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Il parco Lu Xun di Shanghai
Viaggi
Scritto da Fabio Nalin   

 

Splendida giornata di sole oggi a Shanghai,
e al Parco Lu Xun; un pomeriggio di metà
autunno dal clima perfetto regala le condizioni
migliori per una passeggiata. Il vento
scuote le frasche e rinfresca il viso, specie se ci
si affaccia al laghetto, mentre si cercano gli ultimi
caldi raggi di sole della bella stagione. Le
note malinconiche e prolungate di un sax sono
la colonna sonora di un pomeriggio ancora un
po’ sonnecchiante, c’è chi fa volare in alto degli
aquiloni, chi fa degli esercizi di ginnastica.
Delle nonne fanno a maglia, coccolate dalle
corde di uno erhu strofinate con coinvolgimento
da un anziano. Altri preferiscono sedersi ai tavolini
posti sulla riva del laghetto, chiacchierando
all’ombra degli alberi, sgranocchiando semi di girasole,
giocando a carte e sorseggiando tè. Il mite
autunno shanghaiese non dura molto: il Parco
Lu Xun è un luogo ideale per goderselo, per
scoprire una Shanghai un po’ diversa. Shanghai
è uno dei più importanti centri finanziari della
Cina, una delle città più occidentali del paese
asiatico. I suoi palazzi, i più alti della Cina continentale
che modellano il panorama della città, la
rendono famosa nel mondo. Ma Shanghai non
è solo moderni palazzi e grattacieli vertiginosi,
scenari avveniristici e traffico infernale: vivendo
ad Hongkou, quartiere appena fuori dal centro,
nella parte nord della città, può capitare di rifugiarsi
nella quiete del parco Lu Xun.
Inaugurato nel 1896 dagli inglesi, che al
tempo occupavano questa parte di città con
la loro Concessione, il parco era conosciuto in
passato come parco Hongkou, il nome venne
cambiato in onore del grande scrittore cinese
Lu Xun. Inizialmente usato come poligono di
tiro e poi come campo sportivo, l’ingresso era
diritto esclusivo dei residenti stranieri, e venne
aperto ai cinesi solo nel 1928. Poco distante
dallo stadio di calcio dello Shanghai Shenhua
dove giocano Drogba e Anelka, Il parco è
l’ideale per rilassarsi e respirare un po’ di ossigeno,
ma è anche uno dei parchi più interessanti
della città. Qui gli anziani della zona si ritrovano
tutti i giorni per fare ginnastica, praticare
taijiquan, o per i balli di gruppo. Se si alzano gli
occhi al cielo, si possono scorgere diversi aquiloni
volare ad altezze notevoli, maneggiati con
maestria da veri e propri esperti. Al centro del
prato invece si possono incontrare maestri del
kongzhu, gioco in voga anche in Italia tempo fa
e conosciuto come Diablo, con due bacchette
che manovrano una clessidra
per mezzo di un filo. È impressionante
la velocità con
cui il maestro fa roteare la
clessidra, con movenze che
sembrano prese in prestito
dal kungfu! Davvero spettacolare!
Questi maestri sono
vecchietti molto simpatici
e cordiali, che non esitano
ad invitarti a prendere parte
alle loro attività. Ecco così
che mi trovo a imitare passo
dopo passo le tecniche di
taiji o di altre arti marziali,
e a provare a giocare col
diablo, con scarsi risultati!
Uno dei “nonni” ai quali
sono più affezionato è il signor
Gu. Egli è un medico
in pensione, con un passato
da professore alla prestigiosa
Tsinghua University di Pechino.
Oggi, a 87 anni suonati,
fa il medico volontario
proprio qui nel parco: ogni
giorno, egli si reca alla solita
panchina, vi sistema sopra
un materassino e dei cuscini,
e invita i pazienti, per lo
più suoi coetanei, a sedersi e ad esporgli i loro
problemi di salute. Assieme alla moglie che lo
accompagna tutti i giorni, il signor Gu offre il
suo sapere e il suo tempo per fornire ai cittadini
questo piccolo sistema di assistenza sanitaria,
ma si concede volentieri anche solo per una
piacevole chiacchierata.
