le origini della rivoluzione, giorno per giorno Stampa
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11 febbraio 2011: dopo 18 giorni di proteste ininterrotte il presidente dell’Egitto Hosni Mubarak dà le dimissioni. La notizia viene annunciata dal vice presidente Omar Suleyman. Il comando passa nelle mani del Consiglio Supremo Militare. Mubarak era al potere da trent’anni. La protesta di piazza Tahrir si trasforma in una festa che dura fino al mattino.

19 marzo 2011: in Egitto si vota per un referendum costituzionale, primo passo verso le elezioni parlamentari prima e quelle presidenziali poi. Il referendum viene approvato a larghissima maggioranza: stabilisce la limitazione del mandato presidenziale da quattro a due anni, l’obbligo del presidente di nominare un vicepresidente entro sessanta giorni dall’elezione, la supervisione dell’autorità giudiziaria sulle elezioni e la nomina di un’assemblea costituente che scriva una nuova costituzione.

8 aprile 2011: i manifestanti tornano a occupare piazza Tahrir per protestare contro la giunta militare, accusata di ostacolare la transizione verso un governo democratico, e per chiedere la punizione dei responsabili delle violenze commesse sui civili nei giorni della rivolta di gennaio. Il Consiglio Supremo ordina a tutti i militari in servizio in Egitto di non partecipare alla manifestazione.

Settembre 2011: Il Consiglio supremo delle forze armate annuncia le date delle elezioni. Il 28 novembre ci sarà la prima delle tre fasi per l’elezione dei membri della Camera, cui seguiranno altri due turni il 14 dicembre 2011 e il 3 gennaio 2012. Soltanto dopo si procederà con l’elezione di un nuovo presidente. A inizio ottobre, con l’aumentare delle proteste, la giunta è costretta a chiarire ulteriormente le tappe per il passaggio del potere ai civili. I militari accettano inoltre di cambiare l’articolo della nuova legge elettorale che stabilisce che due terzi dei 500 seggi parlamentari siano destinati ai candidati dei partiti mentre un terzo sia destinato ai candidati indipendenti. Questo sistema era molto criticato perché permetteva agli ex membri del regime di candidarsi alle elezioni. Intanto continuano i processi militari ai civili, una pratica che mandato in carcere circa 10 mila persone negli ultimi otto mesi.