Come e perché comunichiamo
Lingue & Culture
Scritto da Silvia Licata   

Il concetto di comunicazione e le varie lingue esistenti sono due argomenti strettamente connessi fra loro. Il termine “comunicare” deriva dal latino communicare, avente in realtà un signifi cato diverso rispetto a ciò che si intende comunemente. Vuol dire, infatti, “riferire”, e quindi “rendere comuni” delle informazioni.
In linguistica, tale senso si è reso più specifico e circoscritto, ossia l’elemento per cui sia possibile avere un atto di comunicazione è l’intenzionalità. Ciò signifi ca che l’emittente, cioè chi trasferisce l’informazione, si comporta necessariamente in un modo invece che in un altro con lo scopo di trasmetterla a colui che la riceve, il quale, a sua volta, ne percepirà l’intenzionalità. Diversamente, siamo di fronte a un mero passaggio di informazione. Ma quali sono i sistemi attraverso cui è possibile trasferire intenzionalmente delle informazioni? Primo fra tutti il linguaggio verbale umano, dopodiché i nostri gesti, i linguaggi animali, infi ne i sistemi di comunicazione artifi ciali, come per esempio la segnaletica stradale. Il linguaggio verbale umano sarà, fra tutti, il nostro campo di indagine, in quanto anello di congiunzione fra l’atto del comunicare e le lingue storico-naturali.
Le origini del linguaggio si perdono lungo l’asse del tempo. I primi “comunicatori”, l’Homo habilis e l’Homo erectus, vissero 3 milioni di anni fa. Dopodichè, lo sviluppo di questa loro capacità si è potuta realizzare fino ai giorni nostri in conseguenza del grado culturale raggiunto. Ovvero, più presso un essere umano il linguaggio è evoluto, più egli possiede un grado elevato di cultura.
Fisicamente il linguaggio si esplicita espirando aria dai polmoni verso bronchi, trachea, laringe e, infi ne, corde vocali. Queste ultime, in base alla loro tensione e vicinanza o lontananza fra loro, producono suoni differenti, perfezionati con l’intervento di altri organi, quali naso, palato, denti, labbra. Questo è ciò che succede foneticamente, ma il linguaggio verbale umano ha anche sviluppato una forma scritta come sua diretta rappresentazione, benché esistano tuttora caratteristiche vocali non trasferibili allo scritto, come per esempio il tono della voce. Proprio perché la forma scritta si è sviluppata molto dopo rispetto alla capacità del parlare (siamo intorno a 5000 anni fa a.C., considerando che non si è comunque ancora in presenza di una scrittura ma di rappresentazioni grafi che e pittogrammi), si dice che il linguaggio verbale umano possieda una proprietà fi logenetica. Esiste inoltre anche una sua proprietà ontogenetica, ossia ogni essere umano impara per prima e in modo spontaneo a parlare, mentre la capacità di scrivere interviene in un secondo momento e solo dopo addestramento. È inoltre possibile notare che non tutti gli esseri umani sanno scrivere, così come, mentre tutte le lingue aventi forma scritta ne possiedono anche una orale, non è vero il contrario (pensiamo ad esempio a molti idiomi africani). E quanto quotidianamente si parla molto più di quanto si scriva? La comunicazione orale ha pertanto sempre la priorità rispetto allo scritto, visto come forma complementare e sostitutiva.
