L’antifederalista
Società
Scritto da Mario Brusasco   
Anche per  le Regioni, divenuti forti 

centri di potere, le campagne elettorali
e la formazione del potere sono
una grave criticità irrisolta

Con la formazione di 20 amministrazioni regionali, il problema del modo con cui si forma il potere politico riguarda ormai anche questi potenti, costosi e disgregatori centri di potere, oltre a quello del parlamento centrale, da cui in una democrazia rappresentativa deriva il governo del Paese. Ebbene queste amministrazioni regionali,

con lo sciagurato  e costosissimo federalismo-iper regionalismo determinano una pericolosa e grave criticità,  prevalentemente per i costi delle campagne elettorali, procedure che hanno in sé, tutti i meccanismi per essere antimeritocratici, per favorire la corruzione, anche attraverso il voto di scambio, per il finanziamento delle spese di propaganda elettorale che devono ritornare ai finanziatori con cospicui interessi, ecc.

 

Il problema dei meccanismi di formazione del consenso e del conseguente potere politico nelle democrazie di tutto il mondo è uno dei tanti problemi irrisolti dei nostri tempi. Nel novero delle “democrazie” intendo qui i Paesi nei quali si svolgono elezioni politiche e amministrative, cioè dove i cittadini-elettori sono chiamati periodicamente a votare i loro rappresentanti alle assemblee elettive.

La premessa al mio discorso è semplice: la formazione del potere nei paesi democratici dipende da un consenso ottenuto mediante campagne elettorali che rispondono in misura crescente ad interessi privati. I contendenti sono sempre più finanziati da organismi di varia natura che “investono” sui candidati per ottenerne, a elezione avvenuta, dei vantaggi. Vantaggi che ovviamente nulla hanno a che vedere con le esigenze pubbliche, ma, incrementati in larga misura, beneficiano i promotori.

Veri confronti di idee e progetti si ritrovano poco nelle moderne campagne elettorali. Intendo confronti che mettano nella giusta ed imparziale luce gli interessi e le istanze della collettività e i legittimi diritti dei singoli. Un voto consapevole avrebbe bisogno di questo essenziale prerequisito. Invece le campagne elettorali sono sempre di più battaglie di soldi investiti in propaganda.

Si potrebbe obiettare che un popolo evoluto non si lascia influenzare, ma purtroppo non è così: con un bombardamento mediatico si ottengono molti consensi.

Tale fenomeno è riscontrabile sia a livello nazionale, sia a quello locale.

Le milionarie campagne elettorali americane, fatte di un vero e proprio bombardamento propagandistico ne sono un chiaro esempio, ma non di meno, in proporzione, le ingenti spese di un candidato ad esempio alle regionali italiane, durante una tornata elettorale amministrativa.

Con la prassi in uso, il potere politico e amministrativo si esercita sempre di più nel nome di clientele e loro affiliati, di interessi personali che coincidono frequentemente con atti criminali.

Finora si è cercato, quando si è cercato, di ovviare agli evidenti difetti di sistema sostanzialmente in tre modi:

1) finanziamenti pubblici alle formazioni politiche, talvolta anche cospicui come nel caso dei rimborsi elettorali ai partiti italiani;

2) obbligo di pubblicità per i soggetti finanziatori, con relativo ammontare (talvolta detraibile fiscalmente);

3) vincoli ai media per il rispetto di quote di presenza, che in varia forma garantiscano possibilità pari ai contendenti partiti o singoli candidati (in Italia si definisce in genere “par condicio”).

Il terzo punto, pur di difficile attuazione, ha dato qualche risultato, ma il tutto risulta vanificato nella maggior parte dei Paesi dalla insufficiente protezione garantita dai primi due.

Infatti, in presenza di finanziamenti pubblici, si continua a distorcere la imparziale formazione di giudizi di merito in materia di scelte elettorali e nulla vieta di ottenerne di aggiuntivi, cosa che squilibra nuovamente il sistema.

Per il secondo punto si osserva che la pubblicità dei soggetti finanziatori non ne riduce il potere condizionante.

La soluzione, ovviamente parziale, deve assolutamente partire da un presupposto totalmente diverso ed opposto, pena la miserevole fine di una reale democrazia rappresentativa.

Si deve agire sul fronte delle uscite, cioè le spese elettorali, e non tanto e non solo su quello delle entrate, cioè dei finanziamenti. E, un approccio rivoluzionario, che ha già trovato seguito in vari paesi ad esempio in Brasile, a livello di proposta.

Agire sulle uscite, cioè sulle spese elettorali, significa incanalare la campagna su binari obbligatori, tassativi ed esclusivi di informazione politica, inibendo ogni forma di propaganda. Si deve cioè istituire una campagna elettorale pubblica, sia per i partiti sia per i singoli candidati, con tempi e metodi e luoghi di rappresentazione precisamente fissati. Sui media e con documenti obbligatori di informazione ogni gruppo politico e ogni candidato esprime e propone le proprie opinioni, valutazioni, proposte. La campagna pubblica obbligatoria deve essere finanziata alla fonte da risorse pubbliche, senza discrezionalità di spesa da parte di alcuno. In tal modo, inoltre, quanto proposto resta in modo chiaro e intellegibile per lungo tempo dopo le elezioni, e consente un adeguato controllo di realizzazione. Senza che venga meno il principio costituzionale che il parlamentare eletto agisce senza vincolo di mandato, è ovvio che un programma è una posizione scritta in modo ufficiale, costituisce un vincolo rispetto a cambiamenti di posizione in corsa e inibisce operazioni di “scouting” o peggiori.

Va considerato con la massima attenzione che il costo delle campagne elettorali regionali  vale per 20 regioni, quindi le cifre diventano veramente cospicue e con la consueta ignominia e cecità politica da oltre 20 anni nessuno se ne è accorto e ne ha tenuto conto, se non fosse in modo indiretto in qualche inascoltata relazione annuale della Corte dei Conti.

Tutto quanto sopra presentato e proposto potrebbe ad un esame superficiale presentare  aspetti di utopia, ma con ciò ho voluto indicare un obiettivo di tendenza e raggiungibilissimo, ancorché nel breve-medio periodo, nonché fornire spunti di riflessione su quanto ritengo sia la verità. Con l’occasione della imminente possibile modifica della legge elettorale (v. porcellum) mi auguro si apra almeno un dibattito in merito.

La credibilità delle istituzioni passa attraverso un corretto e meritocratico processo di scelta dei partiti di legislatura e di governo. Gli attuali sistemi nei paesi occidentali hanno un difetto all’origine che impedisce questo processo. Ciò vale ormai per il parlamento ma, ahinoi, anche per le amministrazioni regionali.

Per la democrazia credo si tratti di un aspetto indispensabile e tassativamente prioritario. Per l’avvio di una rinnovata e vigorosa sensibilità verso la Nazione Umana Universale un passaggio obbligato.

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