Il negazionismo
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Poco più di un anno fa, il 7 febbraio 2013 – non per caso pochi giorni dopo l’annuale Giornata della memoria della Shoah, che si commemora il 27 gennaio – nella sala conferenze del Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, dei Diritti e della Libertà di Torino veniva presentato il volume Il negazionismo. Storia di una menzogna di Claudio Vercelli. Con l’autore, hanno introdotto l’incontro Guido Vaglio, direttore del Museo Diffuso, Patrizia Zanetti in rappresentanza delle Biblioteche Civiche Torinesi e Alberto Sinigaglia, giornalista de “La Stampa” e presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte.

Claudio Vercelli, docente di Didattica della storia e ricercatore presso l’istituto “Gaetano Salvemini” di Torino, ha illustrato in una rapida ma densa panoramica il fenomeno del negazionismo, cioè il complesso insieme di idee, scritti, procedimenti mentali e presunte prove di coloro che ridimensionano, talvolta giungendo a negarne l’esistenza, la tragedia nazi-fascista della deportazione degli ebrei e di altre minoranze e della loro programmata eliminazione nei campi di sterminio.

«Negazionisti», paradossalmente, è un termine che questi scrittori e sedicenti storici rifiutano di applicare a se stessi, in quanto, per negare qualcosa, questo qualcosa deve essere avvenuto, mentre secondo loro, molti fatti legati alla Shoah non sono avvenuti affatto! Dal canto loro, essi si ritengono dei veri e propri storici, che portano avanti una nuova lettura dei grandi avvenimenti del XX secolo, perciò preferiscono essere definiti revisionisti; il problema è che gli storici revisionisti veri rivedono le interpretazioni storiografiche, non è che negano i fatti! Per esempio un revisionista vero è in Germania Ernst Nolte, per il quale il nazismo ascese sostanzialmente per contrastare il comunismo sovietico, ispirandosi, tra l’altro, proprio a quest’ultimo per progettare i lager, dato che i primi gulag furono aperti negli anni ’20 nella Russia sovietica; il problema è che l’approccio revisionista riduce il peso dello specifico del nazismo, che era l’ideologia razzista: nel programma nazista, l’Europa sarebbe stata dominata soltanto dai tedeschi, con gli slavi schiavizzati e gli ebrei scomparsi!

I nazisti stessi in un certo senso erano negazionisti: perché una delle prime cose che facevano era distruggere i registri anagrafici delle comunità ebraiche, cancellando le tracce delle persone mentre queste erano ancora in vita; dopo aver azzerato tutte le tracce della depredazione e della distruzione di intere comunità ebraiche e slave, probabilmente in futuro avrebbero detto che il delitto non c’era mai stato perché non erano mai esistite le vittime: in un certo senso “resettavano” la Storia.

La negazione della Shoah nasce in ambienti neonazisti e neofascisti e si diffonde, più tardi, anche nell’estrema sinistra francese; più recentemente, si è radicata soprattutto negli ambienti estremisti islamico-palestinesi, dove sono ricomparsi persino i Protocolli dei Saggi anziani di Sion, il famigerato documento falso prodotto tra il 1897 e il 1903 in Russia o a Parigi dall’ Okrana, la polizia segreta zarista, secondo cui in Svizzera si stava svolgendo un complotto ebraico per prendere potere sul mondo intero mediante il dominio sull’economia.

Michele Battini, professore dell’Università di Pisa, scrisse un libro sul solidarismo che sembra esserci tra i negazionisti, ma in realtà essi non sono affatto d’accordo tra loro, anche perché ognuno di loro si rifà a proprie letture; per esempio un negazionista canadese, Ernest Zundel, è anche un ufologo! Sembra allora che “dietro” l’attenzione al negazionismo ci sia anche il desiderio di attaccarsi a una realtà parallela, che permetta di evadere dalla situazione contemporanea, una visione che conforta chi si sente dalla parte migliore: i “bianchi”, i non ebrei, eccetera; non per caso l’operazione di “ripulitura” della nazione tedesca sotto il governo di Hitler, partì con l’eliminazione degli handicappati sia tedeschi sia stranieri (la famigerata «Operazione T-4», su cui ha scritto un libro l’autore ebreo francese Georges Ben Soussan). Ciò che veramente accomuna i negazionisti è che nessuno di loro auspica il confronto con gli storici, al contrario vogliono affermarsi soltanto mediante la negazione. Lo storico Pierre Vidal-Naquet, che a 14 anni perse i genitori deportati ad Auschwitz, scrisse che è possibile parlare del negazionismo ma è impossibile parlare con i negazionisti.

Come l’ideologia dei negazionisti, il nazismo stesso era spesso un disordine: per esempio i nazisti credevano che gli ebrei manovrassero allo stesso tempo il bolscevismo e il capitalismo occidentale. Ciò su cui focalizzava l’attenzione era il diverso-parassita, incarnato soprattutto dall’ebreo e poi dallo slavo, o dallo zingaro, che in sostanza “non sono del tutto umani come noi”; questa ‘sporcizia umana’ avrebbe dovuto essere messa ‘sotto il tappeto’ da parte dello Stato nazi-fascista con un’operazione di «igiene sociale» basata sul consenso provocato nella massa.

