L'enigma di batman
Società

L’enigma di Batman

Non esisteranno mai miliardari buoni, nemmeno quelli che si travestono da pipistrelli per combattere criminali psicopatici che minacciano l’ordine costituito. Non possono esistere in quanto un sistema economico che genera abissali disparità sociali, che garantisce la ricchezza smodata di pochi sulla pelle della miseria sofferente della moltitudine, non potrà mai essere buono. La questione che ogni supereroe dovrebbe chiedersi è la natura del sistema politico che difende. Ma è la domanda che non si farà mai, troppo impegnato com’è a lottare sugli spalti della società “aperta” contro i suoi nemici esterni, ma soprattutto interni, che la minacciano, avversari, i cosiddetti Villains che non sono altro che proiezioni, nemesi con cui i Superheroes velano, alienandola, la verità su se stessi. I supercriminali sono un male necessario, il giusto imprescindibile contraltare al supereroe che ne giustifica l’esistenza. Nel loro scontro dialettico tra i due estremi morali, tra ordine e caos, il sistema socio-politico si conserva tale e quale e, persino giunto sull’orlo di crisi epocali catastrofiche, auto-giustifica il suo risorgere.

 

Non è un caso che Batman sia il supereroe fumettistico che ha goduto più di tutti della trasposizione mediatica del cinema e della Tv, costituendo una saga che comincia nel 1943 e giunge fino ad oggi. Batman non è solo l’alternativa matura ad un supereroe infantile quale Superman, ma ne è la sua decostruzione, cioè un uomo comune deprivato di superpoteri compensati da quelli finanziari, che gli permettono l’accesso a gadgets tecnologici sempre più hi-tech. Questo mostra, e qui sta il genio, il lato oscuro ed inquietante del supereroe, ma proprio perché apertamente lo manifesta, finisce per velarlo dietro il suo mantello. La città simbolo di Gotham, di cui Batman è difensore, è una rilettura notturna e gotica di Metropolis, la città protetta da Superman, ma entrambe rappresentano le due facce immaginarie sotto cui si nasconde New York, cuore culturale e finanziario degli USA. L’identità di Batman è in fondo nota a tutti; il ridicolo dell’identità segreta, come già in Superman, sta nel fatto che è proprio la sua evidenza a renderla irriconoscibile. Chi mai potrebbe permettersi tutti quei mezzi ipertecnologici e costosissimi se non il più ricco magnate di Gotham, erede di una fortuna finanziaria ed industriale immensa, cioè il famoso Bruce Wayne?! Eppure tutti, criminali compresi, fanno finta di non sapere, perché il vero senso fatale di Batman è l’inganno: la mistificazione a cui, questo è il punto, il lettore o spettatore deve credere necessariamente, perché se sorge il dubbio, non è solo la maschera che cade, ma è un mondo che crolla. Gotham è la maschera dell’inganno globale stesso, l’illusione di un bambino privilegiato che, persi tragicamente i genitori in una banale rapina, sublima nella vendetta il suo senso di colpa, travestendosi da vigilante notturno, una sorta di Zorro ammodernato. Quale colpa? Quella inconscia di esistere in quanto ricco, vero ladro tra i ladri, vero supercriminale tra i criminali, servo di un sistema economico che sfrutta e produce i poveri e se li divora. Nel suo legalismo Wayne, difende l’ingiustizia in quanto tale e la legittima. Lotta, è vero, contro la criminalità, ma non si occupa mai delle cause che la producono. Mette in ginocchio le mafie, ma non si rende conto che esse sono solo effetti collaterali dell’ingiustizia sociale. Se Batman avesse veramente a cuore la giustizia, è contro Bruce Wayne che lotterebbe, ma questo non è possibile perché la loro contraddizione, il loro conflitto di personalità, è solo apparente: entrambi sono, in forme diverse, funzionari della Corporation, dell’Establishment e del suo potere totalitario. Wayne, domina Gotham di giorno e Batman la notte. Entrambi ammorbati dalla folle sete di potere del vampirismo finanziario, la trasformano a loro immagine e somiglianza e perpetuano la follia con il terrore.

L’unica speranza, in questo mondo rovesciato, sono paradossalmente i supercriminali, che non a caso nel corso della storia della saga acquistano sempre più spessore fino ad oscurare lo stesso protagonista. Questo perché calamitano l’interesse e l’inconscia speranza di riportare la luce della verità su Gotham. Questa speranza è per forza di cose disillusa, in quanto essi sono strutturati nei loro estremismi psicotici, proprio per ribadire l’esito fallimentare di ogni rivoluzione, di qualunque aspirazione per un altro mondo possibile, pura follia autodistruttiva che va quindi rigettata con terrore. L’unica alternativa al turbocapitalismo predatorio rimane, nel manifesto ideologico di Batman, quello di un immaginario capitalismo dal volto umano, fatto di finta beneficenza di facciata e di sacrificio occultato ed irreale nella lotta contro il terrorismo che minaccia lo stile di vita americano.