Il signor Gu è un uomo di vasta cultura, dagli
occhi vispi e la parlantina svelta. Se non è
seduto alla sua panchina-ambulatorio lo si può
trovare passeggiare, braccia dietro la schiena,
ai bordi del laghetto, con il suo lungo camice
bianco, la mascherina e il cappello da pescatore.
La prima volta mi pose una domanda che
mi colpi:”Tu sei uno di quelli che vengono in
Cina per fare affari, oppure perché ti interessa
la cultura”? Inutile dire che scelsi la seconda,
“Ah, bene, allora abbiamo di che parlare”! Risposta
esatta. Da allora io per lui sono “il nuovo
Marco Polo”!
In questo periodo il Parco Lu Xun è sede
del Festival Internazionale delle Lanterne, una
specie di Luci d’Artista in versione shanghaiese,
che di notte illumina il paesaggio offrendo
sensazioni nuove ai suoi visitatori. Dalle classiche
lanterne rosse lungo i viali si passa a vere
e proprie installazioni, come il lunghissimo
dragone realizzato con le tazzine da tè, i fiori
di loto sulla superficie del laghetto, le riproduzioni
in versione lanterna cinese di monumenti
famosi, e tante altre. Il timido parco indossa il
vestito delle grandi occasioni e quasi non lo si
riconosce! Tanta gente viene ora a trascorrevi il
pomeriggio, attirati dal mercatino di prodotti
tipici, dove troviamo il “tofu puzzolente”, letteralmente
preso d’assalto, le focacce di riso
glutinoso, e altre ghiottonerie care ai cinesi.
Non solo, troviamo anche la “focaccia volante”,
specialità indiana, preparata da un indiano
“doc.”, che allunga l’impasto facendolo volteggiare
per aria con abili movimenti delle mani.
Suo vicino di casa è “Lo spiedino dell’Arabo”,
con succulenti spiedini di agnello e vitello cotti
alla griglia. Ci si stupisce di fare questi incontri:
in questo luogo denso di quotidianità e di normalità,
gli stranieri saltano subito all’occhio.
Ma d’altronde Shanghai non è forse la città più
internazionale della Cina?
Splendida giornata di sole oggi a Shanghai,e al Parco Lu Xun; un pomeriggio di metàautunno dal clima perfetto regala le condizionimigliori per una passeggiata. Il ventoscuote le frasche e rinfresca il viso, specie se cisi affaccia al laghetto, mentre si cercano gli ultimicaldi raggi di sole della bella stagione. Lenote malinconiche e prolungate di un sax sonola colonna sonora di un pomeriggio ancora unpo’ sonnecchiante, c’è chi fa volare in alto degliaquiloni, chi fa degli esercizi di ginnastica.Delle nonne fanno a maglia, coccolate dallecorde di uno erhu strofinate con coinvolgimentoda un anziano. Altri preferiscono sedersi ai tavoliniposti sulla riva del laghetto, chiacchierandoall’ombra degli alberi, sgranocchiando semi di girasole,giocando a carte e sorseggiando tè. Il miteautunno shanghaiese non dura molto: il ParcoLu Xun è un luogo ideale per goderselo, perscoprire una Shanghai un po’ diversa. Shanghaiè uno dei più importanti centri finanziari dellaCina, una delle città più occidentali del paeseasiatico. I suoi palazzi, i più alti della Cina continentaleche modellano il panorama della città, larendono famosa nel mondo. Ma Shanghai nonè solo moderni palazzi e grattacieli vertiginosi,scenari avveniristici e traffico infernale: vivendoad Hongkou, quartiere appena fuori dal centro,nella parte nord della città, può capitare
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Confini e confinati
Diritti violati
Scritto da Sergio Lion   

 

Cercando su internet delle immagini che
potessero testimoniare la condizione di
popoli dimenticati dal sistema mass mediatico
del mondo ricco o presunto tale, a meno
che non vi si verifichi un gravissimo cataclisma
(liquidandolo però con un trafiletto di 10 righe
in sesta pagina del giornale locale), ho trovato
molte fotografie e molti siti che proponevano le
esperienze di viaggio in questi posti “ai Confini
della realtà”.
