La rivolta in Egitto
Dal mondo
Scritto da Alberto Pagliero   

25 gennaio 2011: il potere del dittatore Hosni Mubarak si sta sgretolando e il suo popolo ne chiede le dimissioni, tanto che, dopo una settimana di manifestazioni in piazza Tahrir, il regime egiziano cerca di togliere energia alla rivolta, con un coprifuoco che interessa tre quarti della giornata e con la scarsità di viveri, per consentire al raiss una via d’uscita onorevole.
Sembra solo un problema politico, quello che ha dato il via a questa rivoluzione, accusando il governo di brogli elettorali, durante le elezioni del novembre scorso. Per favorire l’opposizione, legata ai Fratelli Musulmani, che ha presentato una serie di ricorsi, il presidente del Parlamento, Fathi Sorour, ha annunciato che verranno rivisti i risultati delle elezioni legislative. La persona acclamata, a gran voce dalla piazza, è il premio nobel per la pace Mohamed El Baradei, che in una intervista, dice alla CNN, di essere disposto a ricoprire la presidenza se gli verrà chiesto. Intanto quella parte della popolazione che non si oppone al coprifuoco, previsto dalle 15.00 alle 8.00, subisce i saccheggi e tiene le saracinesche abbassate, mentre l’esercito si limita a pattugliare le strade e a sostare, con i carri armati, nei pressi di piazza Tahrir. Intanto, gira la voce che El Baradei sia stato messo agli arresti domiciliari dal regime.
Questa rivoluzione tocca anche il turismo perché le ambasciate dei vari paesi quali America, Libia e Turchia organizzano ponti aerei per il rimpatrio dei connazionali. L’Italia, allo stesso tempo, organizza, con l’ambasciata al Cario, il rientro degli italiani.
Dopo tanti anni in cui è stato ignorato, perché conveniva, il potere dittatoriale di Mubarak, ora, il segretario di Stato, Hillary Clinton auspica una transizione ordinata con determinate condizioni: garantire il libero svolgimento delle elezioni presidenziali di settembre senza candidarsi; sospendere le leggi di emergenza del 1981; consentire alle organizzazioni non governative di operare liberamente in Egitto in aiuto della popolazione; scarcerare i prigionieri politici.
L’Unione Europea è d’accordo con Hillary Clinton e aspira ad elezioni libere, dove non sia il resto del Mondo a scegliere i candidati, controllando solo che Mubarak e i fedeli al suo regime non si ripresentino. Il fatto che avverranno le elezioni libere a settembre sarà importante, per la popolazione, se l’ONU vigilerà affi nché non avvengano brogli elettorali, controllando, anche, che la scelta dei candidati non sia concionata, soprattutto dagli Stati Uniti, i quali ogni anno, investono 1,3 miliardi di dollari e avrebbero tutto l’interesse a mantenere il controllo, sulle scelte politiche degli egiziani.
Quando un regime dittatoriale, che ha mantenuto equilibri socio-politici, sta per venir meno, attacca gli oppositori con ogni mezzo, cercando di nascondere al mondo le proprie azioni. Il modo migliore, per impedire, un simile risultato è impedire ai giornalisti di conoscere per informare e minacciarli perché non l’ho facciano oltre i confi ni egiziani. Anche i rappresentanti dell’ONU corrono questo pericolo e per non esporsi a simili rischi stanno lasciando il paese. Tutto questo sta avvenendo perché una parte del popolo egiziano sostiene Mubarak, ed è sceso in piazza per appoggiare il governo nel tentativo di rimanere al potere. La gravità della situazione ha fatto si che, la Casa Bianca e il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, abbiano imposto al governo egiziano di non colpire i reporter e di rilasciare quelli arrestati. Questo “consiglio” è stato ascoltato e i giornalisti sono stati liberati e le notizie uffi ciali si sono fermate ai primi giorni di febbraio. Chissà come mai?