Slavo, che passione
Lingue & Culture
Scritto da Silvia Licata   

Da un po’ di tempo, troppo tempo ormai per me, gli eventi della vita mi hanno purtroppo allontanata dal mio amore eterno, quello per il quale mi sono sacrificata lungamente pur ricompensandomi con grandi soddisfazioni e dandomi la forza e il coraggio di resistere anche nei momenti più difficili, come quello attuale, nonché la capacità di riuscire a guardare oltre il presente, superando la grigia cortina immaginaria metafora delle avversità dell’esistenza. Per poi accorgermi, invece, che gli stessi eventi che mi hanno portata via da ciò che più amo, sono anche quelli che, seppur diversamente, mi ci hanno ricondotta come per magia.
Il mio amore eterno è l’essenza di me stessa, ovvero le lingue. E ho capito di averle riconquistate, o forse di non averle in realtà mai veramente perse, quando, tutta impolverata e intenta come di consueto a spazzare al freddo dell’inverno il piazzale di carico e scarico di un’azienda, un omone alto e sorridente, mi ha offerto un caffè al distributore automatico. Era un autista, con il quale, improvvisamente e inspiegabilmente, mi sono trovata a parlare del suo mondo, non quello dei camion, bensì quello slavo, che è anche un po’ il mio mondo, perché, inevitabilmente, quando ci si riferisce a un’area culturale, si sottintende anche a una determinata area linguistica. Il mio interlocutore di quella conversazione, come di tante altre successive, dispensatore di preziose informazioni linguistiche, è Gynan, un autista bulgaro. No, io non parlo bulgaro, Gynan parla benissimo l’italiano, ma quando gli parlo in russo, è fantastico vedere come lui mi capisca perfettamente. Ed è stato così che abbiamo iniziato a discutere delle lingue slave, di ciò che le accomuna e di ciò che le differenzia. Ciò che più mi ha colpita di queste nostre conversazioni, al di là della pura e semplice informazione di natura linguistica, è stata la consapevolezza di Gynan del suo essere slavo e di parlare una lingua slava.
Ma chi sono gli slavi? Cosa vuol dire essere slavo?
Il termine "slavo" deriva dal latino "slavus". I Romani erano soliti indicare con questa parola i servi schiavi appartenenti a etnie non ben identificate, ma che sembra siano gli antenati degli slavi occidentali, i cui nomi propri terminavano con la desinenza "-slav"/ "-slava". Dopodiché, i Romani identificarono l’essere "slavus", cioè l’appartenere a quella particolare stirpe, con l’essere "sclavus", ovvero schiavo, fino a che il termine "slavo" venne trasferito a tutte le popolazioni slave indistintamente.
Gli antichi Slavi erano originari della zona compresa fra Bielorussia, Polonia ed Ucraina, e durante il corso della loro storia ebbero modo di venire in contatto con altre popolazioni, quali Finni, Lituani, Germani settentrionali, Unni, Sarmati, Tartari, Sciti, Chazari, Pecenegi, occupando anche man mano altri territori. Parlavano una lingua indoeuropea, denominata protoslavo, antenato dello slavo comune, che dette origine a vari dialetti slavi, i quali, ebbero modo di differenziarsi ancora maggiormente soprattutto considerata la distanza geografica tra una zona di insediamento e l’altra, fino ad arrivare alle lingue slave odierne, suddivise dai linguisti in tre famiglie linguistiche appartenenti all’indoeuropeo: 1) gruppo orientale 2) gruppo occidentale 3) gruppo meridionale. Il gruppo orientale comprende russo, ucraino o piccolo russo, bierolorusso o russo bianco, ruteno. Il gruppo occidentale comprende ceco, slovacco, polacco, serbolusaziano, casciubo, polabico e slovinzio. Il gruppo meridionale comprende bulgaro, serbo, croato, bosniaco, sloveno, macedone.
In realtà, le lingue slave, rispetto alle altre lingue indoeuropee, possiedono la particolarità di potere essere distinte anche rispetto ad un altro criterio, ovvero la scrittura alfabetica. Quando si pensa al mondo e alla scrittura slavi, è inevitabile pensare all’alfabeto cirillico. Si tratta, però, di una imprecisione. In effetti, non è vero che tutte le lingue slave utilizzano il cirillico, e, d’altra parte, non tutte le lingue che utilizzano il cirillico sono lingue slave.
Sia nell’uno come nell’altro caso, c’è una ragione storica.
Nel primo, le lingue slave che utilizzano il cirillico sono il russo, l’ucraino, il bielorusso, il ruteno, il bulgaro, il serbo, il macedone, mentre il ceco, lo slovacco, il serbolusaziano, il casciubo, il polabico, lo slovinzio, il croato e lo sloveno si servono del latino. Il bosniaco invece utilizza sia l’alfabeto cirillico che quello latino. Questa dicotomia all’interno delle lingue slave è dovuta ad una questione storica, culturale e religiosa. Le lingue che utilizzano il cirillico appartengono a popolazioni di religione ortodossa o appartenenti originariamente all’Impero bizantino. Le lingue che utilizzano l’alfabeto latino appartengono a popolazioni di religione cattolica.
