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“Divieti, recinti, limiti. Tante cose qui in Albania non ci sono. Cosa si respira qui prima di tutto è la libertà”. Si potrebbe riassumere in questa frase il libro di Rosita Ferrato “Albania. Sguardi di una reporter”. Edito da Lexis di Torino, il volume, 170 pagine, 18 euro il prezzo di copertina, è un vero e proprio inno a una nazione, ancora molto sconosciuta all’Europa occidentale. Ferrato la descrive con un pizzico d’ironia, ma anche tanto amore per una terra ancora poco addomesticata, quindi non costretta dalle regole. Ad esempio, i balconi senza ringhiera sono più di quelli terminati, in tutte le città. In auto non ci sono regole, se non quella di non farsi mai sorpassare. Dopo la caduta del regime di Enver Hoxha, nei centri urbani sono stati cambiati i nomi alle vie, e così non sono più un riferimento. Oggi, nessuno sa dov’è via Durazzo, dove c’è il tal hotel, ma tutti sanno che il tal hotel si trova vicino all’ufficio postale o al tal chiosco.

Un po’ guida turistica, un po’ romanzo delle curiosità, il libro di Ferrato descrive l’Albania contemporanea attraverso piccoli racconti di un suo viaggio, un vero trekking sociale tra i palazzi colorati di Tirana, lungo le strade sconnesse di montagna, sulle spiagge romantiche di Saranda.

Rosita Ferrato è un po’ una Sherazade che si sente costretta a raccontare ogni centimetro di questa terra affascinante, giocata tra Oriente e Occidente, affacciata sul mar Adriatico, ma anche molto montagna.

Gli albanesi?

Beh.. Gente creativa e fantasiosissima… a partire dalla sua guida, curiosamente tifoso del Toro. Dalle sue pagine, corredate anche da fotografie, vengono fuori antichi mestieri, come il lustrascarpe, il venditore di tè autarchico, che si beveva durante il comunismo, il venditore di scarpe usate, o i pesatori di essere umani, ovvero uomini con piccole bilance, quelle che da noi vengono tenute in bagno…

La sua Tirana ricorda un po’ la Istanbul di Sultanahmet, un gran bazar di confusione.

Ferrato cita gli scrittori Ismail Kadarè e Anilda Ibrahimi, ricorda “Lamerica”, toccante film di Amerio sulla massiccia emigrazione degli anni Novanta. Parla della musica contemporanea che ascoltano i giovani, del cibo e della moda… Le donne albanesi portano tutte il tacco alto e camminano con agilità anche sui pendii più martoriati…. Poi ci sono anche le “Vergini giurate”… donne venute dalle tradizioni del passato… donne vestite da uomini per sfuggire il matrimonio.

Qua e là c’è anche qualche pizzico di storia politica, sempre condita da aneddoti e curiosità. Ad esempio, le strade sono ancora poche perché il dittatore non le voleva per frenare eventuali invasioni. L’Albania di Ferrato più che nazione delle aquile è quella dei pipistrelli… Ce ne sono tanti perché possono nidificare e trovare riparo nelle migliaia di bunker fatti costruire sempre da Hoxha per combattere il nemico esterno. Oggi quei bunker, simbolo del potere comunista, oltre che ai pipistrelli, servono anche alle persone… Già, come cabine per cambiarsi dopo una giornata in spiaggia, o ancora come alcove per gli amori clandestini.

Sherazade termina il suo racconto invitata da una zingara, al bazar di Kruja, la città dell’eroe nazionale Skanderbeg. “Torna a casa da tuo marito”. “Un monito a non viaggiare da sola o una minaccia?”, si chiede l’autrice.