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La città multietnica: problema o risorsa?
Italia multietnica
Scritto da Piervittorio Formichetti   

La città multietnica: problema o risorsa?

Si è svolto lo scorso 26 maggio presso il Centro studi “Sereno Regis” l’incontro Problematiche e potenzialità della città multietnica, organizzato dal Centro Esperanto di Torino in collaborazione con Convergenza delle Culture. Ha introdotto il professor Fabrizio Pennacchietti, docente di filologia semitica e di esperantologia all’Università di Torino, che ha ricordato anche a partire dalla propria esperienza personale come ancora alcuni decenni fa in Paesi del nord Europa come la Danimarca e la Germania gli immigrati italiani erano sovente percepiti come dei “mediorientali” a causa delle caratteristiche somatiche (i capelli scuri e i tratti mediterranei) e perciò si trovava strano che volessero introdursi in una società che sembrava non avere tempo per questi “diversi”.

Ha aperto la mattina la dottoressa Marilena Bertini, medico impegnato nell’assistenza e nell’ informazione verso gli immigrati nel nostro Paese dal cosiddetto “terzo mondo” ma anche in collaborazione con i mediatori culturali nei loro Paesi di provenienza, per esempio il Sud-Sudan e gli Stati del cosiddetto Corno d’Africa (Eritrea, Etiopia e Somalia), che ha mostrato le complesse problematiche relative al rapporto tra immigrazione (cosiddetta) clandestina, stato di salute e dialogo medico-paziente e con gli enti ospedalieri, toccando soprattutto i temi della condizione femminile (il difficile rapporto con medici uomini da parte delle donne provenienti dai Paesi islamici; l’informazione riguardo a tradizioni molto radicate nei loro Paesi di provenienza ma indubbiamente dannose ed umilianti a livello fisico e psicologico, come l’infibulazione e le sue conseguenze) e delle condizioni di vita disagiate in cui gli immigrati si trovano a vivere anche nel nostro Paese, dovute alla clandestinità e alle scarse condizioni igienico-sanitarie che possono essere causa di malattie infettive, a loro volta affrontate con problematicità da parte degli stessi extracomunitari, soprattutto per il timore di essere denunciati come irregolari da parte del medico.

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Strade gelate.
Italia multietnica
Scritto da Emanuele Pagliero   

Strade gelate

Le gelide mattine dell’inverno torinese ci permettono di vedere il luogo in cui viviamo semideserto, rivelandone una faccia inedita che tutto l’anno, col suo incedere frenetico, tiene celata.

Sono le quattro ed è buio: ecco che la città sprofonda nella nebbia, quasi come le nuvole si adagiassero al suolo, in cerca di riposo dopo estenuanti ore di volo nel cielo diurno.

Fuori dal portone il freddo è artico e mi compiaccio di aver preso le dovute precauzioni imbottendomi di vestiti, doppi calzini compresi.

Prima di raggiungere il punto di ritrovo, precisamente a metà strada, la colazione. Il bar profuma di brioches appena sfornate, il caffé è amaro. Un uomo sulla quarantina, canuto col viso arrossato dal troppo alcool si congratula con me per la mia volontà di mettermi a lavoro. Bastasse quella: nel nostro paese, quest’anno, il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto il massimo storico, registrando un altissimo trentasei per cento (dato riferito a marzo 2012).

Ancora pochi passi sull’asfalto, maculato dalle innumerevoli pozzanghere ghiacciate e sono arrivato a destinazione.

Ecco il punto indicatomi il giorno prima da una cooperativa, alla ricerca di personale per spalare la neve che abbondanda in tutta Torino. Si tratta di un edificio rettangolare piuttosto spoglio,adiacente al cavalcavia di corso Bramante, che ne sfiora l’estremità. Sulla facciata anteriore torreggia la scritta AMIAT, con lettere cubitali, verdognole.

Ad aspettarmi c’è una folla di giubottoni che circonda il coordinatore dei lavori,un signore arabo dalla voce rude che ci chiama ad uno ad uno sistemandoci in gruppi. è stupefacente notare come la maggior parte di noi siano Rumeni o Arabi. Si vede che in tempi di crisi molti italiani si lamentano ma storcono il naso a fare i cosidetti lavori umili.

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Italiana o cittadina del mondo?
Interviste
Scritto da Daniela Brina   

Intervista a Cristina Delpiano

Italiana o cittadina del mondo?


Cristina ha una storia personale e lavorativa estremamente “multietnica”. Io l’ho conosciuta come insegnante di cinese, ma poi ho scoperto altre cose della sua vita e le ho chiesto di raccontarci qualcosa per i nostri lettori, quale esempio di quanto possa essere bello, appassionante e arricchente l’incontro con persone di culture diverse. E parlando un po’ con lei di certo non si hanno dubbi su questo.

Cristina, tu sei stata in Cina per imparare la lingua in anni in cui ancora non si sentiva molto parlare di cinesi e di Cina. Come mai hai avuto questo interesse?

Avevo finito il liceo classico e ritenevo di conoscere abbastanza la nostra cultura, ma quasi nulla di altre, in particolare di quelle orientali. Allora ho deciso di iscrivermi a lingue orientali, era il 1993. Ma quasi subito, avendo solo qualche rudimento di cinese, ho deciso di andare un anno a Pechino per studiare. Tornata a Torino, ho ripreso a studiare cinese, ma l’approccio alla lingua era di tipo economico-commerciale, e a me non interessava. Allora sono ritornata a Pechino per un altro anno. Quando sono tornata per la seconda volta, ho deciso di cambiare indirizzo di studi, essendo appunto la mia curiosità più rivolta agli aspetti storici e letterari: mi sono perciò laureata in storia, specializzandomi in storia asiatica. La mia tesi di laurea è stata sulla comunità cinese di Torino e di altre parti d’Italia con alta presenza di cinesi (Prato, Milano...); in quegli nessuno aveva ancora fatto uno studio sul territorio torinese.

Come non chiederti nulla della Cina di quegli anni...

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L'enigma di batman
Società

L’enigma di Batman

Non esisteranno mai miliardari buoni, nemmeno quelli che si travestono da pipistrelli per combattere criminali psicopatici che minacciano l’ordine costituito. Non possono esistere in quanto un sistema economico che genera abissali disparità sociali, che garantisce la ricchezza smodata di pochi sulla pelle della miseria sofferente della moltitudine, non potrà mai essere buono. La questione che ogni supereroe dovrebbe chiedersi è la natura del sistema politico che difende. Ma è la domanda che non si farà mai, troppo impegnato com’è a lottare sugli spalti della società “aperta” contro i suoi nemici esterni, ma soprattutto interni, che la minacciano, avversari, i cosiddetti Villains che non sono altro che proiezioni, nemesi con cui i Superheroes velano, alienandola, la verità su se stessi. I supercriminali sono un male necessario, il giusto imprescindibile contraltare al supereroe che ne giustifica l’esistenza. Nel loro scontro dialettico tra i due estremi morali, tra ordine e caos, il sistema socio-politico si conserva tale e quale e, persino giunto sull’orlo di crisi epocali catastrofiche, auto-giustifica il suo risorgere.

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