Navigando sul motore di ricerca yahoo, ad
esempio, si può digitare “confini Ossezia del
Sud” oppure “confini Corea del Nord”: ci si
ritrova in un immenso archivio di foto che spazia
oltre la ricerca digitata. Cercando immagini
Ossete si può spaziare nell’intero Caucaso e
vedere immagini di vita quotidiana di questi
popoli. Cercando invece immagini coreane, si
possono vedere molte fotografie di Cina, Russia,
e di molte altre realtà.
Vedere con i propri occhi anche solo in
foto le condizioni di queste persone che sono
rinchiuse in confini super protetti, con di fatto
l’impossibilità di uscirne per essere uomini
o donne libere, rende l’idea di cosa siano
realmente i confini. Noi abitanti e cittadini
dell’Unione Europea non abbiamo ancora
idea di cosa siano veramente. Pagando una tassa
possiamo entrare in possesso del cosiddetto
passaporto che consente di uscire dai confini
europei. Di fatto in Europa per i cittadini cosiddetti
“comunitari” esiste ormai il solo obbligo
di Carta di identità valida per l’espatrio.
Se un giorno gli accordi di Schengen venissero
sospesi, le frontiere potrebbero però riassumere
il loro vero ruolo: quello della divisione dei
popoli (ma non delle merci).
Persone che sono costrette a scappare da situazioni
di guerre e persecuzione, senza documenti,
che muoiono durante il tragitto affogando
in mezzo al mare, gridano silenziosamente
contro questo grave delitto commesso dal pregiudizio.
In Europa è stato abbattuto il muro di
Berlino nel 1989. Nel mondo esistono ancora
molti muri però. Posso giungere solo alla conclusione
che qualsiasi confine ci rende comunque
“confinati”. A prescindere dalla percezione
che si può avere di questa linea immaginaria.
Per la cronaca, i muri ancora esistenti nel
mondo sono:
„„ muro di divisione dell’isola di Cipro, che segna
la linea di confine tra la parte meridionale
dell’isola greco-cipriota con la parte settentrionale
turco-cipriota;
„„ muro di separazione tra le due città enclave
spagnole in territorio marocchino Ceuta e
Melilla, barriera prevalentemente di filo spinato,
pagato dalla Comunità Europea 30 milioni
di euro. Consiste in tre file parallele di sbarramenti
alti 3 metri. Attualmente si sta portando
l’altezza della barriera a 6 metri. Nel settembre
del 2005 la polizia marocchina uccise a colpi
di armi da fuoco molti cittadini migranti che
volevano poter entrare in Europa. Questo fatto
ricorda le tante vittime dell’ex regime comunista
della DDR;
„„ muro di separazione, sempre in Marocco,
che delimita il confine della Repubblica Democratica
Araba Saraui. Tale nazione è dal Marocco
considerata parte integrante del proprio
territorio, mentre per l’Unione Africana è da
considerarsi uno stato indipendente. Il muro
pressoché costruito in varie fasi presenta un
insieme di 8 muri di una lunghezza superiore
a 2720 Km. è una zona militare con buche,
fossati e campi minati, con una concentrazione
di mine senza eguali nel panorama mondiale;
„„ muro di separazione tra Stati Uniti e Messico,
chiamato il “muro della vergogna” poiché
è molto alto il numero delle persone rimaste
uccise tentando di entrare negli usa;
„„ il Pakistan sta costruendo attualmente una
barriera di 2400 km per restare separato dall’Afghanistan;
l’India ha costruito una barriera di
3300 km per marcare la divisione dal vicino
Pakistan. Rimane ancora il muro di divisione
costruito da Israele in Cisgiordania e a Gaza,
che di fatto ha creato la più grande prigione a
cielo aperto del mondo.
Sembra quindi che l’antica locuzione latina
“divide et impera” sia molto in voga ultimamente
tra i sostenitori del neo capitalismo sfrenato
senza regole, se non quelle del profitto e
del potere ad ogni costo.
