Mingioranza
Diritti violati
Scritto da Giuliano Sberna   

Solo pochi giorni fa ho visto l’invito di una partito a partecipare a un’iniziativa in favore dei migranti che recitava: “Immigrati: ora basta! Ripuliamo l’Italia dai pregiudizi!

La strada per i diritti dei migranti nel nostro paese è ancora lunga. Una riforma del diritto di cittadinanza che preveda che anche i bambini nati in Italia da genitori stranieri regolari possano essere cittadini italiani e una nuova norma che garantisca il diritto al voto amministrativo agli stranieri regolarmente presenti in Italia da cinque anni. Le due proposte di legge d’iniziativa popolare della campagna nazionale L’ITALIA SONO ANCH’IO sono solo il primo passo.”

E ho avvertito disagio, disorientamento, fastidio. E mi sono chiesto: starò diventando razzista pure io? Il grasso della panza mi sta arrivando al cervello? O semplicemente ho dimenticato di fami il vaccino antinfluenzale quest’anno???
E questa cosa mi ha rimbalzato nel cervello – c’è parecchio posto vuoto lì per farlo – per giorni fino a quando ho capito di essere arrabbiato, molto arrabbiato: evviva le minoranze ed urrà urrà alle iniziative che le sostengono. è bello sentire menzionare le donne musulmane piuttosto che i bambini di Chernobyl e sapere che ci si raggruppa per trovare soluzioni che allevino i loro disagi... Ma della maggioranza… chi caspita se ne occupa???
Chi ha difeso i piccoli investitori della Parmalat? Chi difende i Campani (e anche noi) dalla diossina? Chi difende gli agricoltori dalle speculazioni finanziarie? Chi garantisce per gli investimenti e le grandi opere? Chi difende le nostre scelte di coscienza? Il diritto allo studio? Chi ci difende dalle speculazioni bancarie? E da quelle sanitarie? Chi ci garantisce che i vaccini infantili siano davvero utili alla salute dei nostri figli e non esclusivamente alle tasche degli investitori? Chi difende i poteri dello stato l’uno dall’altro? Chi ristabilisce il concetto di lecito ed illecito???
Negli anni ottanta chiunque fosse coinvolto in un’associazione politica solidale o di sinistra, non poteva prescindere da questa convinzione: “La democrazia si fonda sul rispetto delle minoranze” e le iniziative in difesa delle categorie minoritarie erano all’ordine del giorno. Gli immigrati (oggi migranti), i neri (oggi di colore), i palestinesi (oggi abitanti della west bank o Cisgiordani), i disoccupati, i tossicodipendenti, le donne, i Curdi, i Berberi ecc...
Sono passati più di vent’anni dalla nascita di questa tradizione pluralista e democratica ed insieme agli anni sono passate migliaia di cosce e di tette in televisione, accompagnate spesso dai medesimi presentatori; più di venti liquefazioni del sangue di San Gennaro. Abbiamo avuto più di quaranta occasioni di acquistare abbigliamento firmato in svendita e abbiamo assistito alla costruzione di migliaia di supermercati e ipermercati. Più di venti volte ci è stato consigliato di bere molta acqua d’estate e di mangiare insalata dopo le festività natalizie. Abbiamo assistito a un numero illimitato di promesse di una riforma del lavoro, della giustizia del precariato. Sono passate in onda sui nostri teleschermi una decina di telenovele sulle forze dell’ordine, quelle buone, e una trentina di festival di Sanremo i cui i vincitori si sapevano prima dell’inidell’inizio dell’evento stesso. E nel frattempo abbiamo continuato ad ascoltare e ad assistere a manifestazioni pro questa o quella minoranza e contro una maggioranza dispotica e liberticida.
Io sono italianissimo (papà ternano e mamma agrigentina); sono laureato quasi nei tempi; ho un master; sono praticamente ariano (esteticamente); ho la fedina penale intonsa; non ho né debiti né multe; pago le tasse; sono eterosessuale (più che altro etero); non ho difetti fisici all’infuori della già citata panza; ho fatto il militare… Non rappresento nessuna minoranza, anzi, sono un perfetto rappresentante della maggioranza (e su questo non c’è dubbio). Che culo.
E in quanto tale, precario da sempre! A quarant’anni vivo con un Co.Co.Pro da mille euro al mese, rinnovato di anno in anno. La mia ditta mi manda a lavorare per una ditta più grande, molto più grande, ed io non so mai a chi devo chiedere le ferie o a chi devo mandare il certificato di malattia: alla ditta piccola o alla grande? I sindacati che passano di tanto in tanto nel mio ufficio, un grande ufficio, si preoccupano giustamente di diritti acquisiti in passato dai lavoratori e ora messi in discussione a causa del passaggio da un marchio piccolo a uno grande… parliamo di alcune ore di permesso, di ritocchi al salario, di bonus aziendali… dei dipendenti. Quando entrano in ufficio chiedono degli “interni”, i dipendenti, ignorano gli altri: quelli che di ore di permesso non ne hanno, non hanno ritocchi al salario, e gli unici bonus che conoscono sono quelli del flipper quando se lo possono permettere. Scopro, perciò, che il sindacato qui si comporta un po’ come il medico che si dedica solo ai malati lievi, ignorando quelli che stanno per morire!!!
E quando la grande ditta ne avrà abbastanza di me perché preferisce girare il mio lavoro all’estero, la ditta piccola che farà? Forse chiuderà per aprire con un altro nome scrollandosi di dosso qualunque responsabilità. Tutto legale, tutto approvato dalla maggioranza, che subisce ed approva nello stesso tempo.
E pensare che sono dovuto migrare per ottenere questo trattamento di favore, perché da dove vengo io – Terni – fino a qualche anno fa si trovavano solo posti da 500 euro al mese, se facevi parte della minoranza dei raccomandati, mentre oggi non guadagni più nulla: anzi più ti muovi – chiedi, spedisci, telefoni, ti organizzi in modo autonomo – e più spendi; il ritorno è nullo, se sei fortunato, perché se invece fai parte della minoranza, che lavora, rischi anche che da un giorno all’altro ti veda arrivare la lettera di licenziamento perché la tua ditta ha fallito, chiuso, strozzata dai debiti e dall’impossibilità del credito. Perverso, no? Eppure legale, tutto approvato dalla maggioranza, che subisce e approva nello stesso tempo.
E quando mi sono trovato senza impiego e ho provato a cercare lavoro… apriti cielo! Cosa mi è stato proposto di fare… anzi, cosa non mi è stato proposto!!! Ricordo molto vividamente l’incontro per selezionare commerciali per la vendita di libri d’arte. Fu in un noto albergo di Torino, dove un distinto signore ci ha illustrato i preziosi volumi che avremmo dovuto tentare di vendere, non si sa a chi visto il prezzo di 4.000 euro. Oppure l’altro colloquio per fare l’addetto alle vendite di una nota catena di bricolage in cui mi è stato chiesto quali fossero tre miei difetti e tre pregi e, per finire, quale fosse il mio sogno nel cassetto… mi aspettavo che mi chiedessero anche di pormi una domanda e darmi una risposta… “piano piano, poco poco, come piace a noi”.
Mi chiedo ancora oggi, che non ho smesso di farlo, a cosa serva mandare i curricula online visto che ne mando quattro o cinque al giorno e in quattro anni ho fatto tre colloqui e nessuno mi ha portato a un contratto. Che servano di più alle agenzie interinali online per accumulare utenti e poterseli “rivendere” in quanto banca dati? Ma qualcuno le controllerà queste inserzioni, no? C’è la polizia postale per questo; ma quando c’è da controllare chi prende per il culo il consumatore disoccupato – la maggioranza – purtroppo è già impegnata ad arrestare un ragazzotto che ha voglia di dimenticarsi di tutta questa merda per 5 minuti – una minoranza tra i giovani – comprandosi un po’ di salvia divinorum olandese.
E per finire, signori della maggioranza, provate pure a candidarvi per cercare di scrivere su un giornale, quotidiano, settimanale, mensile online, cartaceo, freepress o di qualunque altra fattezza. Il settore è in crisi, ovviamente, e non consente il pagamento dei collaboratori. Però li attira lo stesso, con il miraggio del tesserino dell’ordine, spauracchio della libera professione e strumento di coercizione e ricatto. I soldi non ci sono, nell’editoria, ma il lavoro quello sì, ma non per tutti. Non tutti sono idonei a lavorare gratis e per tentare di ottenere questo famoso tesserino bisogna essere portatori di determinate caratteristiche professionali e personali prima che di titoli e motivazioni. Nella mia ultima esperienza ho provato a collaborare con un giornale online “Il trillo del diavolo” ricevendo la seguente proposta:

