Sappiamo tutti che oggi il mondo abbonda di regole per rendere “felice” un essere umano nel luogo che ha scelto per vivere. Anche l’Italia fa di tutto per adeguarsi a questo obiettivo che ha messo in agenda la Comunità Europea. A tale scopo ha affi dato al Ministero dell’Interno il diffi cile compito di accogliere le persone che fuggono dalla schiavitù, dalla repressione e dalla guerra o che più semplicemente cercano un luogo, nel mondo, dove vivere meglio.
Nascono così tre strutture fondamentali in Italia per soddisfare ogni richiesta da parte di quelli che vengono defi niti immigrati irregolari: i centri di accoglienza (CDA) che possono ospitare 4200 persone; i centri di accoglienza richiedenti asilo (CARA) che possono ospitare 1533 persone; i centri di identifi cazione ed espulsione (CIE) che possono ospitare fi no a 1920 persone. È mia intenzione, in questo articolo, non fare un’analisi critica di quanto previsto, sulla carta, in materia di provvedimenti che vengono considerati tutelanti i diritti dello straniero, emanati da questo governo e dai governi che lo hanno preceduto, ma dare solo un’esposizione di quanto elaborato dal Ministero dell’Interno. Ricordo che le strutture sopra elencate servono a gestire le persone senza permesso di soggiorno (il pacchetto di sicurezza ne dà questa defi nizione: stranieri privi di titolo di soggiorno) al fi ne di rimandare queste persone nel paese di origine dopo una breve permanenza nel territorio italiano. I centri di accoglienza garantiscono un primo soccorso allo straniero irregolare. Una particolare tipologia di Centri di accoglienza è rappresentata dai Centri di Primo Soccorso e Accoglienza (CPSA), allestiti nelle località costiere maggiormente interessate dagli arrivi degli immigrati attraverso il Mediterraneo, tra i quali il più noto è quello Lampedusa. Tuttavia la recente drastica riduzione degli sbarchi ha reso pressoché inutilizzati tali Centri. I centri di accoglienza dei richiedenti asilo (CARA) ospitano, per un periodo massimo che varia tra i 20 ed i 35 giorni, i richiedenti asilo che si trovano in particolari condizioni: privi di documenti, entrati violando i controlli di frontiera, fermati in posizione irregolare. Trascorsi tali termini, senza che sia intervenuta una decisione, al richiedente asilo viene rilasciato un permesso di soggiorno provvisorio di validità trimestrale rinnovabile. I Centri sono aperti e gli ospiti possono uscire dalle strutture nelle ore diurne. I centri di identifi cazione ed espulsione presenti sul territorio nazionale sono 13 e sono destinati al trattenimento degli stranieri extracomunitari irregolari per il tempo strettamente necessario ad eseguire l’espulsione e comunque per un periodo massimo non superiore ai 180 giorni. I provvedimenti di trattenimento sono sottoposti al controllo dell’autorità giudiziaria. Apro una parentesi per dare, in sintesi qualche dettaglio in più su come lo Stato italiano intende “tutelare” queste persone, fornendo anche i riferimenti alle leggi italiane, affi nché chi è direttamente interessato possa approfondire questo argomento. L’Italia garantisce la piena tutela del diritto di asilo. Ha recepito tutte le direttive europee in materia e, mediante recenti interventi normativi contenuti nel “Pacchetto sicurezza” (Decreto Legislativo n. 160/2008), si è impegnata a snellire ed agevolare gli adempimenti connessi al riconoscimento dello status di rifugiato e per fornire, ove ne ricorrano i presupposti, la protezione sussidiaria. Le Commissioni territoriali per l’esame delle istanze ed il riconoscimento della protezione internazionale sono state recentemente aumentate dal numero di 10 sino alle attuali 15 (Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3703/2008). Ciascuna commissione si compone di quattro membri, tra i quali un rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. I richiedenti asilo privi di mezzi di sussistenza ricevono accoglienza con oneri a carico dello Stato per un periodo di sei mesi a decorrere dalla presentazione della domanda. Alla scadenza di tale periodo, se non è intervenuta la decisione, è rilasciato allo straniero un permesso di soggiorno di tre mesi, rinnovabile fi no alla decisione sulla sua domanda, che gli consente di svolgere attività lavorativa. L’Italia si è dotata, sin dal 2002, del Sistema di protezione dei Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR), costituito da una rete di enti locali che – per la realizzazione di progetti di accoglienza e di integrazione – accedono al Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo. Gli enti locali, con il supporto di associazioni del terzo settore, garantiscono interventi di “accoglienza integrata” volti a superare la mera fornitura di vitto ed alloggio, prevedendo anche misure di