Cercando su internet delle immagini chepotessero testimoniare la condizione dipopoli dimenticati dal sistema mass mediaticodel mondo ricco o presunto tale, a menoche non vi si verifichi un gravissimo cataclisma(liquidandolo però con un trafiletto di 10 righein sesta pagina del giornale locale), ho trovatomolte fotografie e molti siti che proponevano leesperienze di viaggio in questi posti “ai Confinidella realtà”.Navigando sul motore di ricerca yahoo, adesempio, si può digitare “confini Ossezia delSud” oppure “confini Corea del Nord”: ci siritrova in un immenso archivio di foto che spaziaoltre la ricerca digitata. Cercando immaginiOssete si può spaziare nell’intero Caucaso evedere immagini di vita quotidiana di questipopoli. Cercando invece immagini coreane, sipossono vedere molte fotografie di Cina, Russia,e di molte altre realtà.Vedere con i propri occhi anche solo infoto le condizioni di queste persone che sonorinchiuse in confini super protetti, con di fattol’impossibilità di uscirne per essere uominio donne libere, rende l’idea di cosa sianorealmente i confini.
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Solidarietà
Scritto da Redazione   

 

Solidarietà parola in disuso, relegata nel
fondo dei nostri ricordi. Vecchie foto dove
i bimbi si suddividono la merenda. La tecnologia
e l’avvento dei computer, i telefonini
sempre più dotati d’accessori, hanno agevolato
l’essere umano, alleggerendo la quotidianità.
Trenta anni fa il mondo attuale era impensabile,
fantascientifico, robotizzato, lontano come
la luna. L’uomo ha perso come i robot smontabili,
i due pezzi più importanti, “il cuore e
il cervello” e li ha sostituiti con scatole vuote,
prive di sentimenti.
La solidarietà vista come buonismo, atto di
carità. Sono ben lontani i tempi dove l’unione
realizzava progetti sociali. I lavoratori abbracciavano
e sostenevano cause e problemi di altri
lavoratori, riempiendo le piazze con lunghi
cortei, con bandiere d’ogni colore e ideologia.
Diritti acquisiti con fatica, ma, purtroppo persi
in questi ultimi anni. Diritti che erano difesi
da poche persone interessate direttamente,
soprattutto, quando si trattava di contrastare
situazioni come il licenziamento e la chiusura
delle fabbriche. Ognuno di noi chiuso nel suo
mondo, pronto a difendere il suo angolo, il suo
spazio, il suo lavoro.
Chissà, del resto che cosa posso fare io? Ho
la mia vita, ho una famiglia
e la solidarietà rimane
in questi due ambiti, neanche
allargata alla parentela,
già parte del mondo
esterno. “Stiamo uniti”,
diventa una frase acquisita
da un programma in
tivù. Ripetuta come un
intercalare, da giovani e
non, ma priva del quel profondo significato che
comporta, la parola “unione”. La nostra casa,
rifugio poco sicuro, non lascia spazio a condomini
invadenti, e se interpellati un buona sera
è tutto ciò che lega un caseggiato se non le innumerevoli
liti.
Tutto il resto, il mondo esterno, le notizie
ci arrivano dai mezzi d’informazione. La tivù
ci consiglia di essere solidali e come esserlo,
magari una piccola donazione tramite cellulare,
“rinunci al caffé” e doni due euro, per la tale
associazione o per l’Africa. È già, Africa lontana,
con problematiche remote, e l’Africa vicina
relegata in quartieri torinesi, già con problematiche
sociali ed economiche. Gli africani asserviti
alla raccolta della frutta, e dei pomodori,
in tutta Italia, sono ridotti in schiavitù senza
diritti, un riparo, un giusto
salario. Tutto questo
nell’indifferenza della
popolazione. La violenza
e la crudeltà diventano
la normalità, così
come le nuove povertà, i
suicidi per tracollo finanziario, i licenziamenti
e la perdita della propria casa. Le associazioni
cercano di rimediare, di portare la loro solidarietà,
in tutte le situazioni di disagio, una goccia
in un mare profondo.
