Le somme della protesta sopra e sotto la torre ex Carlo Erba di via Imbonati a Milano
LA TORRE. La protesta condotta sopra e sotto la torre di via Imbonati a Milano, si è conclusa. Si è chiusa quella fase molto speciale della nostra mobilitazione, ma la lotta continua. L’iniziativa di via Imbonati è nata in primo luogo come tentativo di proseguire, facendole eco, la clamorosa protesta dei fratelli immigrati saliti sulla gru a Brescia e di coloro che li hanno sostenuti dal presidio di piazza San Faustino. Il problema della “sanatoria truffa” era stato, sin dal giugno scorso, al centro di numerose iniziative a Milano, promosse dal Comitato Immigrati. Però, sino a quel momento, non vi era stato alcun ascolto da parte delle istituzioni né attenzione da parte dell’opinione pubblica.
Quindi, consideriamo che l’iniziativa della torre abbia raggiunto alcuni dei suoi obiettivi: le conseguenze disastrose della sanatoria truffa del 2009, con 50mila immigrati che rimarranno senza permesso di soggiorno, sono state portate sotto gli occhi di tutti. La mossa della torre ha funzionato anche da “moltiplicatore della solidarietà”: intorno alla torre e alle nostre rivendicazioni è cresciuta una vastissima rete di solidarietà. In una città distratta e frammentata come Milano non è cosa di tutti i giorni! Gente comune e persone impegnate in politica o nel sociale ci hanno fatto sentire il loro sostegno, è cresciuto uno schieramento ampio e composito come mai era accaduto in questa città. Inoltre, un aspetto fondamentale che ha contraddistinto questa lotta è stato l’approccio non violento che sin dall’inizio il Comitato Immigrati di Milano ha affermato nella gestione della piazza. La spontaneità ha segnato in modo contraddittorio questa esperienza: infatti, se da un lato ha consentito di far esprimere le energie di cittadini e cittadine che per la prima volta si impegnavano in prima persona, dall’altro, sin dalla preparazione dell’iniziativa, questa ha sofferto di una notevole mancanza di pianificazione: si è proceduto giorno per giorno, per giunta con le difficoltà di comunicazione e coordinamento tra gli attivisti sopra e sotto la torre. Questa debolezza si è dimostrata in tutta la sua gravità quando si è trattato di valutare i primi risultati concreti della protesta, successivamente all’incontro in prefettura del 22/11, e soprattutto di decidere come proseguire. Nella riunione del 22 novembre la maggioranza del Comitato Immigrati di Milano fa le seguenti valutazione: 1) Si valuta positivamente l’incontro col prefetto è l’apertura del tavolo. Sarà compito del Comitato Immigrati vigilare perché i risultati si realizzino. 2) Si valuta positivamente che il Comitato Immigrati di Milano è riuscito a mettere insieme le forze sociali e sindacali come mai era successo a Milano. 3) Si valuta che i successi ottenuti finora sono risultato della mossa della torre. È stata questa mossa che ha permesso di unire soggetti diversi (Cub, Cgil, Cisl, Uil, Naga, Arci, Acli, ecc) i quali hanno riconosciuto il valore e ruolo politico del Comitato immigrati di Milano quindi proponiamo ai fratelli che sono sulla torre di scendere per continuare la lotta in maniere diverse. In primo luogo convocando un’assemblea a Milano per il 26 novembre di tutte le realtà milanesi per discutere sull’assemblea nazionale del 28 novembre. In secondo luogo partecipando all’assemblea nazionale a Firenze il 28 novembre. In terzo luogo organizzando nuove iniziative che abbiano un carattere continuativo per continuare la lotta per raggiungere l’obbiettivo del permesso di soggiorno per tutti”. Tuttavia, durante l’assemblea del 23 novembre le opinioni si sono divise. La maggioranza del comitato proponeva che era arrivato il momento di scendere dalla torre e di proseguire con altre forme di lotta. Questa valutazione partiva dalla consapevolezza dei risultati parziali ma tuttavia positivi ottenuti, ma soprattutto perché sussistevano le condizioni per scendere dalla torre, per chi era senza documenti, senza correre eccessivi pericoli. Rimanere sulla torre avrebbe voluto dire mettere in pericolo queste minime condizioni di sicurezza. Infatti nei giorni immediatamente successivi fu possibile che il ragazzo egiziano scendessi dalla torre senza correre pericolo, cosa che invece non fu più possibile per il ragazzo marocchino. Altri ritennero, invece, che la protesta sulla torre andasse proseguita finché si ottenessi il permesso di soggiorno per tutti o almeno per quelli “che si erano impegnati di più” sotto la torre . Questa opzione fu sostenuta adducendo, inoltre, la possibilità (o la certezza) che in pochi giorni si sarebbero potuti ottenere dei permessi di soggiorno per gli immigrati truffati. La responsabilità di questa “promessa” è esclusivamente di chi l’ha pronunciata, basandosi su informazioni infondate, confuse o deliberatamente distorte. L’intervento scomposto e male informato di alcuni soggetti ha contribuito a rafforzare la credibilità di tale opzione quando, purtroppo, credibile non era. Allo stesso modo, l’azione irresponsabile di altri ha creato ulteriore confusione, tensione e disorientamento. Si è giunti così al 2 novembre, quando il ragazzo marocchino e Marcelo sono dovuti scendere dalla torre, visto il preoccupante stato di salute del primo. A quel punto le condizioni per una conclusione in sicurezza della protesta erano venute meno e, purtroppo, il ragazzo marocchino è stato fermato e poi rinchiuso in un C.I.E. Questo fatto, così come i precedenti provvedimenti di espulsione nei confronti degli attivisti di Brescia, ci addolora e ci indigna e ci sprona a proseguire la nostra battaglia contro le leggi ingiuste. Ma siamo chiari nel dire che questa situazione poteva evitarsi se si evitavano discorsi populisti, dannosi personalismi e facili estremismi che altro non fanno che giocare sulla pelle di chi è più debole. Non vogliamo dilungarci sul fatto che tra chi non condivideva le nostre proposte ci sia stato qualcuno che ci abbia accusato di “vendere i fratelli”, di essere “pagati dalla polizia” e altro ancora. Ma, non lo facciamo: queste tristi stupidaggini, senza bisogno d’ulteriori commenti, indicano soltanto la pochezza di chi le ha pronunciate. Oltretutto, non ne abbiamo il tempo. Abbiamo molto altro da fare. Da un lato, per mettere a frutto l’accordo con la prefettura: faremo il possibile per strappare alla macchina burocratica ogni singolo permesso di soggiorno e questo darà un senso alla fatica fatta sopra e sotto la torre. Dall’altro, proseguiremo il percorso della protesta e della lotta: tutti gli immigrati che vivono in pace e onestamente in questo paese hanno diritto a un permesso di soggiorno e tutti i figli di immigrati nati qui hanno diritto alla cittadinanza. Vogliamo ringraziare, infine, tutte le persone, le associazioni e le organizzazioni che ci hanno aiutato in questa fase così complicata della nostra battaglia. Sono così tante che è impossibile elencarle. Simbolicamente, per tutte, ringraziamo la Brigata di Solidarietà Attiva, i cui militanti si sono distinti per generosità, correttezza e impegno disinteressato. A tutte e a tutti diamo appuntamento a presto: la lotta continua!
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