Ministero dell'Interno condannato per discriminazione
Comunicati stampa
Scritto da Convergenza delle Culture   

Il Tribunale di Milano, sezione lavoro, con decisione emessa il giorno 13 luglio ha accolto il ricorso proposto da CGIL MILANO, CISL MILANO, UIL MILANO, NAGA, APN, ARCI MILANO e COMUNITA’ NUOVA ONLUS, insieme ad un lavoratore tunisino, contro il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Milano.

Il Giudice ha riconosciuto il carattere discriminatorio del comportamento tenuto dal Ministero e consistente nell’aver impedito a migliaia di stranieri di completare la procedura di “sanatoria” a causa della pregressa condanna per il reato di cui all’art 14 c. 5 ter d.lgs 286/98 (il reato commesso da chi non rispetta l’ordine del questore di abbandonare il territorio nazionale, reato che la Corte di Giustizia Europea ha cancellato in quanto contrario al diritto comunitario).
Per il giudice il comportamento del Ministero è discriminatorio “in quanto impedisce allo straniero di pervenire ad una condizione di parità cui avrebbe diritto […] Il rifiuto di ammettere alla regolarizzazione uno straniero che invece ne abbia diritto è pertanto analogo al caso in cui allo straniero venga negato l’accesso ad uno o più beni che gli spetterebbero in virtù del principio di parità”.
Si conclude così, con una condanna per discriminazione, la complessa vicenda che ha visto il Ministero dell’Interno soccombere prima davanti alla Corte di Giustizia, poi avanti il Consiglio di Stato ed ora anche davanti al Giudice del lavoro: a ulteriore conferma di quanto siano errate e contrarie al diritto alcune scelte del governo in materia di immigrazione.
Secondo il Tribunale, dal comportamento discriminatorio può anche discendere il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, che spetterà qualora lo straniero sia in grado di dimostrare di aver perso il lavoro originario o di non averne potuto reperire un altro a causa del comportamento discriminatorio del Ministero.
Il Giudice non ha invece potuto affrontare, in quanto sorta dopo l’inizio della causa, la questione oggi più complessa per le famiglie italiane ed i lavoratori stranieri: secondo il Ministero infatti le procedure di sanatoria illegittimamente archiviate potrebbero essere riattivate soltanto mediante una domanda non del lavoratore o di un nuovo datore di lavoro, ma del datore di lavoro che nel 2009 aveva iniziato la procedura di sanatoria e che oggi invece ben potrebbe non essere più interessato al rapporto di lavoro. Migliaia di stranieri rischiano pertanto ancora di restare ingiustamente in condizione di irregolarità causata da quegli stessi errori del Ministero che il Tribunale oggi ha censurato. Su questi casi le associazioni continueranno a promuovere tutte le azioni necessarie per tutelare pienamente i diritti di tutti i lavoratori interessati.