Il mondo moderno, è pronto a filmare con il
telefonino, o a visionare su internet, il degrado
sociale, i mali e le debolezze di questa nostra società,
per poi digitare con indifferenza un tasto
e chiudere il sipario.
anche umani. Un’usanza pagana che col diffondersi
del cristianesimo fu sostituita via via
con altri riti di origine cristiana.
Ora la cosiddetta notte di Halloween
non è altro che la forma moderna dell’antica
festa celtica di “samhain”, che veniva celebrata
appunto il 1° novembre, giorno che
segnava l’inizio dell’Anno Celtico. Col nome
“Samhain” i celti chiamavano una divinità che
era considerata il Signore dei morti e Principe
delle Tenebre. Essi pensavano che il 31 ottobre
questi chiamasse a sé gli spiriti dei defunti
che vivevano nella landa dell’eterna giovinezza
denominata “Tir nan Oge”. In questo giorno
si credeva che le leggi del tempo e dello spazio
fossero sospese e che il velo che divideva il
mondo dei vivi da quello dei morti si facesse
più sottile, permettendo alle anime dei defunti
di mostrarsi e comunicare coi viventi e di
burlarsi di loro. Fu Papa Gregorio Magno a
sostituire tale festa con la festa di Ognissanti,
giorno in cui la Chiesa Cattolica ci conduce
in un’attenta riflessione sulla Comunione dei
Santi, così come ce la tramandarono i discepoli
di Gesù di Nazareth.
Durante la colonizzazione delle Americhe
che gli irlandesi, i quali erano molto legati
alle loro tradizioni, importarono tale festa nel
Continente Nuovo. E nacque così la notte di
Halloween, da viversi in lieta armonia, in cui
i bambini e anche gli adulti si divertivano a
impersonare gli spiriti dei defunti per esorcizzare
la paura nei confronti di questi.
Una festa che poi degenerò sempre più,
fino a far credere addirittura che tale evento
fosse di origine americana. Questi americani
così tanto imitabili dagli europei, soprattutto
dagli italiani, forse per quel loro semplice gesto
del pollice e l’indice incurvati a cerchio,
con il quale indicano che non c’è nulla di cui
preoccuparsi. è tutto in regola, ossia tutto
okay.
E anche in questo caso, per quel che riguarda
la festa di Halloween, possiamo dire
che sia tutto OK, cioè essa non è altro che la
festa di Ognissanti o Tutti i Santi, riconosciuta
in tutti i paesi di tradizione cattolica ed è il
giorno in cui, secondo la tradizione popolare,
la gente lascia il lavoro per recarsi al cimitero
a fare visita ai propri cari defunti. In Toscana
c’è anche l’usanza in ogni famiglia, nella notte
fra l’1 e il 2 novembre, di far bollire le castagne
ed esporle in un vassoio sopra il tavolo
per accogliere le anime dei propri cari. Un gesto
simbolico, si sa. Perché i morti hanno ben
altro cibo per nutrirsi; sicuramente la nostra
fede e le nostre buone opere sono per essi un
cibo assai migliore e sopraffino.
Personalmente penso che, al di là delle feste
e dei culti che ciascun singolo individuo
possa coltivare, vi sono valori con cui tutti noi
esseri umani possiamo aprirci al dialogo e costruire
la pace. Valori che, pur essendo definiti
con vocaboli diversi, sono comunque presenti
in tutti i culti e in tutte le religioni: la solidarietà
e l’amore verso il prossimo, la pazienza e
la “nonviolenza”, l’accoglienza di chi è diverso
dalle proprie aspettative.
Solidarietà parola in disuso, relegata nelfondo dei nostri ricordi. Vecchie foto dovei bimbi si suddividono la merenda. La tecnologiae l’avvento dei computer, i telefoninisempre più dotati d’accessori, hanno agevolatol’essere umano, alleggerendo la quotidianità.Trenta anni fa il mondo attuale era impensabile,fantascientifico, robotizzato, lontano comela luna. L’uomo ha perso come i robot smontabili,i due pezzi più importanti, “il cuore eil cervello” e li ha sostituiti con scatole vuote,prive di sentimenti.La solidarietà vista come buonismo, atto dicarità. Sono ben lontani i tempi dove l’unionerealizzava progetti sociali. I lavoratori abbracciavanoe sostenevano cause e problemi di altrilavoratori, riempiendo le piazze con lunghicortei, con bandiere d’ogni colore e ideologia.Diritti acquisiti con fatica, ma, purtroppo persiin questi ultimi anni.
