Il bambino con il pigiama a righe |
Cinema |
Regia di Mark Hermann Berlino seconda guerra mondiale. Un’ambientazione diffi cile per raccontare una storia che non sia una critica a due temi sempre attuali: la guerra e lo sterminio di un popolo. Il regista, Mark Hermann, riesce a raccontare una storia, mostrando la durezza di un ambiente apparentemente senza umanità, attraverso le azioni di due bambini e la loro innocenza. La storia non nasce dalla mente del regista ma dalla fantasia dello scrittore irlandese John Boyne che affronta l’argomento in maniera fantastica. Hermann con cambia una virgola di questa ambientazione facendo crescere sulla scena le emozioni contrapposte dei protagonisti. La Berlino ottusa e ultranazionalista si racconta nella vita di una famiglia che, dalle consuetudini della città simbolo del nazismo, si trasferisce in una località isolata di campagna. Bruno, fi glio dell’uffi ciale nazista, si ritrova solo e senza amici con cui giocare. La noia che prova nella nuova casa, lo spinge a varcare la porta che lo conduce nel giardino, contro il volere della madre, l’attrice Vera Farmiga. Nel suo girovagare Bruno si imbatte in quella che defi nisce la “fattoria” dove vede, al di là del fi lo spinato, Schmuel un bambino ebreo in “pigiama”. Nasce così un’amicizia che non conosce le ragioni degli adulti e supera i condizionamenti di un’educazione razzista; in Bruno, che ha solo 8 anni, nascono i primi dubbi sugli insegnamenti del padre e la sua stima per lui nel corso del fi lm svanirà, a causa della dolorosa esperienza trasmessagli dal suo nuovo amico. La malvagità umana, percepibile in tutto il film, appartiene agli adulti e non tocca l’amicizia dei due bambini; solo la madre di Bruno, quando scopre, cosa avviene nella fattoria, si trova divisa tra l’amore per il marito e l’orrore del massacro degli ebrei all’interno del campo di concentramento. Il finale è tragico quanto inaspettato tanto da scuotere, i protagonisti, ognuno responsabile di ciò avverrà. |