Il grande pregio della lettura cinematografica di Christopher Nolan rispetto a quella già pregevole di Tim Burton, è di aver involontariamente “tolto” maschera e mantello all’uomo pipistrello, scegliendo non solo di snellire la sua figura dagli eccessi grotteschi e neogotici, di renderlo realistico, ma anche d’immergerlo pienamente nell’attualità della crisi economica mondiale. Il Batman di Nolan è una apologia del capitalismo che non può non mostrarne le contraddizioni, ma che nel suo sperticato conservatorismo, finisce per svelare l’arcano mettendo a nudo il senso ideologico della creatura fumettistica. Nolan decreta la fine di Batman, trascendendo l’analisi puramente psicoanalitica che lo ha sempre caratterizzato, mettendo da parte la sospetta omosessualità, per consegnarlo all’analisi politica in cui, manco a dirlo, il corpus misticum del supereroe si dissolve alla luce solare come quello di un vampiro. Gotham non è solo la trasposizione spettrale di una psiche ma, in quanto tale, è l’altra faccia distorta del mondo reale, apparendo finalmente per quello che sono: riflessi l’una dell’altro.

Non deve allora soprendere che un folle, imitando uno degli antagonisti più celebri di Batman, cioè il Joker, irrompa nella prima del film che chiude la trilogia e compia una strage. Il Joker è l’incarnazione simbolica di forze che la società americana ha evocato, ma non sa più come controllare; è l’espressione perfetta della rivolta verso un ordine costituito che poggia sull’abisso, ma in cui l’unico fondamento come surrogato divino è il denaro e le sue leggi. è la contraddizione interna della psiche di Batman e della stessa America, che può solo reprimere e incarcerare al manicomio di Arkham coloro che affermano una verità troppo evidente. In America nessuno giura sui testi sacri: l’unica fonte di verità è la banconota da un dollaro. Joker brucia dissacrando, nel secondo film, una montagna di denaro in sfregio al potere teologico del Capitale, mostrando non solo che questo è un falso dio, ma allo stesso tempo che qualunque Dio è falso, perché copia di una moneta. In un mondo disincantato solo il Caos e il nichilismo hanno corso. Ogni atto diviene lecito e permesso, anche irrompere in un cinema e fare una strage, perché questa è la maledizione del Paese della Libertà, cioè il trionfo della morte. In un mondo senza dio ci sono solo immaginifici supereroi a fare da argine e da anticorpi, ma chi difendono questi se non il potere e la sua ingiustizia che alimenta la malattia stessa? Nell’eterno scontro con Joker, Batman non potrà mai trionfare veramente, ne potrà mai toglierli il ghigno da pagliaccio, perché la verità in questo mondo è che Batman non è reale, solo il clown lo è.

Nella chiusura della trilogia, Nolan abbandona il virulento e maledetto Joker per concentrarsi sul più abbordabile Bane, ultima incarnazione, venefica sotto steroidi, delle forze anticapitaliste che minacciano l’occidente (vero leit motif della saga), che scavano come talpe cunicoli sotto la bella Gotham e che la faranno crollare isolandola dal resto del mondo come la Nord Corea. Come ovvio più che incarnare lo scontro politico americano tra Obama e Romney, il film è diretto come un treno contro i movimenti socialisti come Occupy Wall Street che chiedono voce, ma che hanno come Bane la museruola; giocando contro la loro debolezza fondamentale, cioè la loro mancanza di un reale programma politico, viene inoculata di nuovo come antidoto la dualità Wayne-Batman come ricetta alle disgrazie provocate dall’alta finanza, e allo spauracchio ritenuto puramente terroristico e suicida dei black-block-no-global. Così un Batman invecchiato e zoppicante compie la sua caduta e resurrezione per immolarsi in un sacrificio salvifico ma fasullo, per emanciparsi finalmente dal ruolo ingombrante di cavaliere oscuro e godersi finalmente la sua vita manco a dirlo, in Italia, tra le grazie della bella Catwoman.

In questo film la stesso costume sempre meno carismatico, viene quasi messo da parte per lasciare spazio a un Bruce Wayne in borghese che compie una vera propria dissociazione dal suo alter ego, uscendo simbolicamente dal pozzo della bat-caverna in cui da bambino era precipitato. Per Nolan, Batman può dirsi definitivamente morto e risolto, ma alla Warner già si pensa ad un nuovo reboot. Come dargli torto, quando nella cella più profonda dell’Arkham Asylum uno spettro si aggira ancora irrequieto; è il suo vero nemico misconosciuto e capitale, quello il cui nome è stato dimenticato, quello che gli pianterà alla fine della pre-istoria il paletto nel cuore e lo estinguerà attraverso la sua stessa autocoscienza. Chi è questo Dark Philosopher? Sciogli l’enigma pipistrello!