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Considerazioni sul federalismo
Società
Scritto da Mario Brusasco   

 

Lo confesso: sono antifederalista per l’Italia
dei tempi nostri. So di essere un voce
fuori dal coro. Da oltre 20 anni tutti, ma
proprio tutti, si sono dichiarati federalisti: politici,
giornalisti, affaristi collusi con la politica,
avendone visto gli indubbi vantaggi, professori
universitari, consulenti vari, ecc . Insomma
tutti coloro che hanno sciaguratamente avuto
voce in capitolo in Italia negli ultimi decenni
e con perversa fantasia ne hanno determinato
l’attuale sfacelo. Sfacelo economico, sociale
ed etico.
Il federalismo in Italia
ha assunto la forma di
iperregionalismo e cioè:
la disgregazione dello Stato
unitario risorgimentale
si è perpetrata assegnando
man mano poteri ed autonomie
sempre più accentuate alle
regioni.
In presenza delle province,
enti antichi e relativamente
omogenei dal punto di vista economico,
ambientale e sociale,
l’introduzione delle amministrazioni
regionali è stato uno dei maggiori errori
compiuti nel dopoguerra. Inutile ricordare che
lo sperpero e l’aumento di corruzione che si è
generato, è andato a danno del paese intero e lo
spaventoso debito pubblico di conseguenza accumulato,
costringe da diversi anni a tagli nei servizi
sociali, ha favorito la disoccupazione, lo sfruttamento
e tutto quanto di problematico esiste ai
giorni nostri e che sta sotto gli occhi di tutti.
Vorrei fare un breve excursus storico sulla genesi
del provvedimento legislativo, ricordando
che la situazione è molto peggiorata nell’ultimo
ventennio, sulla spinta nefasta della Lega e della
scandalosa e ignobile accondiscendenza generale.
La legge n. 108 del 17 febbraio 1968 (“Norme
per la elezione dei Consigli regionali delle
Regioni a statuto normale” - G.U. n°61 del
6/3/68) istituì e introdusse nel nostro ordinamento
n°15 Regioni a statuto ordinario. Ci fu
il voto favorevole dei partiti allora di governo
(DC, PSI, PRI e PSDI), delle opposizioni di
sinistra (PCI e PSIUP), e il voto contrario di
PLI, PDIUM ed MSI. Preesistevano 5 regioni
a statuto speciale (il Friuli-Venezia Giulia dal
1963). Le prime elezioni si tennero nel 1970 e
da allora un totale di ben 20 regioni ha iniziato
il suo iter amministrativo e legislativo. Dal
1970 dunque, oltre ai Comuni e alle Province,
un’altra istituzione intermedia è andata ad accrescere
l’apparato burocratico dello Stato.
Ricordo che negli anni dal 1965 al 1970
il rapporto debito pubblico/PIL si collocava
intorno al 48-50%, valore che, per
inciso, oggi sarebbe miracoloso e ci collocherebbe
tra i Paesi più solidi e stabili nel
mondo, in termini di finanza pubblica. è
il caso di ricordare che solo pochi
anni prima, a gennaio 1960,
il “Financial Times” di
Londra assegnando,
come tutti gli anni, i
premi Oscar della Finanza
scelse proprio la lira
italiana, per la sua stabilità e
per l’acquisita forza dell’economia
retrostante.
Ora, non si può ritenere che la
sola introduzione di 15 amministrazioni regionali
abbia determinato il progredire del rapporto
debito /pil fino all’attuale 120%; tuttavia il collegamento
appare evidente se solo si considera
l’aggravio di spesa che tali enti hanno determinato
in pochi decenni. Di certo nel frattempo
abbiamo assistito e anche pagato gli errori del
’68, i non pochi effetti negativi di normative sul
lavoro che hanno indebolito il sistema produttivo,
il declino clamoroso degli aspetti educativi e
formativi della scuola, ecc.