“Ciao,
ti riepilogo qui di seguito l’accordo economico che proponiamo a tutti i collaboratori, invitandoti a rispondere con i tuoi dati per fatturazione o nota (posso preparare io la nota se vuoi):
– forfait di 100 euro netti per 10-12 pezzi (se sono tutte interviste e pezzi originali, anche meno)
– 3-5 comunicati “girati” valgono un pezzo.
I pezzi del Trillo, se di interesse valdostano, possono essere ripresi e/o linkati sulle altre testate.”


La redazione, poi, mi ha richiesto a più riprese di modificare i miei pezzi; in un caso (il secondo articolo) me lo ha fatto stravolgere completamente. In un’altra occasione (la terza) mi ha inviato in tribunale per fare un pezzo su un arresto avendo l’arroganza di richiedermi anche degli sms per anticipare i dati più importanti: peccato che in tribunale neanche mi hanno fatto entrare e quando gliel’ho fatto notare si sono pure piccati e mi hanno dato il benservito.
Quindi di motivazione e capacità per diventare pubblicista non se ne parla… bisogna essere assolutamente sprovvisti di senso critico, essere incapaci di provare amore per se stessi, avere tanta tanta tanta tanta pazienza ed essere pronti al martirio se va bene per 8 euro ad articolo, e se va male ti devi anche pagare la ritenuta d’acconto, per due anni, dopodiché porte aperte alla disoccupazione. Ma questo l’ordine dei giornalisti non lo sa e comunque è tutto legale, tutto approvato dalla maggioranza, che subisce e approva nello stesso tempo.
Con Kikapress, agenzia fotogiornalistica di Milano, invece ho collaborato per un paio di mesi inviando qualche decina di servizi fotografici. Mi hanno fatto aspettare quasi tre mesi per mandarmi l’estratto conto del venduto, solo dopo essermi lamentato via fax con il direttore dell’agenzia, giustificandosi con l’assenza della contabile e con la scarsa qualità di alcune delle mie foto. Suppongo quindi che quelle brutte non siano riuscite a venderle, oppure non erano così brutte, e che abbiano venduto quelle belle: sapete a quanto le hanno date via? Alcune a 3 euro ed altre a 4, lordi s’intende! Per un totale di circa 100 euro… in due mesi…
E allora mi chiedo quali garanzie mi siano rimaste, a me rappresentante della maggioranza, e mi torna il senso di pessimismo e fastidio, amaro di fiele in bocca, disorientamento, confusione e rabbia nello stomaco, e non so più da che parte sono… Maggioranza, minoranza, immigrato o autoctono, ariano o negro, nazionalista o globalista, uno, nessuno o centomila.