"Secondo me i bambini, se non sapevano che erano nati tutti in paesi diversi, era più facile andare d’accordo. Anche da grandi." (Damian, 10 anni, Romania)
Tutto iniziò quando, sfogliando distrattamente un "Venerdì di Repubblica" di qualche settimana fa, un articolo attirò prepotentemente la mia attenzione. Si intitolava "Il razzismo spiegato ai bambini". Sono un’educatrice di territorio; durante la mia giornata ho a che fare con persone di tutte le età, di tutti i colori, di tutte le religioni e culture, situazione questa che rende la mia vita un turbinio di emozioni contrastanti che vanno dalla ricchezza emotiva all’impotente incomprensione, dalla speranza per un mondo più giusto alla frustrazione. Ciò che mi stimola di più nel mio lavoro e che mi fa trovare un senso in tutto quello che faccio, sono indiscutibilmente i bambini. Bambini di culture diverse, che giocano e si stupiscono in modo sincero e spontaneo, ancora lontani dalla schiavitù mediatica di cui presto diventeranno vittime. C’è Manar, egiziana; Isaia, ghanese; Samira, rom; Nezha, marocchina; Ionut, rumeno; Ahmed, tunisino… e tanti altri ancora, tanti piccoli cittadini del mondo verso un futuro multietnico. Bambini di seconda generazione. Che non sanno e non capiscono cosa sia questo razzismo di cui tanto sentono parlare. Ho provato a chiedere loro cosa pensano del razzismo, se sanno che cos’è e se ne parlano a casa. Risultato: non capiscono minimamente di cosa parlo. Non sanno cosa rispondermi perché non comprendono le domande. Capita a volte che i bambini si dicano delle frasi razziste, riferite al colore della pelle o alla religione, ma sono spesso davvero solo parole, che hanno sentito da qualche parte e di cui non capiscono il significato. Quindi evitiamo di arrabbiarci, ma spieghiamo loro perché è triste e brutto dire certe cose, diamo un motivo ai nostri rimproveri in modo che possano capire. È sicuramente più faticoso per noi, ma è l’unico modo per aiutarli a ragionare in modo indipendente e nonviolento. Parlando di razzismo con i bambini fino a 7-8 anni, ci si trova in una situazione disarmante, perché non capiscono di cosa si parli e, a quell’età, è difficile seguire un discorso che non interessa. Allora spesso inventano risposte solo per farci stare zitti, o cercano di parlare di altri argomenti a loro più familiari. E noi ci rimaniamo male, perché pensiamo non VOGLIANO parlare di razzismo, perché li fa soffrire, mentre spesso non POSSONO parlarne, perché non sanno cosa dire, un po’ gli dispiace di non farci contenti e allora inventano qualcos’altro. Sarebbe come chiedergli di parlare di energia nucleare, di economia o di politica. Sono argomenti che ancora non hanno affrontato, proprio come il razzismo. Queste reazioni così originali riguardo al razzismo, mi hanno spinto ad alcune riflessioni. Dobbiamo stare attenti quando parliamo con i bambini, se non entriamo nei loro sistemi di linguaggio non possiamo pretendere che loro capiscano cosa vogliamo dirgli. Spesso ci arrabbiamo o ci infastidiamo quando i bambini non riescono a svolgere azioni per noi molto banali, ma sottovalutiamo la maggior parte delle volte che probabilmente proprio non capiscono cosa vogliamo da loro. Quindi è importante essere non solo aperti al dialogo con i bambini, ma anche più bambini noi stessi e avere come primo interesse il cercare di essere capiti, più che il pretenderlo. C’è bisogno di educazione. A fronte di un futuro esponenzialmente sempre più multietnico, noi adulti dobbiamo favorire l’integrazione tra i bambini, spingerli a fare amicizie con bambini di culture diverse, preferire le classi miste. I bambini che crescono in ambienti multiculturali, non considerano il vicino "diverso", proprio per il fatto che diventa normale essere tutti diversi. Né bello, né brutto, solo normale. In un mondo come il nostro l’essere razzisti non è solo un atteggiamento troglodita e ignorante, ma è anche estremamente controproducente, perché va contro lo svolgersi degli eventi e crea distruzione, alimenta la paura e fa trionfare l’ignoranza. Spero che tutti possano, nella propria vita, circondarsi almeno una volta di bambini di culture diverse che stanno insieme pacificamente, che giocano e scherzano senza differenze di etnia o religione. Dovremmo tutti imparare dai bambini, sono loro i veri professori. Quasi sempre.
Rimando, sull’argomento del razzismo tra bambini, alla lettura del libro "Italiani, per esempio" di Giuseppe Caliceti, (ed. Feltrinelli), da cui la precedente citazione. |