Giustizia e accoglienza per le persone che arrivano da lontano
Società

linea  36 Torino-Rivoli. Mi sto recando al lavoro.

Sono seduta tranquilla e penso alle mie cose, quando sento la voce del controllore richiamare bruscamente un passeggero chiedendogli il biglietto e i documenti. Lo vedo avvicinarsi timidamente. Molto probabilmente, quel passeggero stava viaggiando clandestino. è una cosa che fanno in molti. L’ho fatto anch’io qualche volta, nei momenti in cui non ho trovato il biglietto, consapevolissima del rischio che si corre.

Ma in questo caso, il passeggero in questione stava correndo dei rischi assai maggiori, perciò io,  prevedendo  l’intenzione del controllore, cioè  quella di chiedergli il permesso di soggiorno, ho cercato di far ragionare il controllore, dicendogli: – Guardi che il signore è appena salito!

Lui mi risponde: – Lei  stia zitta. Non faccia l’avvocato difensore

Cercando di mantenere la calma, gli rispondo: – Io non faccio l’avvocato difensore. Ma so che voi avete l’obbligo di fermare i migranti e chiedergli il permesso di soggiorno, come era quando era in vigore la legge Bossi-Fini.

Lui mi risponde: – Io sono qui per fare il controllore. Faccio il mio lavoro onestamente. Lei invece non è onesta!

A questo punto taccio, per non creare ancor più tensione.

Quindi il controllore intima al passeggero di scendere dall’autobus e scende anch’egli con lui.  Vedo dai finestrini il ragazzo alle prese con due controllori che tenta di giustificarsi. Allora mantenendo la calma scendo e mi avvicino a loro, senza parlare. Il controllore mi intima di allontanarmi dicendo che è una questione di privacy. E poi vedendo la mia ostinazione, mi chiede: – Ma lei chi è?

L’accusato gli dice: – Ma... perché... la signora mi ha visto....

Il controllore ancora rivolto a me insiste: - Lei chi è?

– Sono un’amica – gli rispondo

Lui mi intima ancora che per questioni di privacy devo andarmene. Mentre di al telefono col suo collega di mandare una pattuglia. Poi vedendo che io non mi muovo, intimando al suo collega  di mandare un’altra pattuglia perché “c’è qui una signora che si è intromessa...”

Non avendo strumenti a disposizione per controbattere alle sue minacce,  risalgo sull’autobus dietro le  intimazioni del controllore: – Ah, allora perché adesso se ne va?

Ecco, questa è la giustizia. E non si può neppure protestare educatamente perché loro hanno sempre e comunque il coltello dalla parte del manico.