Il museo di arti decorative “Accorsi” Stampa
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di Angela Vaccina

C’era una volta la città dell’industria “Torino” rinomata in tutto il mondo per questa sua qualità, ma come le favole il regno svanisce in una bolla di sapone. Dalle ceneri sorge e si sviluppa una città diversa, l’arte e la cultura, il turismo prendono vita.

Gente di ogni luogo gira per le nostre strade, scoprendo angoli suggestivi, spesse volte sconosciuti perfino ai torinesi.

La Mole Antonelliana ospita il Museo del Cinema, interminabili code indicano il grande interesse che questo documento sprigiona. Se si pensa a Torino, non si può dimenticare il Museo Egizio, secondo in ordine d’importanza a quello del Cario, il Palazzo Reale, ricco di storia e delle gesta dei Savoia

Nella nostra città vi sono musei di grande rilevanza e famosi, e altri poco conosciuti, ma, non per questo meno belli.  Mi riferisco in particolare al museo Accorsi, o Museo di Arti Decorative, un piccolo portone di via Po 55 quasi limitrofo a Piazza Vittorio. Prende il nome dall’antiquario Accorsi, nato a Torino il 25 ottobre 1891, il padre, un semplice portinaio, il figlio autodidatta, trascorre il suo tempo libero  nei musei o nelle botteghe degli antiquari. La sua storia inizia all’età di diciotto anni, grazie ad un prestito comincia la sua febbrile ricerca di oggetti di prestigio. A vent’anni già famoso e apprezzato comincia ad comprare pezzo dopo pezzo il palazzo della sua gioventù per farne il fulcro della sua attività. In settant’anni di lavoro Accorsi a recuperato opere d’arte smembrate e disperse ed è stato fidato consulente di collezionisti, mercanti e istituzioni di ogni nazionalità. 

Nel 1935 Accorsi, dietro mandato dell’Ente e del Museo di Palazzo Madama di Torino e con l’appoggio dell’allora Principe di Piemonte, Umberto di Savoia, acquista la Collezione Trivulzio. La notizia viene diffusa dai giornali provocando addirittura l’interessamento di Mussolini, che ingiunge all’antiquario di non spostare la raccolta da Milano. Accorsi acconsente chiedendo per la città di Torino, come risarcimento per la rescissione del contratto, il “Ritratto d’uomo” di Antonello da Messina e la seconda parte della “Très belles heures” del duca di Berry, mimate da Jan Van Eyek, opere che ora fanno parte del museo civico di Torino. Dopo la sua morte è stata costituita la fondazione “Pietro Accorsi”, mentre il Museo è nato nel 1999, presidente Giulio Ometto, grande collaboratore di Pietro Accorsi. In origine il palazzo di via Po si chiamava “Domus Padi”, casa di Po, appartinne per 150 anni ai padri Antoniani. Dopo la distruzione in epoca napoleonica della chiesa, la proprietà passò all’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Nel 1956 acquistò l’edificio, trasformandolo nella sua galleria, ma nel contempo tenendo un piano come sua abitazione. è un meraviglioso scrigno consacrato alle arti decorative ed è strutturato come un’elegante dimora nobiliare: 26 sale ospitano centinaia di oggetti d’arredo e dipinti, di mobili. Cristalli di Baccarat, argenti e tabaccherie, tra cui spuntano la monumentale caffetteria piemontese della metà del settecento, realizzata per la famiglia del Carretto e tabacchiera in oro e diamanti, appartenuta a Vittorio Emanuele II. Sale dedicate a maioliche e porcellane, la sala da pranzo, il salotto della musica, la cucina alle cui pareti è esposta una rara raccolta di rami, il salone Luigi XVI, il salone Piffetti, la sala più rappresentativa del Settecento Piemontese, la sala più rappresentativa del Settecento Piemontese tanto amato da Accorsi, con il cassettone con ribalta firmato nel 1738 da Pietro Piffetti e il ritratto di Carlo Emanuele III. La camera da letto Bandera, il salottino Luigi XV, la camera da letto di Accorsi in cui si trovano gli oggetti a lui più cari, come il letto lucchese proveniente da villa garzoni a Collodi, un dipinto di Francois, un dipinto di François Boucher, pittore di corte di Luigi XV e due stipi di Pietro Piffetti con intarsiate scene di tornitura dell’avorio, la camera da letto veneziana caratterizzata invece da una serie di mobili dipinti che costituiscono una delle più importanti raccolte di arredi lagunari fuori dal Veneto. 

La sala da pranzo è caratterizzata da un rivestimento alle pareti di carta dipinta a cineserie provenienti dalla Cina e il salotto di Cristian Dior, appartenuto all’omonimo stilista francese, costituito da pannelli dorati e smerigliati, degno contenitore per il meraviglioso cassettone del Piffetti. La sala dei servizi di porcellana, tra cui spicca quello di Frankenthal composto di 150 pezzi. 

Come precedentemente accennato, numerosi mobili rappresentano un vero e proprio vanto per la collezione Accorsi, in particolare “sul doppio corpo” considerato dalla critica internazionale” il mobile più bello del mondo, un’opera imponente del 1738 di Pietro Piffetti, famoso ebanista ed intarsiatore. Commissionato per un matrimonio, con simboli quali lo svettante Cupido armato di arco e frecce, il sole e la luna su fondo azzurro, Apollo e Diana raffiguranti in tenuta o ambiente di caccia, o Diana dormiente accanto a una ninfa e ai suoi cani. Intarsi in avorio, madreperla e tartaruga, scene tradotte  in gran parte da celebri incisioni del cinquecento e seicento. Motivi decorativi floreali o paesaggi marini deliziosi uccellini. Numerosi orologi di varie forme e dimensioni posati sulle mensole delle sale, o da tavolo impreziositi dai fiori di porcellana; da muro in bianco dorato. Lampadari in porcellana bianca, in bianco dorato con parti dipinte di blu. Dipinti del Cinquecento e del Seicento raffigurano santi, la madonna con il bambino, ritratti di nobildonne settecentesche, pastori e pastorelle circondati da un paesaggio lussureggiante una scultura lignea fiamminga di fine quattrocento, ad oggetti che riguardano il nostro passato e la nostra storia, nobili e popolane si godono in un unico paesaggio e l’immaginazione vola. 

Quando quella porta di chiude, si torna alla vita frenetica al rumore del nostro centro cittadino, per qualche ora di silenzio ci ha avvolto, carico di pensieri e di tranquillità.