Le proteste degli studenti in Inghilterra
Dal mondo
Scritto da Alberto Pagliero   

Tutto è iniziato il 9 dicembre a Londra con l’aumento delle tasse universitarie che, da 3000 sterline l’anno, arriveranno a 9000 sterline (11000 euro) entro il 2012. Questo provvedimento ha una storia politica che risale a una dozzina di anni fa, quando la manovra economica del governo di Tony Blair aveva elaborato due modifi che cruciali al sistema di contribuzione studentesca che oggi vengono adottate dall’Higher Education Act.
Al posto del contributo unico di mille sterline l’anno, le università diventano libere di chiederne fi no a 3000, cosa che faranno quasi tutte, dando, però la possibilità di diff erire il pagamento a dopo la laurea, attraverso un meccanismo di prestiti a scadenza garantiti dallo Stato.
Oggi tutto questo sistema è cambiato, anche grazie alle scadenze imposte dall’agenda di Lisbona per contenere la crisi a cui L’Europa è sottoposta dal 2008. Il rapporto di Lord Browne propone di abolire il tetto alla contribuzione, innalzando, nel contempo, il livello minimo di reddito oltre il quale si inizia a ripagare il prestito, rendendo più onerosa la restituzione, attraverso tassi differenziati, per i redditi più alti. È in corso un cambiamento radicale all’interno di un paese nel quale era dato per scontato che la formazione avanzata fosse un investimento e non un costo.
Gli studenti scendono in piazza in cinquantamila contro questa manovra, adottata e approvata con un margine di soli 21 voti dal governo di David Cameron. Il primo ministro londinese considera inaccettabili le violenze dei manifestanti per contestare l’aumento delle tasse universitarie e, di certo, la violenza non può essere giustifi cata qualunque sia il fi ne da raggiungere. La violenza però non è solo fi sica ma anche economica quando, come in questo caso, per ridurre i costi pubblici, si mettono in diffi coltà i ceti meno abbienti nel conseguimento del diritto allo studio. È iniziata quindi, anche in Inghilterra, una vera e propria lotta per il diritto ad una formazione universitaria di qualità; lotta nella quale si trovano fi anco a fi anco studenti e insegnanti contro l’imposizione del governo di aumentare le tasse universitarie e di imporre un tetto massimo (479 mila persone) di richieste d’ammissione all’anno accademico.
Questo aspetto della riforma, comporterà l’esclusione di 225 mila studenti, che non vedranno accettata la loro richiesta, e la perdita conseguente di 500 mila posti di lavoro nel settore pubblico. Chissà se Cameron considera anche questa forma di violenza, attuata dai 323 membri della sua maggioranza, inaccettabile. Vogliamo dare un contributo ideologico a chi oggi scende in piazza per difendere i propri diritti e lo facciamo citando Gandhi: “Una lotta non-violenta implica necessariamente la costruzione di un movimento di massa”.