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Monsieur le Marabout
Interviste
Scritto da Silvia Licata   

 Un giorno fatale, quest’estate, mi si è presentata l’occasione di andare in visita a una persona speciale. E altrettanto fatale. È stato così che mi sono trovata nella stanza, vuota, di un albergo torinese, seduta per terra e con i piedi nudi, insieme a diverse altre persone, la maggioranza di provenienza africana e, in particolare, senegalese. In quell’istante, ancora non sapevo che in tale stanza sarei tornata molte altre volte e che questa esperienza, concedetemi l’espressione, incredibilmente incredibile, mi avrebbe lasciato sia un solco profondo nell’anima sia portato dei grandi regali. Io, protagonista di questo evento, tutt’ora non ci credo, ma voi, leggendo questo mio scritto, che più che essere un articolo, è una dedica, un pensiero, a quell’essere fatale e speciale che ho incontrato, vi chiedo di credermi. Credetemi.

La persona che mi ha condotto lì, una carissima amica, mi ha detto in seguito che sono stata l’unica a cui ha proposto di andarci, perché, «bisogna essere pronti, non tutti lo sono e capirebbero, ma tu sì, ecco perché sei qui con me oggi». In realtà, come già detto non solo quell’oggi, ma anche altri giorni a seguire.

Lì seduta, con questa amica, stavo aspettando il mio turno di entrare nella stanza accanto. Dove avrei avuto il mio incontro miracoloso. Nel frattempo, conversando, osservando, ero totalmente avvolta dall’odore del caffè Touba che mi veniva offerto. Un odore che riconoscerei tra un milione e che adesso mi porterebbe istantanea-
mente ai ricordi di quei momenti di cui tra poco vi racconterò.

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Istruzione? il diritto che non c'è
Diritti violati
Scritto da Roberto Toso   

Sono qui, sono Malala, oggi mi trovo in un letto d’ospedale, perché mi hanno sparato due colpi di pistola alla testa. Andavo a scuola come tutte le ragazze del mondo dovrebbero poter fare. I due colpi di pistola li ho ricevuti per aver iniziato nel 2009, quando avevo solo 11 anni, a denunciare l’impossibilità, nella regione dello Swat, da parte delle bambine di andare a scuola senza nascondersi per paura di essere aggredite dai talebani. Ho sempre lottato per l’ottenimento della libertà di studiare, mantenendo segreta la mia identità per poterlo fare senza rischiare la vita.

La chiusura mentale di alcuni fondamentalisti condiziona non solo la mia vita, ma anche quella di alcuni uomini che commettono violenze convinti di essere guidati dalla fede religiosa. Ho dovuto rivelare la mia identità quando nel novembre del 2011 ho ricevuto dal primo ministro Yousuf Raza Gilani il premio per la “Pace nazionale” della gioventù del Pakistan. Sono certa che mi riprenderò e potrò tornare a lottare per la ricerca della libertà da un pregiudizio verso le donne che dove vivo non possono neanche studiare. 

Brevemente questa è la storia di Malala della quale potete avere maggiori dettagli attraverso questi siti: www.bbc.co.uk/nes/ e www.dailytimes.com.pk/.

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In Siria la violenza avrà mai fine?
Diritti violati
Scritto da Roberto Toso   

Lo scorso luglio, Kofi Annan, in una intervista sosteneva che gli sforzi fatti negli ultimi tre mesi dall’Onu non hanno dato il risultato che ci si aspettava: risolvere la situazione in modo pacifico e politico. Questo significa che, dopo l’accordo di transizione politica del 30 giugno 2012, alcune nazioni (Paesi occidentali e Arabi, Turchia, Russia e Cina) avrebbero dovuto mobilitarsi per una soluzione politica che, almeno in teoria, avrebbe dovuto stimolare i partiti siriani ad una soluzione pacifica. Ad oggi tutto questo ancora non è acceduto e questa guerra ha causato 16 mila vittime, un milione e mezzo di persone hanno bisognose di aiuti umanitari e 100.000 esseri umani rifugiati nei paesi vicini. Secondo Kofi Annan l’Iran ha un ruolo determinante in questa soluzione pacifica, che tutti vogliono ma per la quale nessuno si impegna realmente, anzi l’impegno maggiore è rivolto alla vendita di armi e carburante.