orientamento legale e sociale, nonché la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio – economico. Il sistema, costituito da strutture e servizi di accoglienza territoriali predisposti dagli enti locali mediante progetti fi nanziati per una quota dell’80% dal Fondo nazionale asilo, è articolato come segue: 3000 posti di accoglienza (a disposizione dei benefi ciari per un periodo massimo di sei mesi, per un totale di 6000 posti l’anno); 138 progetti territoriali (di cui 31 rivolti alle categorie maggiormente vulnerabili); 103 comuni, 16 province, 4 unioni di comuni. Il coordinamento del Sistema è garantito dal “Servizio Centrale”, una struttura operativa istituita dal Ministero dell’Interno e affi data con convenzione all’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI). L’integrazione dei cittadini stranieri costituisce un fattore chiave per la coesione sociale e la prevenzione dei confl itti. A questo proposito tra le novità introdotte dal “Pacchetto sicurezza” fi gura l’istituto dell’Accordo di integrazione, il quale rappresenta un valido strumento di integrazione a disposizione degli stranieri che vogliono lavorare ed inserirsi nella società italiana. L’accordo, di durata biennale, è articolato per crediti e prevede che il cittadino straniero – con alcune esclusioni (ad esempio i minori stranieri non accompagnati o i portatori di handicap gravi) – contestualmente alla presentazione della domanda di permesso di soggiorno sottoscriva degli impegni di integrazione, quali in particolare la conoscenza della lingua italiana, i valori fondamentali della Costituzione e gli elementi basilari della vita civile in Italia. Le nuove norme hanno altresì previsto che lo straniero richiedente il permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti si sottoponga ad un test di verifi ca della conoscenza della lingua italiana. Numerosi progetti vengono elaborati da parte dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali proprio al fi ne di favorire l’integrazione e una grande attenzione viene dedicata alla realizzazione dei progetti che vengono fi nanziati con le risorse del Fondo europeo per l’integrazione. In ogni provincia, presso le Prefetture – Uffi ci Territoriali del Governo, operano i Consigli territoriali per l’immigrazione, organismi costituiti da rappresentanti delle Istituzioni e degli immigrati. I consigli territoriali svolgono attività di promozione, coordinamento e supporto delle iniziative d’integrazione a livello locale, tra cui le iniziative volte al potenziamento della conoscenza della lingua e dell’educazione civica. Partecipano alla programmazione per l’utilizzazione del Fondo europeo per l’integrazione e sono incaricati di cercare soluzioni a diverse problematiche quali, ad esempio, l’accesso all’abitazione oppure la ricerca di soluzioni urbanistiche adeguate a creare situazioni di convivenza pacifi ca nelle grandi aree metropolitane, l’accesso al credito agevolato e la messa in atto di progetti per favorire la domanda e l’off erta di lavoro. È stato istituito un Comitato per l’Islam italiano che ha la funzione di fornire elementi concreti sui temi legati all’immigrazione, con particolare riguardo all’integrazione e all’esercizio dei diritti civili. Il Comitato esprimerà anche pareri e proposte su specifi che questioni indicate dal Ministro con l’obiettivo di migliorare l’inserimento sociale e l’integrazione delle comunità musulmane, anche nell’ottica di sviluppare la coesione e la condivisione di valori e diritti nel rispetto della Costituzione e delle leggi. Il Governo italiano ha, inoltre, intrapreso un’azione per l’integrazione delle comunità nomadi. Al fi ne di superare la situazione di emergenza di alcune aree del territorio nazionale, sono stati nominati, ai sensi della normativa di protezione civile, cinque Commissari delegati, rispettivamente per le regioni Lazio, Lombardia, Campania, Piemonte e Veneto. L’attività, ancora in corso, è fi nalizzata a promuovere migliori condizioni di vita per le comunità nomadi, con particolare attenzione ai minori maggiormente esposti a rischi di abuso e sfruttamento. In particolare, dopo il censimento degli abitanti dei campi nomadi, sono stati avviati interventi di carattere socio-sanitario e scolastico, nonché di ristrutturazione di alcuni insediamenti e di costruzione di nuove aree attrezzate. Oltre 64 milioni di euro sono stati stanziati per la realizzazione dei primi interventi. Sulle iniziative avviate è stata costantemente informata la Commissione Europea, che dopo aver esaminato il Rapporto inviato dall’Italia ha apprezzato il livello di collaborazione assicurato. Quali sono e saranno i frutti che tutto questo darà sono e saranno sotto gli occhi di tutti, quando i mezzi di informazione ne parlano e ne parleranno … |