Il dialogo aiuta a risolvere i conflitti. Il 10 dicembre 2011 in una famiglia italiana residente a Torino capita una cosa molta particolare, una ragazza mente alla propria famiglia sul suo primo rapporto sessuale accusando due ragazzi rom di averle usato violenza. Successivamente una parte del quartiere “vendica” l’onta subita dalla sedicenne, mettendo a ferro e fuoco il campo rom situato nella cascina Continassa. Immaginando che ogni conflitto interiore possa derivare dalle relazioni che abbiamo con le altre persone bisogna mettere in campo delle tecniche che ci aiutino a superarli.
Il primo strumento è il dialogo, il secondo è trattare gli altri come vorremmo essere trattati: con rispetto e senza l’uso della forza e della violenza. L’uso della nonviolenza intesa come amore per il genere umano predispone il nostro animo al dialogo e al confronto. Dobbiamo anche pensare ai nostri valori, alle cose che per noi sono importanti e che non devono essere imposti agli altri ma devono essere accolti per scelta. Immaginiamo ora la ragazza sedicenne che, per paura dei genitori, ha deciso di mentire per non essere costretta a rivelare il suo primo rapporto sessuale. La purezza d’animo è certamente un buon valore, ma non lo si ottiene costringendo qualcuno a limitare se stesso per assecondare qualcun altro. La purezza d’animo la si ottiene con la comprensione, con l’amore e con il dialogo. E ora pensiamo a tutta la rabbia, tutto il rancore per una comunità di persone che normalmente non vengono viste di buon occhio, perché a loro vengono attribuite a prescindere le cose peggiori che si possono immaginare: i rom. Arriva a loro sfavore un sopruso nei confronti di una giovane donna e questa rabbia si trasforma in sete di vendetta, mettendo da parte il buon senso e lasciando il posto alla forza e alla violenza. Il giudizio accelera e la violenza diventa una cattiva consigliera; le persone di etnia rom diventano tutte colpevoli e vanno punite. Nessuno ha diritto di salvarsi, neanche i bambini che la morale di solito vede sempre come anime innocenti da difendere. Pensate se il dialogo avesse avuto la meglio e la rabbia non avesse preso il sopravvento cosa sarebbe potuto succedere. I genitori avrebbero parlato con la loro figlia senza giudicarla o farla sentire in colpa e lei, sentendosi amata e compresa, avrebbe “confessato” che nessuno le aveva usato violenza. E ancora: se il dialogo avesse preso il sopravvento nessuno avrebbe accusato i rom di una violenza non commessa e nessuno avrebbe organizzato e fomentato le persone per una crociata alla ricerca della vendetta. A questa situazione vi è rimedio e non possono essere solo le scuse di una comunità che ha commesso un errore, ma la dimostrazione di aver compreso che il giudizio frettoloso ha generato sofferenza ad altri esseri umani. Immaginiamo una soluzione che possa passare attraverso la solidarietà e il dialogo. Aiutare i rom a ricostruire il luogo dove vivevano e a migliorarlo, insieme alle persone del quartiere, genererebbe fiducia gli uni verso gli altri e allenterebbe le tensioni, migliorando la qualità della vita di tutti. Questa è la filosofia di vita che anima le persone della Convergenza delle Culture, che organizzano incontri volti ad apprendere e migliorare strumenti per una crescita interiore basata sulla nonviolenza, il dialogo, la coerenza.
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