“Questa sera mia madre mi farà il tajine di bagna càuda. Me lo fa perché piove e fa freddo”. A confessarlo in classe è Yusra, bimba di chiara origine marocchina, ma nata a Torino.
è risaputo, ogni tanto i bimbi per esprimersi associano parole con temeraria spensieratezza e ingenuità. Alle volte creano associazioni ridicole, ad esempio mio figlio un giorno ha chiamato i collant che porta sua madre, “le calze nude”. Altre fanno letteratura da premio letterario. è il caso di Yusra… almeno a mio parere. Il tajine di bagna càuda è l’essenza della società torinese di oggi, un po’ contadina, legata alle sue tradizioni, un po’ magrebina, sempre più segnata dai suoi immigrati. Di certo… è una Torino più povera, più umana e maggiormente viva, rispetto a 10 anni fa. Alla sola pronuncia di queste parole che in verità definiscono due piatti ben distinti, l’uno proveniente dalla tradizione berbera e l’altro da quella contadina piemontese, sento salire al cielo i profumi dell’aglio, dei cardi e delle cipolle, che vanno a mischiarsi con l’odore più forte dell’agnello stufato con prugne e mandorle. Le parole di Yusra mi fanno ricordare che una cosa del genere l’aveva detta uno scrittore marsigliese che amo molto, Jean Claude Izzo. Per definire la mediterraneità di Marsiglia e la sua poca somiglianza a qualsiasi città provenzale, Izzo sosteneva che forse qualcuno aveva già inventato il tajine di buiabes. Lui magrebinizzava la zuppa di pesce tipica della città, che del resto è forse la più magrebina d’Europa. Yusra ha reso un po’ più internazionale Torino, scaldandola anche un po’. Premetto… Questo piatto non mi risulta esistere e mi chiedo cosa abbia suggerito l’associazione delle due parole alla piccola Yusra. Non trovo altra spiegazione se non la somiglianza del contenitore di terracotta della bagna Càuda, che si chiama “fojot”, al piatto interamente dello stesso materiale del tajine. Ne sono convinto… c’è dell’altro. Si tratta di un semplice miracolo culturale, uno di quelli che solo i bambini possono fare… grazie a quell’ingenuità dei buoni, che il resto del mondo ha scordato da tempo.
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