Nel secondo, le lingue non appartenenti alla famiglia linguistica slava che utilizzano il cirillico sono l’abkhazo, il gagauz, il baškiro, il chirghiso, il ciuvascio, il kazako, l’uzbeko, l’osseto, il tagiko, il mongolo, il calmucco. La ragione di ciò sta nel fatto che tutte queste lingue, ad eccezione del mongolo, sono appartenenti a repubbliche indipendenti dell’ex-Unione Sovietica, che, come tali, sotto il controllo dell’ex-governo centrale potevano servirsi solo di quell’alfabeto, se non addirittura utilizzare solo la lingua russa. Attualmente, dopo il crollo dell’ex-Unione Sovietica, riconquistata dalle singole repubbliche una propria identità culturale, non è stato sempre ben chiaro quale sistema di scrittura utilizzare, accettando da una parte l’eredità sovietica, e dall’altra aprendosi alla possibilità di utilizzare anche altri alfabeti, come quello latino, per gettarsi alle spalle il peso del passato e acquistare modernità, o come quello arabo, per rispettare l’originaria tradizione culturale locale non slava ma orientale. Nel caso del mongolo, invece, pur non avendo la Mongolia mai fatto parte dell’ex-Unione Sovietica, è importante ricordare che essa a suo tempo è stata invasa dai russi e che il suo destino si è per la maggior parte del tempo intrecciato con quello dell’impero russo se non altro per ragioni di vicinanza geografica.
Ma che cos’è esattamente l’alfabeto cirillico? Tradizionalmente la sua creazione viene attribuita ai monaci Cirillo e Metodio. In realtà, si tratta di un’imprecisione. I due monaci, fratelli ed evangelizzatori degli Slavi, originari di Salonicco (Grecia), diventati santi della Chiesa cattolica e patroni di tutti gli slavi odierni, crearono l’alfabeto glagolitico, che poi, successivamente, con il contributo dei loro discepoli, si evolse in alfabeto cirillico, più semplice rispetto al glagolitico e più prossimo all’alfabeto greco, dal momento che la prima lingua slava ad adottarlo fu l’antico bulgaro. Dopodiché, dalla Bulgaria, prossima geograficamente alla Grecia, il cirillico si diffuse anche più a nord raggiungendo gli altri territori slavi.
E non è finita qui. Se si pensa che il cirillico corrisponda ad un unico sistema di scrittura, è un errore. Ogni lingua che l’adotta ha seguito una sua propria linea ed è stata soggetta a riforme statali differenti. Inoltre bisogna considerare che foneticamente ogni lingua è diversa dall’altra. Questo ha fatto sì che in alcuni alfabeti possano mancare dei segni oppure essercene in quantità maggiore, come può succedere che un segno abbia un valore fonetico diverso da una lingua all’altra. Per fare un esempio, in russo sono mancanti i segni і, ї, ґ, є presenti invece in ucraino, oppure i segni љ, ј, ђ, њ, џ presenti in serbo. Inoltre, ad esempio, г si pronuncia allo stesso modo in russo e serbo ma diversamente in ucraino. In russo sono presenti i segni ё, ы assenti in bulgaro. Infine, uno stesso segno viene anche rappresentato con delle leggere diversità nelle varie lingue e ciò può accadere sia in stampatello che in corsivo.
Le lingue slave che invece si servono dell’alfabeto latino, possedendo suoni non rappresentati in alcun modo da questo sistema di scrittura, integrano i suoni mancanti con segni diacritici sopra, sotto o dentro i caratteri (č, ć, Đ, ŗ, š, ł).
Come si è visto, non sono state presi in considerazione albanese, moldavo, rumeno e ungherese, che, essendo geograficamente lingue appartenenti a paesi dell’est europeo, spesso vengono erroneamente considerate come lingue slave. In realtà si tratta di isole linguistiche. L’albanese è una lingua indoeuropea non rientrante in alcun gruppo, ha origini illiriche. Il rumeno è una lingua indoeuropea neolatina come pure il moldavo, variazione dialettale locale del rumeno. L’ungherese è una lingua non indoeuropea ugro-finnica.
Le lingue slave possiedono al loro interno numerose altre tipologie di classificazioni e differenziazioni, fatte sia su base grammaticale (ad esempio il numero di casi) che fonetica (ad esempio l’accento, l’opposizione o/a, il fenomeno jakan’e/ekan’e/ikan’e/akan’e), ma ciò rende molto complicata la nostra discussione sull’argomento, e, sicuramente, Gynan mi perdonerà per l’omissione.