcuni casi l’azzeramento delle risorse per il sociale. Nel 2008 i fondi nazionali per le politiche sociali ammontavano a oltre 2,5 miliardi di euro, mentre nel 2011 si sono ridotti a soli 538 milioni. Un taglio dell’80%. Nella sola regione Piemonte nel 2012 sono previsti 50 milioni in meno per l’assistenza, che metteranno a repentaglio servizi educativi, socio-assistenziali e sanitari. Ma rivendicano anche la loro dignità di lavoratori che hanno diritto di essere pagati per il lavoro che svolgono, così come i loro assistiti hanno diritto di essere seguiti. A differenza di altri lavoratori, molti di loro non possono ricorrere allo sciopero perché i loro servizi devono essere garantiti e verrebbero precettati, oltre al fatto che non sciopererebbero per motivi di coscienza. Inoltre il sistema delle cooperative, dove ognuna cerca di accaparrarsi un servizio per sopravvivere, le mette in competizione; un sistema che ripete lo schema degli operai che, pur di lavorare, accettano condizioni lavorative pessime e pericolose, ed evitano di protestare.
Tutti quelli che si definiscono “operatori sociali non dormienti” non ci stanno e cercano di unire le forze per denunciare e trovare soluzioni comuni. Non si tratta di salvare la singola cooperativa, ma di salvare quel “welfare state” che viene via via smantellato quasi senza proteste.
La loro prima iniziativa è stata sfilare in corteo accanto al movimento No Tav in Val di Susa, e le due cose non sono scollegate. I 66 milioni di euro che si potrebbero risparmiare rinunciando all’inutile opera del Tav (spendiamo 32 milioni all’anno solo per pagare le forze di polizia intorno al non-cantiere), unite alle altre risorse ottenute riducendo gli sprechi della Regione Piemonte, tagliando i premi di produzione dei dirigenti del Comune di Torino (2 milioni all’anno per ogni premio) e cancellando i rimborsi ai partiti che si sono presentati alle ultime elezioni per le regionali del Piemonte (20 milioni), permetterebbe di trovare le risorse che mancano.
Gli operatori sociali non dormienti li trovate in piazza Palazzo di Città ogni lunedì alle 18. In rete li trovate su Facebook e sul sito http://nondormienti.blogspot.it/
Condividiamo, per concludere, lo slogan sul loro sito: Le persone sono più importanti di treni veloci e auto blu.