Anche l’Italia vende armi alla Siria. Il nostro paese, che per costituzione non deve risolvere i conflitti con l’uso delle armi, lo sta facendo, invece, attraverso Finmeccanica. Questa notizia è apparsa online sul giornale spagnolo Pùblico che titola il suo articolo “L’Italia vende alta tecnologia alla Siria che serve per coordinare la repressione”. La diffusione della responsabilità del nostro paese arriva da Sarah Harrison che è la portavoce di Wikileaks. La tecnologia bellica ha permesso di intercettare le comunicazioni dei ribelli al regime per reprimere l’opposizione di Assad. In concreto sono state vendute strumentazioni elettroniche che hanno consentito alle truppe di Assad di fare vittime civili in questa guerra di repressione. Sono passati 20 mesi dall’inizio di questa guerra civile che ha portato e porta sofferenza tra i civili.

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Monsieur le Marabout
Società
Scritto da Redazione   

 Un giorno fatale, quest’estate, mi si è presentata l’occasione di andare in visita a una persona speciale. E altrettanto fatale. È stato così che mi sono trovata nella stanza, vuota, di un albergo torinese, seduta per terra e con i piedi nudi, insieme a diverse altre persone, la maggioranza di provenienza africana e, in particolare, senegalese. In quell’istante, ancora non sapevo che in tale stanza sarei tornata molte altre volte e che questa esperienza, concedetemi l’espressione, incredibilmente incredibile, mi avrebbe lasciato sia un solco profondo nell’anima sia portato dei grandi regali. Io, protagonista di questo evento, tutt’ora non ci credo, ma voi, leggendo questo mio scritto, che più che essere un articolo, è una dedica, un pensiero, a quell’essere fatale e speciale che ho incontrato, vi chiedo di credermi. Credetemi.

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Giustizia e accoglienza per le persone che arrivano da lontano
Società

linea  36 Torino-Rivoli. Mi sto recando al lavoro.

Sono seduta tranquilla e penso alle mie cose, quando sento la voce del controllore richiamare bruscamente un passeggero chiedendogli il biglietto e i documenti. Lo vedo avvicinarsi timidamente. Molto probabilmente, quel passeggero stava viaggiando clandestino. è una cosa che fanno in molti. L’ho fatto anch’io qualche volta, nei momenti in cui non ho trovato il biglietto, consapevolissima del rischio che si corre.

Ma in questo caso, il passeggero in questione stava correndo dei rischi assai maggiori, perciò io,  prevedendo  l’intenzione del controllore, cioè  quella di chiedergli il permesso di soggiorno, ho cercato di far ragionare il controllore, dicendogli: – Guardi che il signore è appena salito!

Lui mi risponde: – Lei  stia zitta. Non faccia l’avvocato difensore

Cercando di mantenere la calma, gli rispondo: – Io non faccio l’avvocato difensore. Ma so che voi avete l’obbligo di fermare i migranti e chiedergli il permesso di soggiorno, come era quando era in vigore la legge Bossi-Fini.

Lui mi risponde: – Io sono qui per fare il controllore. Faccio il mio lavoro onestamente. Lei invece non è onesta!

A questo punto taccio, per non creare ancor più tensione.

Quindi il controllore intima al passeggero di scendere dall’autobus e scende anch’egli con lui.  Vedo dai finestrini il ragazzo alle prese con due controllori che tenta di giustificarsi. Allora mantenendo la calma scendo e mi avvicino a loro, senza parlare. Il controllore mi intima di allontanarmi dicendo che è una questione di privacy. E poi vedendo la mia ostinazione, mi chiede: – Ma lei chi è?

L’accusato gli dice: – Ma... perché... la signora mi ha visto....

Il controllore ancora rivolto a me insiste: - Lei chi è?

– Sono un’amica – gli rispondo

Lui mi intima ancora che per questioni di privacy devo andarmene. Mentre di al telefono col suo collega di mandare una pattuglia. Poi vedendo che io non mi muovo, intimando al suo collega  di mandare un’altra pattuglia perché “c’è qui una signora che si è intromessa...”

Non avendo strumenti a disposizione per controbattere alle sue minacce,  risalgo sull’autobus dietro le  intimazioni del controllore: – Ah, allora perché adesso se ne va?

Ecco, questa è la giustizia. E non si può neppure protestare educatamente perché loro hanno sempre e comunque il coltello dalla parte del manico.

 
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