La comunicazione si esplicita attraverso l’uso di lingue, ovvero lingue storico-naturali. Secondo voi, quante potrebbero esisterne? Non esiste un’unica risposta, in quanto ogni linguista ha seguito la propria defi nizione di lingua. Per alcuni, quindi, ve ne sarebbero grosso modo 2200, per altri all’incirca il doppio, per altri ancora 12000. Queste differenze si spiegano perché idiomi che si assomigliano per molti studiosi sono solo varianti di una sola lingua, perciò il numero delle lingue decresce. Per altri, invece, ogni parlata è a tutti gli eff etti una lingua a sé e, quindi, il loro numero aumenta. Proprio l’Italia costituisce, da questo punto di vista, un esempio signifi cativo. La sua lingua uffi ciale è l’italiano, ma siamo coscienti del fatto che siano presenti sul suo territorio minoranze etniche parlanti albanese, catalano, francese, provenzale, franco-provenzale, greco, ladino, rom, sloveno, tedesco. Su ciò però non c’è nulla da dire, poiché si tratta di parlate riconosciute come lingue. Questo non è tuttavia possibile per i dialetti parlati in Italia, i quali non hanno mai ricevuto, se non il sardo, alcun riconoscimento linguistico ufficiale, sebbene, considerando la difformità e l’indipendenza culturale rispetto all’italiano, potrebbero essere considerati lingue a pieno titolo. Essendo considerati dialetti, invece, costituiscono semplici varietà dell’italiano.
Come è possibile riconoscere una lingua e classificarla? Esistono varie metodologie. La più nota e anche la più antica consiste nell’analisi genetica. Prendendo in considerazione il “DNA” di ogni lingua, cioè lessico, fonetica e morfologia, se ne può rintracciare non solo il genitore e il progenitore, ma costruire anche la sua parentela linguistica, ovvero i rapporti intercorrenti fra loro. I primi studi in merito vennero compiuti sulla materia lessicale a partire dal 1700 in Europa, ma nel 1816, lo studioso Franz Bopp confrontò fra loro i sistemi morfologici delle lingue europee, scoprendone una notevole affi nità. Nel 1860 il botanico August Schleicher, trasferendo le sue competenze scientifi che negli studi di glottologia e linguistica, creò la Stammbaumtheorie = teoria dell’albero genealogico, valida tuttora. Si tratta della rappresentazione di un albero, il cui tronco è l’indoeuropeo, protolingua madre di molte lingue, i rami principali le sue famiglie linguistiche derivate, e i piccoli rami ad essi attaccati le singole lingue. Si trattò di un grande passo avanti, in quanto fi no ad allora vi era stato un equivoco. Il sanscrito, punto di partenza per gli studi di glottologia indoeuropea, era stato considerato come lingua madre originaria di moltissime lingue, mentre in realtà, altro non è anch’esso che una lingua derivata da una protolingua allora ancora sconosciuta, definita in seguito indoeuropeo e localizzata fra India, Pakistan e Iran. Gli antichi abitanti di quelle zone presero a spostarsi verso l’Europa disperdendosi per il continente e dando vita, nel corso di millenni, a molte delle lingue oggi esistenti.
L’indoeuropeo è una lingua ricostruita artificialmente, ovvero non esistono documenti che la attestino. Stabilendone l’esistenza, fu individuato per prima il gruppo delle lingue neo-latine o romanze, comprendente le lingue derivanti dal latino: lingue italo-romanze (italiano, sardo), lingue gallo-romanze (francese, provenzale, franco-provenzale), lingue ibero- romanze (spagnolo e portoghese), lingue balcano-romanze (rumeno, moldavo), lingue reto-romanze (ladino). Il catalano all’interno del gruppo neo-latino è stato classifi cato con diffi coltà, perché per alcuni è una lingua galloromanza, per altri è ibero-romanza.
