Donne nella società rurale e industriale Stampa
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Scritto da Redazione   

 Nel piccolo appartamento di città, riecheggia una voce femminile “voglio andare a vivere in campagna. Quanta strada fisica e che evoluzione, ha comportato lo spostamento della famiglia agricola, in città. La cascina immersa nella campagna, gli animali, l’aria salubre. I bambini che giocano nell’erba, paffutelli, dalle guance bianche e rosse. La sera con il canto delle cicale e le lucciole. Visione paradisiaca! Purtroppo non rispecchia la realtà. Le cosiddette famiglie patriarcali con tanti bambini, i nonni, i suoceri, unica famiglia che gravita sulla donna e nei casi fortunati, sulle donne. Non esiste la lavatrice, i panni si lavano in grandi mastelli, fiume, se distante al vicino lavatoio; si fa il pane in casa, i cibi si cuociono su grandi stufe. Grandi camini per scaldare le stanze, piccoli scaldini sotto le coperte. I bambini nati a poca distanza, gli uni dagli altri, senza le scoperte attuali come gli omogeneizzati, pappe pronte, pannolini usa e getta. I nonni con patologie invalidanti, accuditi con profondo rispetto, portatori di esperienze di vita, gli abitanti della casa ascoltano i loro pareri e accettano i loro consigli.

La donna casalinga diventa infermiera per cure le malattie anche gravi che si posso contrarre a causa dell’ambiente freddo delle case rurali. Si preparano in casa i prodotti naturali quali decotti e tisane; si fanno bollire le siringhe in un pentolino non esistendo il monouso. A tutto questo si aggiungono la cura degli animali, l’orto e il terreno da coltivare. La donna si alza presto a raccogliere gli ortaggi, pomodori e la frutta. Ne fa marmellata, conserve e verdure da conservare in barattolo. Munge le mucche all’alba, prepara il burro e il formaggio; quando si abbatte il maiale, prepara cotechini e salsicce. Si vendono i prodotti della terra, per comprare una mucca o l’aratro. Le vecchie foto ritraggono le donne vestite con abiti lunghi e foulard in testa,giovani donne con rughe profonde e mani callose. Avvizzite a trenta anni, dimostrano il doppio degli anni, si lavano con l’acqua fredda raccolta nel pozzo e usano creme di bellezza preparate in casa. Per loro gli unici momenti di svago sono la festa del paese e la messa la domenica. Indossando il vestito “bello” ci si ritrova sul piazzale davanti la chiesta, momento di aggregazione, scambio di notizie e di sorrisi. Tutti attendono con trepidazione la festa del paese, le giostre, il ballo pubblico. Non solo divertimento, ma, in questo contesto le ragazze possono adocchiare un possibile marito e i ragazzi corteggiare una futura compagna di vita. Tutto questo sotto l’occhio vigile dei genitori, scrutatori silenziosi, in attesa degli eventi. Il ciclo ricomincia, soprattutto per le donne, tanti bambini e famiglie “allargate” non come quelle attuali. La grandine, il gelo, la siccità, mettono a repentaglio il raccolto e di conseguenza la sopravvivenza del nucleo famigliare.

Le fabbriche nate nelle città sono una tentazione, ma anche una possibilità di vita. Le donne si rimettono in gioco, spostano la famiglia, si adattano a case cosiddette di ringhiera, con bagno comune sul ballatoio, stanze umide, scrostate, piccole. Il cortile dove si stendono i panni, tra il riecheggiare delle grida dei bambini che giocano è un nuovo luogo di vita e di aggregazione. Certo non si respira più l’aria pulita della campagna ma lo smog delle ciminiere che offuscano il cielo e bisogna acquistare gli alimenti che in campagna si producevano e venivano vendute a sostegno della famiglia. Le donne assunte in fabbriche prive di sicurezza, con orari estenuanti, locali sporchi e privi di luce. Si lavora per pochi soldi. È vero, non vi sono i cambi repentini del tempo, che possono distruggere i raccolti, coltivati nei campi per mesi con tanta pazienza, ma non si vive meglio e i pochi soldi non danno la vita agiata, sognata per i propri figli. Manca il necessario. La donna, stretta in una morsa, sfruttata sul lavoro, e con gli obblighi materiali e morali verso la propria famiglia. A volte costretta ad accettare, che i propri figli vadano a lavorare in tenera età, in cantieri dove il pericolo incombe.

Quanta fatica, per arrivare ai giorni nostri, quante battaglie per acquisire dei diritti sociali, sul lavoro, in famiglia. Il diritto al voto, alla libertà personale, all’indipendenza. L’uguaglianza tra i sessi, la cosiddetta “parità”, difficile percorso ancora attuale. Le donne di oggi stressate, sempre con l’orologio in mano; con la paura della perdita del lavoro ed i figli pieni di pretese. La famiglia spesso relegata in un angolo, nei ritagli di tempo, di una lunga giornata di lavoro. Non lasciamo scappare le cose acquisite nel tempo, sono costate fatica e a volte la vita di tante Donne.