La nottata è passata |
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Il presente intervento mensile su Conexión non è in forma di articolo comune, ma “in pillole”. Con l’occasione ricordo che Conexión deve considerarsi un periodico da collezione. Nel ribadire tutto quanto ho scritto nei precedenti interventi mensili, col titolo fisso di L’Antifederalista, inizio la breve serie di pillole.
Federalismo: tale forma statuale è presente in vari Paesi al mondo e anche in Italia, al tempo dell’unificazione, fu presa in considerazione come maggiore e possibile forma di unione. Ma imboccata la via regia dello Stato unitario, ancorché articolato in Comuni e Province, nonché con uffici e presidi civili e militari razionalmente decentrati, non si doveva modificare l’impostazione originale. Ne ho già esposto dettagliatamente le ragioni, nei numeri precedenti di Conexion. Ricordo solo che avvicinando tra loro i potenziali corrotti e corruttori, difficilmente si riesce a ridurre il malaffare. Regionalismo, anzi iperregionalismo: questa è la parola che ho scelto per rappresentare la forma di federalismo assunta dall’Italia dal 1945/46 con n. 4 regioni a statuto speciale, il Friuli - Venezia Giulia nel 1963 e con le 15 a statuto ordinario, varate nel 1970. Ora qualcuno, tentennante, comincia a dubitare della validità di tali scelte, nella misura e nei modi in cui sono state attuate. Ma dov’erano costoro nei decenni in cui avveniva tutto ciò? Come rimediare, ammesso che lo si voglia e si possa fare, a questo punto? Con il 2 ottobre – Giornata Mondiale della Nonviolenza – unitamente ad altra importante data, il primo gennaio – Giornata Mondiale della Pace –, si celebrano significativi eventi atti a risvegliare le coscienze per la miglior convivenza possibile fra esseri viventi. La pace è un bene preziosissimo, perché la guerra produce sofferenze gravissime. La concordia contribui-sce invece allo sviluppo spirituale e materiale del genere umano e ne favorisce l’ormai indispensabile confronto con le condizioni di vita sul pianeta, dato lo spaventoso potere distruttivo raggiunto delle armi e il deserto morale che la guerra porta con sé. Nell’Unione Europea, retta da trattati internazionali, vi sono 28 Stati: tra essi 17 aderiscono alla zona euro (18 dal 1° gennaio 2014, con l’adesione della Lettonia). Non sarà facile per questi Paesi, a moneta unica, avere nei prossimi anni parametri economici, patrimoniali e finanziari convergenti. Si deve considerare che essi hanno strutture radicalmente diverse, ad esempio nella politica dell’educazione e dell’istruzione, della ricerca scientifica, della tutela ambientale, della situazione del debito pubblico. Inoltre hanno un personale politico, coi loro adepti, ben disomogeneo. Un esame comparato riferito ad esempio al sistema scolastico tedesco svela, a mio parere, tante ragioni di difformità, molto più di tante analisi economiche. Cosa analoga accadrebbe, uscendo dall’ambito UE, se ci confrontassimo con quello cinese. Per concludere con la UE, le prossime elezioni per il Parlamento Europeo, di fine maggio 2014, saranno determinanti per il nostro futuro di italiani, di europei, di cittadini del mondo. Conciliazione civile e commerciale: dopo uno stop di oltre un anno, è stato reintrodotto nel nostro ordinamento giuridico l’obbligo di adire un Organismo di media conciliazione prima di procedere in giudizio in campo civile. La media conciliazione tende a promuovere un accordo tra le parti, con l’assistenza di avvocati e con l’ausilio di un mediatore professionale. Tale prassi se si riavvierà con successo e se si diffonderà, sgraverà i tribunali di centinaia di migliaia di cause pendenti e potrà rendere la Giustizia più rapida e meno costosa per i cittadini, sia direttamente, sia per i minori costi a carico dello Stato. Ricordo che una delle tante cause del declino economico in Italia è la lentezza delle procedure legali. Anche i potenziali investitori stranieri sono ben consci della situazione. Storia economica italiana: spesso ho notizia di sedicenti economisti che scrivono o pronunciano strafalcioni da bocciatura alle scuole elementari. Ad esempio, il boom economico italiano sarebbe secondo alcuni avvenuto a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, mentre i tassi di crescita e di stabilità monetaria più marcati, a livelli quasi cinesi, sono invece partiti dalla seconda metà del ’45 e durati in abbinamento fino ai primi anni ’60. Ricordo anche ad alcuni economisti da baraccone, che talvolta compaiono in talk show e giornali, che nel 1911, a solo mezzo secolo dall’Unità d’Italia, quest’ultima era l’ottava potenza economica nel mondo, posizione che dopo quasi sessanta anni di errori politici e amministrativi madornali stentiamo oggi a mantenere. Per il PIL pro-capite siamo ormai scivolati intorno al trentacinquesimo posto. Forse la formula “Più Mercato con più Stato”, che pare ben nota agli acuti ed esperti dirigenti cinesi, non è quell’ossìmoro che taluni pensano (per inciso, detta formula è parte di una modestissima opera satirica, a mio nome registrata SIAE da alcuni anni). La Cina, tra il resto, non mi pare toccata dalla mala pianta del giovanilismo, infestante le istituzioni di molti Paesi occidentali. Ogni provvedimento di spesa necessita della copertura finanziaria: il tormentone dell’abolizione del Province, al di là dei passaggi costituzionali, non avrebbe secondo me la copertura finanziaria, tanti sarebbero i costi per un simile stravolgimento istituzionale. Per adesso, pillole a viva passione credo di averne scritte a sufficienza, per i miei cinque lettori. Alla prossima puntata su Conexión, con una disamina dei principali indici economici, ambientali e sociali elaborati dai più qualificati centri studi! Tali indici e statistiche, se bene interpretati, ci aiutano a comprendere la realtà circostante e nel contempo possono orientare responsabilmente chi ha in mano le sorti dell’Uomo e di ciò di cui dispone sulla Terra. |