 Il libro LTI. Lingua Tertii Imperii (cioè «la lingua del Terzo Reich») di Viktor Klemperer, filologo ebreo tedesco, metteva in evidenza come la lingua manipolata permette di avere influsso sulla gente; i negazionisti lo fanno spesso, per esempio anziché il termine «deportazione» preferiscono usare «evacuazione», che sembra più neutro, non evoca il dramma delle famiglie strappate alla propria città – così come i nazisti, anziché contare le persone giunte al campo di sterminio in un tale giorno, contavano quanti fossero i «pezzi» (stucken).

Grazie poi all’intervento di una donna tra gli ascoltatori, che ha domandato all’autore come sia possibile per i negazionisti eludere la quantità e l’importanza dei documenti scritti e filmati testimonianti le atrocità dei nazisti, Claudio Vercelli ha illustrato, con un breve dialogo assolutamente improvvisato con l’ascoltatrice, che i negazionisti eliminano la questione delle testimonianze documentali semplicemente negando che siano autentiche:

«…Lei come si chiama?» - «Susanna» - «Ecco: un negazionista le direbbe: Lei non è Susanna, e basta!» - «E se io mostro la carta d’identità, che è solo mia?» - «Ma lo sanno tutti – direbbero i negazionisti – che è un falso, perché i documenti si possono falsificare!».  

Molti negazionisti sono francesi del secondo dopoguerra, ma secondo Claudio Vercelli si possono trovare anche radici precedenti la II guerra mondiale, per esempio una minoranza di accademici degli USA negli anni ’20 del Novecento riteneva che l’America avesse sbagliato, nel ventennio precedente, a non stare a fianco della Germania imperialista del Kaiser Guglielmo II; è paradossale ma furono presenti, proprio nella nazione che poi sconfisse il nazismo. Negazionisti “famosi” oggi sono per esempio l’inglese David Irving, il francese Robert Faurisson e il vescovo lefebvriano inglese Richard Williamson, le idee dei quali sono prese in esame nel libro di Vercelli.

Attualmente, con la diffusione di siti web antigiudaici, si è arrivati a pubblicare offese basate su giochi di parole come «olocash» (olocaust + cash) per accusare gli Ebrei di sfruttare a scopo di lucro quella che per gli antisemiti negazionisti è la “balla” della Shoah. L’aspetto più grave è che queste cose sono spesso supportate da affermazioni ripetute ossessivamente, che come ben si sa, a forza di essere sentite “diventano vere” (Hitler stesso, paradossalmente, aveva scritto nel Mein Kampf che «la stragrande maggioranza di una nazione può cadere facilmente vittima di una grande menzogna, piuttosto che di una piccola»). I negazionisti più intelligenti si servono dell’incertezza insinuata, con domande ripetute come «Ma è davvero così?!», per sostituire ciò che si è scoperto con ciò che loro hanno interesse a diffondere; quello a cui mirano è rompere i metodi di interpretazione (su questo aspetto ci sono gli studi di Valentina Pisanty dell’università di Bergamo), mediante la rimozione e il dubbio; e a questo proposito Claudio Vercelli ha citato il verso finale della poesia Elogio del dubbio di Bertolt Brecht: «Ben venga il dubbio, ma non all’infinito», commentando che, altrimenti, «l’eccessivo relativismo ci distrugge».

“Dietro” la negazione sistematica di aspetti, che purtroppo sono invece oggettivi, della Shoah, c’è l’antigiudaismo «assunto a metodo interpretativo»; viene sfruttato – per esempio da parte dell’attuale governo dell’Ungheria, che è neofascista – legandolo alla presenza ebraica, anche un aspetto contemporaneo e reale, cioè la difficoltà oggettiva di fronteggiare una finanza «senza volto», transnazionale.

A questo proposito, in conclusione, Alberto Sinigaglia ha espresso che oggi, complice la crisi economica che costringe a licenziare lavoratori dipendenti, anche nell’ambito dell’informazione soprattutto i giovani rischiano di finire ad essere “servi” di qualche manipolatore ideologico «molto più inconsapevolmente di quanto non lo fossero giornalisti affermati come Emilio Fede o Augusto Minzolini». Il negazionismo, perciò, è una delle menzogne che minacciano non soltanto il popolo ebraico, ma chiunque abbia il senso della verità.

(Per una bibliografia a cura di Claudio Vercelli, sul e del negazionismo: www.comune.torino.it/cultura/biblioteche/ricerche_cataloghi/pdf/bibliografie/negazionismo.pdf).

[[Claudio Vercelli, Il negazionismo. Storia di una menzogna, Roma-Bari, Laterza, 2013, pp. XI + 216]