In seguito vennero individuati gli altri gruppi: 1) lingue italiche (osco, umbro, parlate sabelliche); 2) lingue germaniche, derivate dal proto-germanico, di cui non esistono attestazioni e che si distinguono in: germaniche orientali (gotico, poi suddiviso in ostrogoto e visigoto), germaniche settentrionali (islandese, eroico, norvegese, danese, svedese), germaniche occidentali (inglese, frisone, tedesco, yiddisch, nederlandese distinto in olandese e fi ammingo, afrikaans); 3) lingue slave, derivate dal protoslavo, di cui non esistono attestazioni e che si distinguono in: slave orientali (russo, ucraino o piccolo russo, bielorusso o russo bianco), slave occidentali (ceco, slovacco, polacco, serbolusaziano, casciubo, slavo elbano), slave meridionali (macedone, sloveno, serbo, croato, bosniaco, bulgaro); 4) lingue baltiche (lettone e lituano); 5) lingue celtiche: gallico e celtico insulare, distinto in gaelico (irlandese, mannese, scozzese) e britannico (britannico propriamente detto, ormai estinto, gallese, cornovagliese, bretone); 6) lingue indo-iraniche, suddivise in indiano (sanscrito, pāli, hindi, urdu, bengali, cingalese, indossano) e iranico (persiano, curdo, farsi); 7) tocario, ormai estinto, suddiviso in A e B, scoperto in Cina nel 1908 da studiosi europei; 8) zittito, antica lingua dell’Impero hittita, vissuto in Asia Minore; 9) albanese, distinto in ghego a nord e tosco a sud; 10) greco; 11) armeno 12) lingue rom.
Come è possibile notare, nella nostra analisi non abbiamo compreso anche le seguenti lingue europee: basco, estone, finlandese, ungherese. Non si tratta infatti di lingue indoeuropee. In particolare, il basco, chiamato anche euskarial, è una lingua asiatica, di origini montane. Estone, finlandese e ungherese sono ugro-finniche.
E tutte le altre lingue del globo? Non rientrando nella grande famiglia indoeuropea, sono state analizzate separatamente e distinte come segue: 1) lingue uralo-altaiche, comprendenti quelle ugro-finniche (sopra menzionate) e quelle altaiche (turco, tataro, cosacco, mongolo, tunguso, giapponese, coreano); 2) lingue caucasiche: avaro, abcaso, ceceno, turkmeno, kirghiso, georgiano, azerbaigiano; 3) lingue dravidiche: tamil, telugu, kannada, malayam; 4) lingue sino-tibetane; cinese, tibetano, birmano, miao; 5) lingue paleosiberiane; ciukcio, camciadalo, coriaco; 6) lingue austroasiatiche; khmer, vietnamita; 7) lingue thai: tailandese, laotiano; 8) lingue autronesiane: indonesiano, malese, pilipino, locano, sundanese, giavanese, malgascio, samoano, tongano, fi giano, maori, motu, hawaiano; 8) lingue australiane: varie lingue pappane e neoguineane; 9) lingue semitiche: aramaico, arabo, ebraico, maltese, amarico, tigrino; 10) lingue cuscitiche: somalo, galla, hausa, kabilo, lingue berbere; 11) lingue niger-cordofaniane: bantu (swahili, zulu, lingala, kikongo, shona, ruanda), yoruba, ewe, igbo, mossi, fulfulde, bambara; 12) lingue khoisan o ottentottoboscimane; 13) lingue amerindiane distinte in settentrionali (inuit, navaho, cree, cherokee, dakota, lakota, hopi, azteco, maya, zapoteco) e meridionali (quechua, guarnì, aymarà).
Questi sono tutti i gruppi già isolati, in realtà, come già detto, esistono anche i dialetti e inoltre le parlate creole, cioè idiomi nati dalla mescolanza di lingue fra loro molto differenti. Ai giorni nostri si sono anche verificate miscele sulla base di inglese esportato, come franglais (francese + inglese), singlish (cingalese + inglese), spanglish (spagnolo + inglese).
Altre lingue, come l’esperanto, non sono state qui esaminate, in quanto artificiali e non storico-naturali.
Gli altri tipi di analisi linguistica, come la morfologica o quella dei costituenti, sono più moderne e non hanno a che fare con la glottologia e quindi con la nascita e lo sviluppo della comunicazione in quanto tale, pur essendo sicuramente molto utili per comprendere e analizzare meglio una lingua, pertanto non sono stati qui considerati.
È poi possibile procedere alla ricostruzione del percorso di ogni singola lingua menzionata, ma si tratta di un’analisi immensa e molto specifi ca che richiede altri spazi, e che, quindi, rimandiamo eventualmente ad altri incontri.