Valle di Susa “SI TAV, NO TAV” Stampa
Articoli - Diritti violati
l pullman sfreccia sulla statale, i miei occhi si posano sulle verdi vallate, le mucche al pascolo, i greggi sulle pendici dei monti, i cavalli liberi nel prato. In lontananza un treno procede verso i piccoli paesetti della Valle. La “Valle di Susa”. E già, un treno. Mi vengono in mente, i vecchi film dove i treni a vapore avvolgono
in una fitta nube i passeggeri. Il treno mette allegria, si sventolano i fazzoletti per salutare chi parte. Nel tempo, i vecchi mezzi di locomozione hanno ceduto il passo a bolidi sempre più moderni. I lunghi viaggi estenuanti si sono ridotti a poche ore. Ma il treno può creare scompiglio provocare lotte, tafferugli, dissensi.

La Valle di Susa, vissuta nell’ombra, nominata per via delle stazioni sciistiche o per i giochi olimpici, dagli anni ’90 sale alla ribalta dei telegiornali nazionali: il governo italiano ha deciso di realizzare un treno ad alta velocità comunemente conosciuto come TAV. La linea ferroviaria dovrebbe unire Torino a Lione passando attraverso la Valle di Susa. La parte più importante del tracciato, in termini di dibattito e anche economici, sarebbe un tunnel di oltre 50 km fra Susa (Italia) e Maurienne (Francia). In maniera minore coinvolgerebbe altre località d’Italia (Mugello, Genova, Alessandria, Firenze, Brennero ecc.) e altri paesi europei. Nascono movimenti contrari alla realizzazione dell’opera (NO TAV) e a favore (SI TAV). il movimento NO TAV non ha una vera e propria data d’inizio, nasce spontaneamente in seguito ai primi dibattiti pubblici, nei primi anni novanta, coinvolgendo gente della valle e non solo. La prima grande manifestazione risale al 2 marzo 1995 a Sant’Ambrogio di Torino, successivamente grandi cortei, il 31 maggio 2003 da Borgone a Bussoleno, il 4 giugno 2005 da Susa a Venaus, il 5 novembre 2005 una fiaccolata da Susa a Mompantero. Alla fine dell’ottobre 2005 le autorità decisero di sistemare una trivella nel territorio di Mompantero per fare i primi sondaggi del terreno. Per l’esproprio dei terreni si rese necessario l’intervento delle forze dell’ordine, a causa dell’opposizione del movimento NO TAV. Dal 1995 ad oggi non si contano le manifestazioni, i blocchi dell’autostrada e le statali che portano alla valle, un presidio permanente a Chiomonte in località Maddalena, area utilizzata per realizzare un tunnel di base. Il movimento ha cercato con tutti i mezzi di bloccare l’inizio dei lavori e il sondaggio del terreno, da parte di ditte autorizzate, impedendo all’Italia di raggiungere i requisiti necessari per ottenere i finanziamenti europei, termine proposto 30 giugno 2011. Gli attivisti del movimento sono stati denunciati per interruzione di servizio pubblico, vi sono state violenze da parte di manifestanti e polizia e arresti. Un manifestante, Luca Abbà, è caduto da un traliccio il 27 febbraio 2012 dopo essere stato folgorato, riportando gravi lesioni.