La riprova del danno subito sta comunque nel
fatto che se, nei primi 20 anni del dopoguerra, il
Paese è cresciuto economicamente in modo vertiginoso,
mantenendo nel contempo stabili moneta
e debito pubblico in assenza delle amministrazioni
regionali, ciò significa con tutta evidenza
che di tale innovazione non c’era bisogno.
Si doveva dunque non solo non istituire le
regioni a statuto ordinario, ma addirittura limitare
o ridurre poteri e costi di quelle a statuto
speciale. Quando poi in anni più recenti tale regionalismo
è diventato di fatto la forma con cui
istanze federaliste hanno preso gradatamente il
sopravvento rispetto allo stato unitario risorgimentale,
oltre ai danni in termini di finanza
pubblica si sono aggiunti quelli disgregativi del
sentimento di unità nazionale, quelli di costose
sovrapposizioni burocratiche e di accondiscendenza
a localismi di ogni genere.
“Il bene primario di un popolo è la sua dignità”,
è una tra le citazione più note di Cavour:
non può non essere intesa nel senso dell’unità
nazionale e del comune senso di coesione per
un fine comune, cementato da unità di intenti,
non certamente di rivendicazioni autonomiste
secondo le quali l’unità nazionale è un disvalore
e costituisce un ostacolo ai presunti benefici
della libertà dallo stato oppressore.
Chi condivide con me l’interpretazione negativa
del federalismo-iperregionalismo non può
non valutare quella che doveva essere invece la
politica da seguire su questi temi e cioè procedere,
al contrario, ad una diminuzione delle prerogative
delle regioni a statuto speciale, che nei
decenni si sono dimostrate fonte di ingiustizia e
disparità a livello nazionale, di centri di potere e
di spesa spesso abnormi e di difficile controllo,
con accentuazioni più marcate in parti diverse
d’Italia. Tali considerazioni sono state più volte
espresse nelle relazioni annuali della Corte dei
Conti, ma purtroppo diffusamente inascoltate.
Un grande e rinnovato spirito di coesione
nazionale può favorire il superamento della
grave crisi in atto, con la riduzione di numerosi
centri di spesa improduttiva, aggravato peraltro
dagli accresciuti costi di una pubblica amministrazione
esuberante e farraginosa. Anche così
si determinano i prerequisiti per un visione globale
ma solidale del pianeta.
è bene chiarire che quanto ho affermato si riferisce
all’Italia, mentre la creazione di un’ entita
più omogenea a livello europeo, potrebbe giovare
alla forza del nostro continente, per una più marcata
capacità competitiva sullo scenario mondiale
e soprattutto una maggiore possibilità di aiuto ai
Paesi terzi bisognosi di cooperazione e coesione,
in un’ottica di nazione umana universale.
Lo confesso: sono antifederalista per l’Italiadei tempi nostri. So di essere un vocefuori dal coro. Da oltre 20 anni tutti, maproprio tutti, si sono dichiarati federalisti: politici,giornalisti, affaristi collusi con la politica,avendone visto gli indubbi vantaggi, professoriuniversitari, consulenti vari, ecc . Insommatutti coloro che hanno sciaguratamente avutovoce in capitolo in Italia negli ultimi decennie con perversa fantasia ne hanno determinatol’attuale sfacelo.
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Ballata per le spose
Scritto da Riccardo Marchina   

A cura di Luisa Ramasso

Questo è il terzo volume pubblicato da
Riccardo Marchina, il quale possiede
una delicatezza così poetica, quasi sacra,
nel descrivere queste persone così diverse,
così fuori dal comune.
Il libro è composto di tre racconti che si
intersecano un nell’altro. I personaggi di
un racconto si incontrano in quello successivo.
In questo modo il nostro autore ci racconta
la vita raminga degli zingari rom.
