A parte le molte eccezioni, nell’immaginario collettivo ormai pseudo ricco dei popoli che risiedono nel “primo mondo”, sembra essersi insediato irrevocabilmente il senso di “gossip sfrenato” verso modelli che nulla hanno a che fare con la realtà quotidiana. Testate giornalistiche, telegiornali, e anche programmi di intrattenimento fanno a gara tra loro per mostrare, ad esempio, quale vestito indossa il tale personaggio oppure se il tizio pelato che lancia il suo veleno porta il papillon a pois! Accidenti si, è a pois! è uno scandalo perché lo ha sempre portato giallo canarino!
Naturalmente poi, dopo un drink in compagnia (o in solitudine, dipende dai casi), si spegne la TV e si va a dormire pensando che “domani è un altro giorno”, e che la tua squadra del cuore ti darà la soddisfazione che meriti! Pensando: “se vinciamo, domani al lavoro li deriderò tutti!! ah ah ah”. La cronaca nera invece viene servita calda. I mass media hanno capito che il gusto dell’orrido fa scalpore, quindi audience! Ma il risultato finale nella maggior parte dei casi sarà sempre lo stesso: scalpore per tre giorni, forse quattro e poi più nulla. Dimenticato, superato, e purtroppo assimilato. A volte penso che molte persone comprino il giornale alla mattina esclusivamente per impacchettare le uova al mercato. Oppure, parlando del calcio, per poter affermare al “bar sport”: “Abbiamo vinto”con gli epiteti del caso. Ovviamente affermare “abbiamo” non solo è un clamoroso falso ideologico, ma bensì anche un “reato nei confronti dell’intelligenza”. Naturalmente questo sistema di comunicazione di massa falso e ipocrita crea anche molte “star da salotto”. Oggi si può arrivare ad avere la stessa popolarità di una qualunque star del passato (quelle che hanno comunque fatto “gavetta”) nel giro di due puntate del “grande fratello”. O di “Un, Due, Tre...Stalla!” - forse l’unico reality show passato nel dimenticatoio, che faceva a suo modo anche i conti con la viva realtà, con il contatto con gli animali ed il lavoro reale. Per questo è stato cancellato dalle programmazioni. Troppo vicino alla, suddetta, realtà! Ma non doveva essere un “Reality”? Parliamo di Philippa Charlotte Middleton, detta anche Pippa, la sorella giovane della neo duchessa di Cambridge nel Regno Unito, diventata popolare esclusivamente per questo motivo. Presumibilmente e a mio avviso, godrebbe della stessa popolarità se fosse entrata “nel confessionale della casa” per criticare “Tizio” e portarsi a letto “Caio”. Dimenticando come sempre il povero “Sempronio”. A volte, e sottolineo solo a volte, capita invece di leggere qualche trafiletto nelle pagine interne di qualche giornale che racconta di persone, eroi silenziosi che sarebbero veramente degni di ricevere molta più attenzione mediatica. Voglio quindi portare all’attenzione l’impresa di Giuseppina Pasqualino, in arte Pippa Bacca.
“L’abito da sposa è un bene meraviglioso in sé, ma anche carico di significato e di valori: l’amore, in primis, ma anche la stima e la fiducia reciproca. Sentimenti di coppia, che possono acquistare valore universale”. Questo pensava una persona che ha perso la vita per aver provato ad indossare l’abito da sposa come un simbolo, uno strumento di pace e fiducia nel prossimo, in un immaginario matrimonio con centinaia di sconosciuti di tutto il mondo. La giovane artista milanese nipote del famoso artista Piero Manzoni, fu violentata e uccisa il 31 Marzo 2008 a Gebze, Turchia. Forse ispirata dallo zio, anch’egli scomparso in giovane età, impegnato nella realizzazione di inusuali performance con la partecipazione attiva del pubblico, Pippa aveva intrapreso da subito la strada dell’arte performativa. L’8 Marzo 2008 Pippa si incamminò, insieme all’artista Silvia Moro, entrambe in abito da sposa, lungo il Brides on Tour, viaggio sostenuto da Byblos, che da Milano doveva arrivare fino a Gerusalemme passando da Serbia, Bosnia, Bulgaria, Turchia, Libano, Palestina, Israele, Siria “per realizzare un matrimonio con la terra , la pace, con la gente tutta”, specialmente dei territori di conflitto. Gli abiti furono concepiti dal direttore artistico di Byblos Manuel Facchini, in base alle caratteristiche funzionali e personali delle due artiste. L’obbiettivo del viaggio era “di esplorare e raccogliere ogni testimonianza possibile, a mezzo video-fotografico ed epistolare, relativa all’incontro delle diverse culture, e ai rispettivi universi simbolici, comunque connessi tra loro da un’origine e da un immaginario che sfata il concetto di confine e limite geografico”. In questo contesto l’abito da sposa non è stato, come di consueto, trattato come un delicatissimo simulacro da indossare dapprima il giorno delle nozze e poi riporre in un baule, ma, al contrario, è stato vissuto appieno, perdendo via via il tipico candore e diventando “il diario narrato dalle tracce lasciate dalle materie dei luoghi attraversati”. Diversi i rituali-performance organizzati dalle artiste durante il viaggio, ad esempio la “Lavanda dei piedi”, tenuta da Pippa Bacca alle ostetriche del posto “come simbolo di riconoscenza e gratitudine verso queste donne che permettono alla vita di nascere in luoghi in cui la guerra troppo spesso non ne ha rispetto”. Dopo aver attraversato Slovenia, Croazia, Bosnia e Bulgaria, Pippa Bacca e Silvia arrivarono in Turchia il 20 Marzo 2008. A Istanbul Pippa si separò temporaneamente dalla compagna, e il 31 Marzo accettò un passaggio che le costò la vita. Spiegava Pippa Bacca: “La sposa è il bianco, la luce, il femminino, generatrice di vita, quindi di pace, dell’amore e della purezza”.
Fonte: La mia memoria, con l’ausilio del sito: http://www.thedress.it/232/pippa-bacca-una-sposa-per-la-pace/ |