Ma tutto questo, perché? Quali sono gli argomenti portati dal movimento “NO TAV”? Un’opera costosa e non necessaria a migliorare la qualità dei trasporti fra la Francia e l’Italia, spinta da soggetti interessati unicamente alla possibilità di realizzare ingenti profitti. La linea attuale (ferrovia del Frejus) è sottoutilizzata e il suo potenziamento, in parte già effettuato dal 2011, comporta costi minori rispetto alla realizzazione di una nuova doppia linea. Le montagne che, in base ai progetti, dovranno essere attraversate per decine di chilometri da gallerie, sono note per la presenza di amianto e uranio. Durante i lavori potrebbero diffondersi fino alla periferia della vicina Torino, a causa dei trasporti, e dei forti venti caratteristici della valle. La rea-
lizzazione del tunnel di base prevede il drenaggio da 60 a 125 metri cubi d’acqua, dalle falde sotterranee, con il rischio di causare importanti dissesti idrici nelle zone limitrofe, come è già avvenuto per il tunnel del Mugello. La valle perderebbe terreni agricoli, sostentamento per molte famiglie e animali d’allevamento. Terreni e case espropriate forzatamente e pagate poco. Famiglie che portano avanti questa attività, da generazioni vedono crollare il loro futuro. L’osservatorio governativo prevede un enorme aumento dei traffici con la Francia, via strada ed ancora di più via ferroviaria. La linea attuale è adeguata al trasporto di container di ogni sagoma. L’opera rientrerebbe all’interno delle politiche di esportazione di capitale produttivo e di importazione di merci a basso costo, favorendo la delocalizzazione delle aziende in aree geografiche dove il costo del lavoro è inferiore, non solo portando all’estero posti di lavoro, ma, grazie all’effetto competitivo dei salari, potrebbe portare ad una notevole diminuzione dei salari  italiani ed europei. Non abbiamo affrontato l’argomento costo dell’opera, che si aggira complessivamente sui 10 miliardi, se si realizza tutto insieme il tratto internazionale e quello nazionale, compresa la stazione di Susa e il nuovo scalo merci di Orbassano. L’Europa finanzierebbe l’opera per il 40%, il resto è a carico dell’Italia e, se calcoliamo che il governo Monti ha stanziato 2,9 miliardi nel 2011, manca oggi la copertura finanziaria dell’ottanta per cento. Nella situazione attuale reperire le somme necessarie non sarà impresa facile. L’opera a causa dell’elevato costo, tenendo conto dei possibili rincari, e dei 10 anni di attuazione, sarebbe economicamente fallimentare, con gravi ripercussioni sulla finanza pubblica, senza contare, inoltre, il drastico calo del traffico attuale.

E le argomentazioni del SI quali sono? La sua realizzazione è indispensabile ed urgente, il tunnel Frejus vecchio di 150 anni è ormai in disuso e sempre meno utilizzato e quindi i transiti ferroviari crescono in Svizzera e in Austria e crollano sul Frejus. Il tunnel non consente l’incrocio di due treni moderni, per il trasporto delle merci, a causa delle pendenze superiori al 33% e treni merci possono raggiungere al massimo 750 metri di lunghezza con un peso di 1050 tonnellate. I nuovi tunnel hanno pendenze inferiori al 10%, portano convogli lunghi mille metri che pesano 1600 tonnellate. Attualmente una tonnellata portata attraverso il Frejus costa il 50% in più rispetto ad una tonnellata trasportata attraverso la Svizzera e l’Austria. La mobilità di passeggeri e merci sull’arco alpino, non ha smesso di crescere ed è più che raddoppiata negli ultimi 30 anni. Trasferire le merci da gomma a ferro è la scelta ambientale di tutte le politiche europee. Infatti una tonnellata di merce trasportata con un treno moderno produce meno di un quinto della Co2 prodotta dal trasporto sulla strada e costa la metà. Senza infrastrutture adeguate è impossibile fare questa scelta, oggi meno del 10% delle merci per la Francia viaggia in ferrovia. La ferrovia è anche la scelta più economica  per trasportare merci, l’aumento del costo del carburante e le politiche europee che penalizzano il trasporto, inquinante, su gomma, porta gli operatori a scegliere quello su rotaia. La nuova linea consentirà al sistema economico italiano e piemontese, di migliorare la propria competitività. La logistica italiana pesa per il 73% contro una media europea del 60%. Uno svantaggio che la nuova infrastruttura ridurrà significativamente. La nuova linea permetterà di riservare la linea storica ed il passante ferroviario ai pendolari e a tutti i cittadini migliorando in modo notevole il trasporto pubblico locale. I cantieri costituiranno una grande opportunità per lo sviluppo dell’attività economica del Piemonte. Più di 2000 persone saranno impegnate per 10 anni e almeno 4000 indirettamente. Il costo del progetto consente di realizzare il tunnel di base e le stazioni di Susa e Saint Jean de Maurienne, con tre miliardi di euro. Costa meno della Treviglio-Brescia (4,1 miliardi) ed è compensato da gli enormi benefici economici ed ambientali prodotti.

Aldilà delle posizioni personali, un paese democratico lascia al popolo la possibilità di scegliere; un progetto va esposto, prima di qualsiasi decisione, non imposto con la forza, magari con un referendum.