Zingaro, appunto, è l’enigma che accompagnerà
il nostro Mehmed, protagonista
di uno del primo racconto e che troviamo
a fare da spalla alla protagonista del
secondo racconto; uno studioso, intellettuale,
che si pone la domanda sull’origine
della parola zingaro: se questa sia
o no un termine spregiativo, secondo il
pregiudizio di molti italiani. Ma Mehmed
ci aiuta a comprenderne un significato
diverso. Zingaro vuol dire nomade, vuol
dire ramingo, uomo dedito a una vita
Ballata per le spose di Riccardo Marchina
A cura di Luisa Ramasso
pellegrina. “I rom si fermano solo per
morire”, è appunto il pensiero che porta
il nostro personaggio a migrare in un
altro paese.
Pone anche l’accento sulla differenze religiose
osservate dal popolo rom, nonché
la differenza fra rom e sinti.
Pieno di umanità, nonostante la tragedia,
è l’ultimo racconto che narra in modo
particolare dei rom iugoslavi, descrivendo
l’orrore della guerra civile dell’inizio
degli anni Novanta.
Leggendo questo racconto mi ha riaffiorato
il ricordo sofferto del bombardamento
di Plithvice. Infatti nella lettura di queste
pagine ho sentito un nodo in gola.
è insomma un romanzo vivo e coinvolgente,
una cronaca di vita quotidiana dove
non mancano colpi di scena e liete
storie di amori e di amicizie
In fondo il popolo rom è un popolo che
si è trascinato dietro una grande sofferenza.
è importante quindi conoscerne la
storia e imparare
a convivere
e dialogare
con le persone
di appartenenza.
Da una poesia
di Bertolt
Brecht:
“Prima di tutto
vennero a prendere
gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché erano fastidiosi
Poi vennero a prendere i comunisti,
e io non dissi niente, perché non ero comunista
Un giorno vennero a prendere me, e non
c’era rimasto nessuno a protestare.”
Per eventuali acquisti visitare il sito: www.neosedizioni.it
Questo è il terzo volume pubblicato da Riccardo Marchina, il quale possiede una delicatezza così poetica, quasi sacra,nel descrivere queste persone così diverse,così fuori dal comune.Il libro è composto di tre racconti che si intersecano un nell’altro. I personaggi di un racconto si incontrano in quello successivo.In questo modo il nostro autore ci raccontala vita raminga degli zingari rom.Zingaro, appunto, è l’enigma che accompagnerà il nostro Mehmed, protagonistadi uno del primo racconto e che troviamo a fare da spalla alla protagonista del secondo racconto; uno studioso, intellettuale,che si pone la domanda sull’origine della parola zingaro: se questa sia o no un termine spregiativo, secondo il pregiudizio di molti italiani. Ma Mehmedci aiuta a comprenderne un significato diverso. Zingaro vuol dire nomade, vuol dire ramingo, uomo dedito a una vita Ballata per le spose di Riccardo Marchina A cura di Luisa Ramasso pellegrina. “I rom si fermano solo per morire”, è appunto il pensiero che porta il nostro personaggio a migrare in un altro paese. Pone anche l’accento sulla differenze religiose osservate dal popolo rom, nonché la differenza fra rom e sinti.Pieno di umanità, nonostante la tragedia,è l’ultimo racconto che narra in modo particolare dei rom iugoslavi, descrivendo l’orrore della guerra civile dell’inizio degli anni Novanta.Leggendo questo racconto mi ha riaffiorato il ricordo sofferto del bombardamento di Plithvice. Infatti nella lettura di queste pagine ho sentito un nodo in gola.è insomma un romanzo vivo e coinvolgente,una cronaca di vita quotidiana dove non mancano colpi di scena e liete storie di amori e di amicizie. In fondo il popolo rom è un popolo che si è trascinato dietro una grande sofferenza.è importante quindi conoscerne la storia e imparare a convivere e dialogare con le personedi appartenenza. Da una poesia di BertoltBrecht :“Prima di tutto vennero a prendere gli zingarie fui contento, perché rubacchiavano Poi vennero a prendere gli ebreie stetti zitto, perché mi stavano antipatici Poi vennero a prendere gli omosessuali,e fui sollevato, perché erano fastidiosi Poi vennero a prendere i comunisti,e io non dissi niente, perché non ero comunista Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare.”Per eventuali acquisti visitare il sito: www.neosedizioni.it

 

 
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