Il sesto principio |
Scritto da Luisa Ramasso | |||
“Se persegui il piacere, ti incateni alla sofferenza. Ma se non danneggi la tua salute, godi senza A prima vista questo principio risulta scioccante perché si pensa che esso affermi: “Godi, anche quando danneggi gli altri, giacché l’unico freno al godimento è dato dalla tua salute personale”. Il principio non afferma questo. In realtà, esso non solo spiega che è assurdo danneggiare la propria salute con piaceri esagerati o decisamente nocivi, ma fa notare che la negazione pregiudiziale del piacere produce sofferenza e che l’esercizio del piacere con problemi di coscienza è anch’esso dannoso. In sintesi, l’idea principale è quella non di non perseguire il piacere, ma di esercitarlo quando si presenta, giacché la ricerca dell’oggetto piacevole, quando esso non è presente, o la sua negazione, quando esso appare, sono sempre accompagnate da sofferenza. Per esempio, se Tizio ama i cioccolatini non deve, cercarli in maniera spasmodica, per soddisfare la sua fame, ma non deve nemmeno rifiutare un cioccolatino da Caio, perché il cioccolato fa male. Questo principio, come gli altri, non va considerato separatamente dall’insieme, né essere interpretato in opposizione agli altri. Infatti un altro principio dice “quando tratti gli altri come vorresti essere trattato, ti liberi”. Il senso cambia quando viene praticato l’insieme dei principi e non un solo principio. Torniamo ora al sesto principio: un vecchio saggio regala ai suoi discepoli, per evitare loro alcuni piccoli problemi, un dolce magico che pur se mangiato a volontà non diminuiva, se però lo si mangiava un’unica volta al giorno. Un discepolo assaggiò il dolce e si meravigliò dello squisito sapore. Ma come fu sazio, cominciò ad immaginare la porzione del giorno successivo. Così di giorno in giorno la sua ossessione andava crescendo. La situazione era intollerabile finché il discepolo vi pose termine, mangiando una porzione tale da soddisfare il desiderio fino alla razione successiva. Ma tutto finì con un’indigestione così grande che quasi morì. Per ricordare il fatto, sulla facciata del monastero fu collocata una lapide con su scritto: Soffre colui che cerca e colui che desidera conservare. Un secondo discepolo, considerando l’accaduto, non assaggiò il dolce, anche se moriva dalla voglia di farlo. Era stato detto che il piacere portava al dolore e perciò per non soffrire bisognava non godere. Una cosa conduceva all’altra, come provava l’esperienza. Tuttavia accadde che, giorno dopo giorno, l’asceta immaginava montagne di dolci senza poterne assaggiare neanche un boccone. A volte, dormendo, dolci enormi popolavano i suoi sogni ed egli si svegliava di soprassalto come se l’avesse morso una di quelle grandi formiche chiamate “solitarie”. Un giorno per evitare che la sofferenza crescesse sempre di più, assaggiò il dolce, ma con questo tradì le sue convinzioni e la sua ossessione aumentò. Sulla facciata del monastero venne collocata un’altra lapide che diceva: il peccato non si trova nel dolce e neanche nella pancia, ma in quello che si sogna e si pensa più in alto di essa. Infine un terzo discepolo si chiese quali erano i compiti che il maestro aveva raccomandato prima della partenza. Si avvide che il monastero, l’orto e gli animali erano trascurati e che le diverse opinioni sul dolce avevano diviso la comunità. Allora cominciò a lavorare per rimettere tutto in ordine prima che il maestro tornasse. Mentre era occupato in una delle stanze, trovò il motivo dello scandalo. Si fermò un attimo, ne tagliò un bel pezzo e lo assaggiò lentamente. Poi se ne scordò per tutto il lavoro che aveva da fare nel monastero. Quando il maestro ritornò, trovò le lapidi nell’ingresso della casa e chiese spiegazioni. La storia dell’accaduto lo spinse a disfarsi del dolce e poi disse loro: “È stata commessa una grande ingiustizia. Ponete una terza lapide che proclami: L’eccesso di uno stupido forte e l’ascetismo di un debole dotto portano allo stesso risultato. Per il santo è un pezzetto di dolce, per l’ingordo è un grave problema”. Il primo discepolo esagerò nel lasciarsi prendere dal piacere, il secondo nel negarselo completamente. Io sono d’accordo con il terzo che conciliò i suoi doveri quotidiani con il piacere.
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