I primi calci a un pallone |
Ritorno alle origini |
Scritto da Roberto Toso |
Fin da bambino ho sempre avuto la curiosità di scoprire chi aveva inventato il calcio, la palla e le regole del gioco. Non avrei mai immaginato che questo gioco avesse origini così antiche e motivazioni così diverse per cui veniva praticato. Siete curiosi? Venite con me in questo entusiasmante viaggio nel tempo.
Ammetto di essere rimasto stupito di trovare le prime tracce del calcio così indietro nel tempo, nell’antica Cina. Ho fatto scorrere le lancette dell’orologio fi no al 2600 a.C. Il termine per defi nire il gioco era “tsu-chu” (palla colpita con il piede) dove “chu” indica una palla creata con la vescica di animale gonfi ata o riempita di capelli femminili e “tsu” piede. L’imperatore Xeng Ti costringeva i propri soldati a praticare questo gioco come addestramento militare che consisteva, oltre a prendere possesso della palla, nel lanciarla in un cerchio fi ssato a 30 metri di altezza. Lo stesso gioco in Giappone prese il nome di “kemari”; era praticato essenzialmente dalle classi più abbienti dell’epoca e aveva modalità diverse rispetto a quelle della Cina. Veniva giocato da due squadre di otto uomini ciascuna, con l’utilizzo delle mani e dei piedi, e lo spazio di gioco era delimitato da quattro alberi di tipo diverso quali il pino, il ciliegio, il mandorlo e il salice. Cercando di scoprire se in Europa ed in Italia esistessero tracce del gioco del calcio in tempi remoti, il mio viaggio nel tempo mi ha portato nell’antica Grecia e nell’antica Roma. I greci chiamarono questo gioco Sferomachia e i Romani Harpastum; consisteva in un corpo a corpo, ricco di scontri e zuff e, dove i partecipanti si contendevano la palla. Assistere a una simile partita era una spettacolo che può ricordare il rugby giocato ancora oggi. Qualcuno però prese l’eredità del gioco romano e lo portò fi no ai giorni nostri: furono i fi orentini che lo chiamarono “Calcio in livrea” per via delle sontuose livree che indossavano, durante il gioco, i nobili cittadini che vi partecipavano. Il gioco era aperto a tutti gli uomini in un’età compresa tra i 18 e i 45 anni prestanti fi sicamente e di ottima fama (ad es. Piero de Medici, fi glio di Lorenzo il Magnifi co) e veniva giocato in piazze quali Santo Spirito, Santa Maria Novella e Santa Croce. Il fatto che le partite venissero giocate nelle piazze cittadine faceva sì che il campo non avesse dimensioni fi sse ma prendesse quelle del luogo di gioco. Prima dell’inizio dell’incontro le squadre entrano in campo al ritmo dei tamburi, secondo l’etichetta militare in vigore nel XVI secolo. Dopo la presentazione delle squadre, l’Araldo della Signoria annuncia la partita leggendo la “Grida”: immediatamente dopo lo stesso Araldo darà l’autorizzazione al Maestro di Campo, prima vera autorità del calcio storico, ad iniziare l’incontro. Con il lancio del pallone da parte del Pallaio sulla linea centrale del campo ha inizio la partita. Lo scopo dei calcianti è quello d’insaccare il pallone nelle rete avversaria, realizzando così la “caccia”. A complicare questo vero e proprio mix tra calcio e rugby c’è la possibilità di avvantaggiare l’avversario nel tentativo di segnare una caccia a proprio favore. I tiri verso la rete avversaria devono, infatti, essere fatti con moltissima precisione poiché una deviazione fortuita di un avversario così come il lancio del pallone sopra la rete rivale comporta la segnatura di mezza caccia a favore della squadra nemica. Ogni marcatura comporta il cambio di campo da parte delle due compagini. A tenere sotto controllo il gioco vi è il Giudice Arbitro assistito da due guardalinee e dal Giudice Commissario che segue il gioco da bordo campo. Anche da questi piccoli particolari si può notare la notevolissima somiglianza con il gioco del calcio che, con molte probabilità, prima di trasmigrare sulle rive del Tamigi per essere defi nito così come oggi noi lo conosciamo, ha vissuto la sua infanzia a Firenze. Ad aiutare il Maestro di Campo nel mantenimento dell’ordine sul terreno di gioco ci sono i Capitani delle due squadre. Al termine delle ostilità la squadra vincitrice dello scontro riceve dallo stesso Maestro di Campo una vitella di razza Chinina ed il Palio. In seguito alla consegna, così come sono entrate in campo, le due squadre e tutte le autorità del gioco escono dal terreno di gioco affi ancati dai Bandierai degli Uffi zi. La storia ricorda numerose partite giocate in Piazza Santo Spirito, in Piazza Santa Maria Novella ed in Piazza Santa Croce, ove tutt’ora si svolgono. A metà campo è posta una linea bianca che divide in due parti uguali il terreno di gioco: alle due estremità vi sono delle reti sostenute da palizzate poste per tutta la lunghezza del lato corto del campo. Al centro della rete vi è la tenda del Capitano e l’Alfi ere della squadra. La durata di una partita è di 50 minuti. A contendersi la vittoria ci sono due squadre composte da 27 calcianti per parte: 4 Datori Indietro assimilabili ai moderni portieri, 3 Datori Innanzi che sono i difensori, 5 Sconciatori ad agire a centrocampo e 15 Innanzi o Corridori che ricoprono il ruolo di veri e propri attaccanti. Il Calcio Fiorentino veniva giocato, oltre che nel periodo del Carnevale, anche nelle più svariate ricorrenze o particolari avvenimenti. Il Calcio in Livrea continuò così a svolgersi senza interruzioni addirittura fi no al Settecento quando le partite, almeno quelle “organizzate”, caddero in completo disuso. L’ultima gara uffi ciale si svolse nel gennaio del 1739 in Piazza Santa Croce: dopo questa il secolare gioco fi nì del tutto, almeno come pubblica manifestazione di spettacolo organizzato. A cavallo fra il XIX ed il XX secolo si giocarono due partite: furono però soltanto delle manifestazioni rievocative che non ebbero alcun seguito. Si arrivò quindi al maggio 1930, quarto centenario dell’assedio di Firenze e della morte di Francesco Ferrucci, perché la storica manifestazione riprendesse con rinnovato vigore ed entusiasmo. Attualmente il Calcio Storico Fiorentino, rappresenta più di un’aff ascinante e spettacolare manifestazione a livello mondiale. È una grande rievocazione storica che anima una tradizione locale contribuendo a tenere vivo ed in fermento, anche in clima moderno, il carattere fi ero della città, conservando una parte della tradizione di Firenze contro le inevitabili ingiurie del tempo, degli uomini e dei mutati costumi. Dal 1930, salvo il periodo bellico, si svolgono puntualmente fra le secolari mura cittadine le sfi de fra i giocatori (calcianti) dei quattro Quartieri storici di Firenze: i Bianchi di Santo Spirito, gli Azzurri di Santa Croce, i Rossi di Santa Maria Novella e i Verdi di San Giovanni, nell’incomparabile scenario di Piazza Santa Croce. Tre (due eliminatorie e la fi nale) sono le partite che si svolgono nel mese di giugno in occasione degli annuali festeggiamenti del Santo Patrono, e vogliono idealmente ricollegarsi a quella famosa del 1530, disputata dai fi orentini nel corso di un assedio. |